Arrivarono finalmente degli alloggi di Destresya, tutti avvolti da una sottile penombra generata dal buio screziato e dal pallido alone lunare.
Lei si sedette sul letto, tutta nuda ed accaldata, con solo le scarpe alte ai piedi.
L'aristocratico conte la guardò più e più volte, tutta, ovunque, desiderandola alla follia.
Allora accese due candele, appena sufficienti a lambire la penombra e lasciare una luce rossa e leggera nella camera.
Il suo sguardo, azzurro e nobile, cortese e cavalleresco si posò di nuovo su di lei, calda e nuda.
Allora si avvicinò al letto e delicatamente, come se davvero avesse davanti una regina ed una dea, prese prima una scarpa, poi l'altra, sfilandone una alla volta, per poi sfiorarle i piedi, accarezzandoli pianissimo con le dita.
Lungo la pianta, fra le dita, ancora ed ancora.
“Mia nobile dama...” disse in un sussurro lui “... siete pronta a vivere quell'incantamento e mutarvi da una dea venerabile ad una cavalla?” Continuando ad accarezzarle i piedi. “Ma prima, per la riuscita, avete bisogno di mangiare qualcosa... anche un frutto...” indicando il cesto con la frutta, con mele, pesche, uva e banane, posto sul comodino e tornando a guardala.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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