Intanto, in uno spazio ed un tempo sconosciuti e lontani...
Oltre l'orizzonte che divide i cieli boreali da quelli australi e sotto la falce di una Luna bianca, in un alone diffuso di un mistico cangiante, sorgeva Settottantia, la sterminata capitale di quel mondo regolato da costellazioni sconosciute.
Immersa in un crepuscolo misterioso e fantastico, la città sprofondava le sue millenarie fondamenta su un ampio altopiano, immerso in una vasta vallata rigata da fiumi che sotto l'imbrunire parevano nastri d'argento e circondato da alte e frastagliata montagne.
Mura, palazzi, torri, pilastri, strade e cupole, che poggiavano su titanici barbacani fortificati e merlati, erano scolpiti in una qualche pietra dai riflessi cromatici audaci e sconosciuti alle nostre civiltà, dai bagliori opalescenti e le venature dai disegni primordiali.
Sulle colonne che si alzavano verso la parte alta e nobile della città si potevano ammirare teste colossali scolpite con i tratti barbuti ed austeri di uomini antichi e venerabili, il cui ordine scandiva l'ascesa al livello superiore di quella megalopoli visionaria, dove terminava con il grandioso palazzo reale, realizzato con oltre cento stili architettonici diversi ma che combaciavano e si legavano fra loro con assoluta armonia.
Fluttuanti tra le arcate, le guglie, i campanili e le sommità delle torri percorrevano l'aria strabilianti macchinari volanti di ogni genere e tipologia, divisi e riconoscibili in vetture militari e mercantili.
Scendendo verso il basso, lungo strade lastricate e terrazzamenti in successione geometrica, si giungeva presso l'oceanico e confuso complesso di vicoletti, quartieri e periferie fatto di botteghe, casupole e fabbriche in cui vegetava il popolo plebeo, imprigionato nei fumi e nei mattoni grigiastri dei luoghi in cui lavorava.
La popolazione di Settottantia infatti era ripartita in un rigido censimento gerarchico, nel quale la massa lavorava per tutti, i sacerdoti pregavano per tutti ed i nobili combattevano per tutti.
Se dunque marmo, onice, agata, giada, argento ed oro animavano la parte alta e nobile della città, i mattoni, il ferro, l'acciaio e la plastica dominavano quella bassa industrializzata ed inquinata.
Perenni colonne di fumo denso si alzavano dalle tante fabbriche sottostanti, dissipate poi dai grandi mulini ad energia eolica che tenevano pulita l'aria alla sommità della capitale.
Per questo la gente che viveva nelle periferie, a causa di queste esalazioni nocive, aveva assunto tratti sgradevoli ed indole grezza, mentre gli abitanti dell'agorà erano di bellissimo aspetto ed avevano maturato un animo cortese e romantico.
Tutt'intorno alla capitale sorgeva a perdita d'occhio una foresta apparentemente sterminata, ammassate di fiori, frutti, piante ed alberi mai visti in nessun libro o sogno ed abitata da fiere e selvaggina ormai estinte in ogni altro luogo conosciuto.
Ma altre creature dimoravano in quella selva sconfinata, non solo frutto dei miti e delle leggende di questo continente.