Viandante
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Capitolo 6: La via di Horneiros
Lentamente, alle sue spalle, un rosso sole si stava svegliando, riflettendosi nel fiume.
Horneiros aveva galoppato furiosamente per tutta la gelida notte lungo il Frugeon e il cavallo iniziava a sentire i primi sprazzi di fatica.
Rallentò l'andatura; i lunghi capelli, che spuntavano da sotto un enorme cappello piumato, smisero d'ondeggiare e fastidiosamente si posarono davanti agli occhi, ostruendogli la visuale.
Con un brusco movimento della mano li spostò indietro.
Il messo era abituato ai lunghi viaggi senza riposo, ma il suo nuovo cavallo ancora stentava.
Mangiò un pezzo di pane raffermo e bevve un sorso d'acqua, presi dalla sua minuta bisaccia; la sua scorta si stava assottigliando.
Approfittando dell'andatura lenta, iniziò a canticchiare alcune antiche strofe, la voce talmente leggera pareva un sussurro.
“Messaggi io meno da una terra ad un'altra,
dallo scontro fuggo,
e sperdute vie casualmente percorrendo,
porgo d'aiuto richieste.
Un messaggero son, un messaggero son!”
D'un tratto, interruppe il canto e aguzzò la vista. In lontananza scorse, nascosto tra impervie fronde di abeti, il tetto d'una bettola.
“Finalmente t'ho raggiunto!” esclamò pieno d'entusiasmo e, aumentando leggermente l'andatura, riprese a cantare, stavolta più forte.
“Messaggi io meno da una terra ad un'altra,
al tramonto di una battaglia ritorno,
e della guerra le sorti cambio.
Un messaggero son, un messaggero son!”
Concluso il canto, arrivò innanzi alla locanda. L'insegna penzolante riportava l'emblema d'un cinghiale e una scritta sbiadita: “Ragù di Cinghiale”. Il piccolo edificio isolato era stato costruito al posto di un'antica torre di vedetta, vicino al fiume nero. I muri erano formati da blocchi di pietra calcarea accuratamente rifiniti mentre la porta era in legno d'abete, così come il tetto. A lato, tre cavalli erano legati al riparo in una piccola struttura completamente in legno d'abete. Vi legò malamente anche il suo, poi, s'affrettò a recarsi nella locanda.
Poche persone erano sedute ai piccoli tavoli e il messo riconobbe subito la locandiera, storpia, dai ricci capelli biondi. S'avvicinò deciso al bancone.
“Salve Loratranna! Vado di fretta, una coppa di vino, grazie. E che sia secco!” comandò alla donna, posando sul tavolo il cappello.
“Dammi un motivo Horneiros, e ti servirò all'istante il tuo vino!” ribatté seccata.
“Ordini, fottuti ordini di Chorster!” sussurrò “E ora donna, il mio vino, grazie.” disse malizioso.
Al nome del mago, l'espressione della donna s'indurì. Quel nome lo disprezzava, quell'uomo l'aveva umiliata anni or sono nella sua locanda, e Lora non l'aveva dimenticato.
“Ordini, dici...e sia, eccoti il tuo dannato vino!” borbottò infastidita versando il vino da un otre nel boccale e dandoglielo.
Il messo bevve avidamente e posò sul tavolo il bicchiere vuoto con un tonfo.
“Arrivederci Lora. E grazie.” disse prendendo il cappello e uscendo.
“Prima o poi pagherai il conto, e con tutti gli arretrati! Lora non dimentica!” gli urlò dietro la donna arrabbiata.
Tutte le volte che Horneiros passava di lì, era sempre maledettamente di fretta, e lei non aveva mai visto un soldo. “Ordini” diceva, e poi filava via col suo cavallo.
Il messo ripartì al galoppo, più fresco e riposato. Lasciò il fiume e tagliò in mezzo ai campi, sfrecciando velocemente tra le spighe. Cavalcò per ore, senza incontrare nessuno, infine, le avvistò.
“Le torri di Hargendorf! Sono arrivato infine.”
Seppur diroccate, bianche e alte, quattro torri comparvero all'orizzonte, e man mano che il messo s'avvicinava, diventavano più imponenti. A collegarle, un fatiscente muro bianco alto tre metri, che circondava la città. A sud, maestoso e splendente sul limitare dell'oceano, si ergeva intatto il porto, con quattro piccole navi, vele blu, attraccate.
A Hargendorf il vessillo con l'emblema del Cinghiale di Lord Otidak sventolava ancora sul castello in cima alla collina, dentro la città, ma le mura erano deserte e le porte sfondate.
Un lieve brusio giunse alle orecchie del messo.
Giunse al portone abbattuto e lo superò, ma una guardia s'intromise nel suo cammino.
“Alt! Identificatevi!” disse.
“Sono Horneiros, porto messaggi per Lord Otidak. Dove lo posso trovare?”
“Bentornato, messo. Troverai il Lord Cinghiale nel castello. Vai pure.” rispose lasciandolo proseguire.
La città ancora non si era ripresa dalla battaglia di due giorni addietro, e metà delle case e dei negozi era bruciata e saccheggiata. Per le stradine pochi ragazzi stavano gioiosamente correndo e qualche donna era intenta a rimproverarli.
Proseguì fino al maestoso castello, e s'arrestò innanzi all'imponente portone, osservando volteggiare nell'aria il vessillo.
[continua...]
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Un buon comandante non ha bisogno di rischiare: gli basta che sia il nemico a farlo.
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