Il viaggio in carrozza era apparso eterno, la pioggia della notte precedente aveva creato diverse buche nel terreno ed era stato tutto un sobbalzare dopo l’altro.
Tornavo nella mia città natale dopo diverso tempo, avendola lasciata ufficialmente per andare a trovare una lontana zia.
La verità era che la mia famiglia aveva deciso di allontanarmi, preoccupata per il mio stato di salute.
Faticavo infatti a dormire per più di un paio d’ore di fila, sovente mi svegliavo nel cuore della notte con un senso di oppressione al petto, qualche volte le lacrime agli occhi e, cosa assai più preoccupante, mi pareva di udire bisbigli e vedere figure ombroso che svanivano al mio battito di ciglia.
Durante la mia assenza la città aveva subito scompiglio, per mano del mio stesso fratello che ora si ritrovava al potere. Non mi ero sorpresa nell’apprendere tale nuova, fin troppo consapevole delle aspirazioni che da sempre aveva avuto.
Sognava infatti di rendere la nostra famiglia la più potente.
Il potere sapeva renderlo schiavo e inutili erano stati i miei diversi tentativi di avvertilo di tale prospettiva.
Ora aveva il potere eppure, una volta raggiunta la nostra bella dimora, dopo aver lasciato la carrozza ed avere percorso i diversi corridoi, dinanzi a me non vi fu l’immagine di un uomo felice, che finalmente aveva raggiunto un arduo obiettivo.
Mio fratello appariva provato, stanco, teso ma quando tentai di indagare in merito, mi liquidò rapidamente, essendo in compagnia di altri uomini.
Per quanto potesse volermi bene, infatti, continuava a dire che il mio problema di nervi, così chiamava tutte le strane cose che sentivo, mi metteva in una condizione di inferiorità rispetto a lui che, dunque, aveva il dovere di tenermi nascoste le sue occupazioni e preoccupazioni.
Benché fossi adulta finiva per trattarmi ancora come la stesa bambina a cui deturpava le bambole.
Così andai nelle mie stanze dove trovai i miei bagagli già riposti al giusto ordine e una vasca di legno per farmi il bagno.
Non vedevo l’ora di togliermi la terra e la polvere di dosso.
Fu dunque solo a cena, ben vestita con soffici stoffe piene di decori, alcuni gioielli di famiglia, gli occhi contornati da linee nere che donavano loro un aspetto felino e i capelli scuri raccolti in un alto chignon adorando da fiori, che potei finalmente ritrovare mio fratello, il Maresciallo, in totale solitudine e tranquillità.
Seduti alle due estremità del tavolo, tentai nuovamente di interrogarlo, contando sul favore del vino che , generoso, riempiva sempre il calice di mio fratello.
“ Sono andata via che vi era un governo ed ora ci sei tu:
Non puoi negarmi il racconto di come è avvenuto!”
Esordii con l’entusiasmo di chi vuole sapere le novità, di chi è stato via da troppo tempo e ha bisogno di recupero il tempo perduto.
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