Guisgard, a quelle parole di Elisabeth, la guardò sorridendole.
Intanto nell'aria si diffusero dei lamenti.
Sinistri gemiti di dolore e sofferenza iniziarono ad echeggiare in quell'irreale scenario.
"Non ascoltare questi lamenti, Elisabeth" disse Guisgard "pensa ad altro e non lasciarti avvilire da tutto questo."
Già, avvilire.
Una vita vuota, senza slanci, senza vitalità, senza musica, senza colori.
Questa è una vita senza l'amore.
E quello scenario che li avvolgeva era sterile ad ogni essenza dell'amore.
Guisgard stringeva ancor più forte la mano di Elisabeth, ma ne avvertiva il tremore.
Cercò allora di destare la sua mente da quell'angosciante atmosfera.
"Sai" cominciò a dire "una volta, quando navigavo verso la Terrasanta, a causa di una tempesta facemmo sosta su di una piccola isola dell'Egeo, a poche miglia da Rodi. Era un posto incantato ed incantevole. Forse l'acqua lì è più blu che in qualsiasi altro luogo al mondo. Vi è un litorale bianchissimo ed incontaminato, dove le onde si schiantano con tanto fragore che lo loro schiuma sembra voler giungere fino al cielo. Di tanto in tanto sulla spiaggia si ritrovano vecchie monete e cocci raffinati di anfore pregiate. Si dice che appartengano alle numerose navi che fecero naufragio presso quelle coste. E sotto quel mare giace qualche tesoro favoloso e nelle giornate più limpide, quando il mare è quasi trasparente, è possibile vedere uno scintillio luminosissimo provenire dai fondali. L'isola poi è costantemente esposta al soffio del vento di ponente e questo rende le sue notti chiare di stelle. Io so che un giorno ritornerò su quell'isola e vi condurrò la donna che amo. La compagna a cui consegnerò le chiavi del mio cuore e del mio mondo. E lì voglio invecchiare con lei, proprio a contare le infinite stelle di quelle chiare notti avvolte nella magia senza tempo dell'Egeo..."