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Capitolo 5: La battaglia
“Per l'imperatore!”
All'udire tale grido, Chorster e Viclamin sobbalzarono, smorzando la tensione.
Un uomo sbucò violentemente dalla folta vegetazione, a destra dell'esercito oscuro, il calvo cranio illuminato dal bagliore lunare; a seguirlo, migliaia di purpurei picchieri e alabardieri, urlanti, simili ad ombre fiammeggianti nella notte.
“Xavgretor.”
Lo riconobbero.
Uno, felicemente, l'altro, seccato.
Quello era il segnale che i due artiglieri aspettavano gelosamente.
“Fuoco alla miccia! Fuoco!”
Non accadde nulla.
“Dannati cannoni!” imprecò l'artigliere risistemando la bombarda.
“Fuoco!” ruggì ancora.
In leggero ritardo, due colpi di cannone colpirono la cavalleria schierata dei Drow, creando due enormi buchi, gli imperiali pronti ad approfittarne, insinuandosi avidamente tra le impervie file nemiche.
Preso alla sprovvista, Chorster alzò la fulgida spada indicando l'orda che si trovava di fronte.
“Templari a me, carica!”
Si lanciarono verso le guerriere, avanzate per fronteggiare la fanteria imperiale; stavano dando fin troppi problemi a Xavgretor e, come saette velenose e scalmanate, s'esibivano in orrende decapitazioni. Dietro Chorster, lenti, i flagellanti correvano pazzamente lanciando ogni tanto qualche grugnito.
“Arcieri pronti, puntare, lanciare!” il tenente diede più volte l'ordine.
Una moltitudine di frecce sorpassò i templari al galoppo, ma il primo tiro s'abbatté fiaccamente contro le spesse armature nemiche.
“Mirate al collo e sotto le spalle! Maledizione!” smoccolò il mago mentre avanzava freneticamente.
La piccola radura semivuota si riempì improvvisamente e centinaia di splendenti armature scintillarono nel buio notturno. Non tirava alcun vento, i cavalieri soffocavano sotto gli elmi. Alcuni lo scaraventarono a terra, impregnati di sudore, lasciando soltanto un'attillata maglia di ferro a proteggere il capo.
Lord Viclamin, la voce rigida e ferma, comandò il suo esercito.
“Tirate! Tirate a volontà!” ordinò a balestrieri, che, incoccate le frecce avvelenate, le scoccarono a raffica.
“Avanzate fecce, abbassate le picche!”
Al comando, centinaia di picchieri avanzarono compatti e calarono imperiosamente le picche, aspettando fremebondi i templari.
Per ora, il possente cavaliere voleva restare in disparte.
La seconda ondata di frecce ebbe più successo, da ambedue le parti.
Decine di templari caddero prima ancora di arrivare allo scontro, il corpo perforato dai dardi, mentre la cavalleria oscura stava gradualmente calando di numero, un po' infilzata da frecce, un po' da lance e alabarde; l'artiglieria faceva il resto, scompigliando brutalmente l'esercito.
L'impatto dei templari fu violento, travolsero i picchieri, le lance in avanti, senza pietà, saltandoli addosso.
Finalmente, Chorster, spazientito, potè iniziare a combattere.
Xavgretor si trovò casualmente di fronte a Lord Urthadar. Tutto quello che accadeva attorno passò in quei momenti in secondo piano. C'erano solo loro due.
L'ufficiale oscuro scese elegantemente di sella, rimanendo in piedi sull'erba. A ogni suo movimento, l'armatura pareva incresparsi. La sua spada emetteva un debole chiarore bluastro. Sputò per terra.
Il prete impugnò solennemente il suo martello benedetto, i suoi movimenti erano però lenti e goffi.
Urthadar invece, era leggero come neve nel vento.
Dopo un paio di colpi a vuoto, la lama azzurra della sua spada volteggiò, scivolò, danzò e si aprì la strada tra gli anelli della maglia di ferro di Xavgretor, attraversando cuoio, pelle, carne e ossa. Emerse insanguinata dalla schiena del prete con un sibilo simile a quello di un rettile.
Il martello cadde violentemente a terra, lasciato andare. Poco dopo, anche il prete crollò al suolo, inerte, in una pozza di sangue.
Chorster vide l'amico esanime; l'odio arse dentro di lui.
Si diresse al galoppo verso l'oscuro ufficiale e gli saltò affannosamente addosso prendendolo di sorpresa mentre puliva la spada nel terreno, conficcandogli la daga più volte nel torace, il sangue che fumava attorno alla sua lama. Urthadar si accasciò dolcemente, privo di vita, sull'elsa della sua lama.
Sconfortati dall'atroce morte del loro ufficiale, gli imperiali cedettero terreno.
Accecato dal rancore, Chorster cercò d'incoraggiare gli uomini.
“Combattete, combattete! Fino all'ultimo uomo! Per Xavgretor!”
Gli artiglieri, sempre nascosti nella foresta, cambiarono bersaglio.
“Fuoco sui balestrieri! Non lasciamoli mirare!”
Le frecce infatti, non accennavano a diminuire, come del resto, anche gli oscuri cavalieri.
Gli arcieri furono costretti ad avanzare per poter prendere meglio la mira.
“Pronti, puntare, lanciare!” ripeté per l'ennesima volta il tenente.
I flagellanti, giunti stravolti, non furono di molto aiuto. Ogni colpo corrispondeva a una pausa di una decina di affannosi respiri.
Erano vulnerabili, stanchi, afflitti.
L'armata dei Drow aveva la meglio. Viclamin sprizzava di gioia, sembrava inoltre attendere qualcosa, o qualcuno.
Nell'aria, trombe squillarono soavemente.
“Eccoli, i miei corsari!” pensò.
Si girò entusiasta in cerca di Brelove, ma l'espressione sul suo volto si raggelò.
Chorster, immobile, lo sguardo rivolto alle spalle del naggaronte, osservò incredulo. Alti e numerosi, i vessilli imperiali ondeggiavano tranquillamente, aizzati da un leggero venticello.
All'istante ricordò.
“Horneiros*! Il mio Lord è qui.”
“Otidak! Otidak!” unanime il grido si levò assordante dal campo.
Pacatamente, una lieve luce rossastra invase la piccola radura.
[continua...]
*: Horneiros è il messo del capitolo 1.
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Un buon comandante non ha bisogno di rischiare: gli basta che sia il nemico a farlo.
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