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Vecchio 08-12-2009, 16.23.57   #2
Mordred Inlè
Cittadino di Camelot
 
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Mordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella roccia
~~~~ Glastonbury, Inghilterra ~~~~

Le rovine dell'abbazia di Glastonbury mettevano soggezione. Erano imponenti e sembravano eterne, nonostante il loro stato dimostrasse chiaramente il contrario.
Antiche, enormi e familiari.
Il sole riusciva ad emanare una debole luce che dava al prato attorno all'abbazia un'atmosfera desolata e gelida.
Gale si fermò ad osservare un cartello per turisti con un'infinita spiegazione sul fondatore dell'abbazia.
Una donna straniera, forse francese, lo sorpassò lamentandosi rumorosamente di qualcosa, parlando al cellulare.
"Quel temps fait-il là-bas? Pleut-il ces jours-ci? Uh? Il fait très froid aujourd'hui."
La voce si perse nel gruppo. La cattedrale era abbastanza affollata quel giorno. Doveva essere per via delle vacanze natalizie.
Gale invece visitava Glastonbury tutti gli anni, nella stessa settimana. Era lì che era morto.
Era stata dura per lui accettare di non essere un pazzo (e aveva ancora qualche dubbio) ma ciò che ricordava era così vivido che non poteva essere altrimenti.
Ricordava di essere morto a Glastonbury. Era stato malato ma aveva trovato ciò che aveva cercato per molto tempo, così si era abbandonato alla debolezza e si era lasciato morire.
"Si dice che questa fosse la famosa Avalon," esclamò una signora dall'accento irlandese.
Glastonbury era stata, effettivamente, chiamata Avallon, l'isola delle mele, ma questo era un segreto che Gale avrebbe dovuto mantenere. Era un uomo sincero quando si trattava di parlare dei suoi ricordi era meglio tacere. Lo aveva imparato a proprie spese.
Continuò a camminare, seguendo il sentiero e sentendosi in pace e nostalgico. Erano passati così tanti anni.
Ancora una volta si chiese se essere rinato fosse la sua ricompensa per aver trovato il Graal. Era morto cercandolo e la sacra coppa gli aveva donato un'altra vita.
Il vento gelido iniziò a colpirgli il volto senza pietà. Gale si avvolse in una sciarpa fino al naso e continuò il suo tragitto, incurante degli occhiali che si appannavano quando respirava.
Passò la mattinata all'abbazia, ammirandola senza fretta.
All'uscita passò dal piccolo negozio di souvenir. Non era un amante dei souvenir ma il suo capo gli aveva chiesto un libro o una maglietta per la figlia e Gale non voleva deluderlo.
Vagò nel negozietto che visitava per la prima volta. Vi erano un'infinità di deliziose sciocchezze, tra cui un assurdo tagliacarte con la forma di Excalibur.
Gale si ritrovò a sorridere e passò al reparto dei libri.
Un uomo stava sfogliando una copia di Le Morte d'Arthur. E poi l'uomo alzò lo sguardo su di lui e Gale si sentì mancare il respiro.
Lo sconosciuto dovette provare la stessa cosa perché mise velocemente giù il libro e si affretto all'uscita. Ma per uscire avrebbe dovuto passare accanto a Gale che gli si parò di fronte bloccandolo.
Trovandosi intrappolato, più letteralmente ma con una buona dose di trappola metaforica, lo sconosciuto sorrise amaramente. "Sembra che quei libri finiscano tutti allo stesso modo."
"Lascia stare i libri," mormorò Gale, deglutendo rumorosamente. Lo sconosciuto, che non era affatto uno sconosciuto, era diverso da come era stato quasi millecinquecento anni prima ma era ancora poco più basso di lui, aveva gli stessi capelli castani e sorrideva.
"Devo proprio andare."
"Aspetta-" lo bloccò Gale, fermandolo per un braccio, "-non ora, aspetta un po'."
"Non ci conosciamo nemmeno," sorrise l'antico Mordred.
"Ci conosciamo invece. Possiamo conoscerci."
"Hai la possibilità di non conoscermi, ti consiglio di prenderla al volo."
"No, dimmi di te. Dimmi tutto."
"Mi chiamo Moray, ora," rispose Moray, a disagio.
"Moray, è un piacere trovarti qui," sorrise Gale, sentendosi sull'orlo di una risata liberatoria, "Sono Gale."
"Menti sempre nello stesso modo sfacciato."
"Andiamo a mangiare qualcosa?"
Moray sorrise, liberandosi dalla presa dell'altro. "Ho già mangiato."
"Allora- un caffè," propose Gale, velocemente, seguendolo fuori dal negozio.
"Non bevo caffè," rispose Moray, accendendosi una sigaretta ed accelerando il passo.
"Sai cosa intendo."
"D'accordo, allora ci troviamo qui oggi alle tre."
Gale fu quasi pronto ad accettare ma ci ripensò. "No, non verresti. Ora."
Moray si fermò e si voltò finalmente verso di lui. "Non siamo soli. Non ci siamo solo noi due, non ci sono solo io. Se vuoi ti do l'indirizzo di qualcun altro, c'è Bors, c'è lui se vuoi."
"Non voglio andare a prendere un caffè con Bors ma con te."
"Perché io?"
"Perché ci sono delle cose che avrei dovuto dirti."
Moray buttò la sigaretta a terra e sorrise. "Allora dovevi pensarci prima."
"Solo un caffè. Ci sediamo in un posto, al caldo, e parliamo. Ti prego. Mi devo inginocchiare?"
Il sorriso dell'altro si trasformò in una smorfia irritata. "Non è necessario," rispose infine.
"Bene, perfetto," esclamò Gale, "offro io."

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La poesia che ho citato è questa:

You at God's altar stand, His minister
And Paris lies about you and the Seine:
Around this Breton isle the Ocean swells,
Deep water and one love between us twain.

Wild is the wind, but still thy name is spoken;
Rough is the sea: it sweeps not o'er they face.
Still runs my lover for shelter to its dwelling,
Hither, O heart, to thine abiding place.

Swift as the waves beneath an east wind breaking
Dark as beneath a winter sky the sea,
So to my heart crowd memories awaking,
So dark, O love, my spirit without thee

E' di Venantius Fortunatus, nato nel 530 d.C. e morto nel 603 d.C.
Trovata su questo sito: http://www.fordham.edu/halsall/source/homo-med.html
Glastonbury Abbey è la cattedrale nella quale, turisticamente parlando, si dice sia sepolto il cortpo di Artù. ( http://it.wikipedia.org/wiki/Glastonburyy )
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