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Capitolo 7: Otidak, il Lord Cinghiale
Il sole stava tramontando mentre il Lord Cinghiale, così chiamato per la sua immensa passione gastronomica per i cinghiali, era appollaiato tranquillamente su una monumentale poltrona. Pochi irsuti capelli gli avvolgevano il cranio, una maestosa veste rosso fuoco e un sontuoso copri petto viola, sul quale era rappresentato dormiente il suo emblema, i suoi abiti.
Accanto, seduti allo stesso rigido tavolo, c'erano tre giovani ufficiali: Yennan Loyalar, basso e tarchiato, folta barba lunga e Petril Falconsflight, alto e snello, calvo, entrambi da Altdorf e Wallamin Serpenthelm, lunghi capelli castani, l'armatura completamente d'oro, da Middenheim.
Solo poche candele illuminavano la stanza, emanando flebili bagliori rossastri. Stavano studiando vecchie mappe quando il messo entrò affannosamente nella stanza semi buia irrompendo violentemente in quell'assordante silenzio.
I Lord alzarono lo sguardo, seccati per l'interruzione.
Un gracile uomo si fece avanti, ricurvo, le mani sulle ginocchia, la lingua fuori.
“Miei Lord, porto notizie di Chorster!” parlò il messo, il fiato lungo.
“Horneiros, bentrovato! Dimmi, che notizie?” gli chiese Lord Otidak, riconoscendolo gioiosamente all'istante.
“Ecco, ho un messaggio per voi, mio Sire, tenete.” disse prostrandosi innanzi al Lord Cinghiale e consegnandogli la pergamena, riprendendo vigore.
“Chiede aiuto, eh? Quel mago incompetente!” intervenne superbamente Lord Yennan.
“Beh, una bella sgranchita è proprio quello che ci vorrebbe!” s'intromise Lord Petril, annoiato.
Il Lord Cinghiale finì di leggere la pergamena e s'alzò solennemente, la sua tunica purpurea s'increspò.
“Ebbene, non sia mai che rifiutiamo una richiesta di soccorso di un nostro ufficiale. Se saremo inutili, Chorster se la vedrà con me. Ora, radunate le Guardie!” ordinò.
“Sire, ci vorranno due giorni prima d'arrivare alla foresta, siete proprio sicuro di voler partire? Anche se riuscissimo a giungere con mezza giornata d'anticipo, non credo che saremo molto utili al mago e a quell'altro...prete.” L'uomo che finora se n'era stato zitto, prese la parola: Lord Wallamin, prete devoto ad Ulric.
“Non intendo ripetermi. E, abbiate un po' più di cortesia con i miei due umili ufficiali, o sarò io a non averne per voi, Lord.” disse maliziosamente “Arriveremo via mare, proprio come suggerisce il mago” e gettò un occhiata a Lord Wallamin “così da impiegarci un giorno soltanto. Preparate le navi!” e si ritirò nella sua camera per indossare l'uniforme da battaglia.
“Via...mare?!” balbettò Wallamin, diventando pallido.
[...]
Salito a bordo per ultimo, Lord Otidak era restato sopra coperta con gli altri ufficiali e avevano iniziato a canticchiare, prima lievemente, poi, sempre più rumorosamente, la ballata: “Il destino di un cavaliere”*.
“Iniziò come un semplice scudiero,
presto, l'avrebbero invocato.
Giorno dopo giorno, nemico dopo nemico,
conquistò il potere.
Un glorioso condottiero,
per una splendente compagnia.
Spinto lontano dalla sete di gloria ed onori,
il suo giardino era una selva di lance.
Un altisonante trionfo,
per un vecchio guerriero.
Grandi gesta si raccontano innanzi al suo tumulo
e la fine divenne leggenda.
Una lacrima cade, un sorriso svanisce:
le tenebre incalzavano, la fine era vicina.
Un bagliore sorse furtivamente ad est:
un nuovo scudiero, stesso destino.”
Finito il canto, sull'acqua immobile e blu risuonavano solamente più il ritmo lento dei tamburi e il lieve fruscio dei remi delle galee. Le vele delle tre navi, gremite di Guardie di Palazzo, pendevano inerti, tristi teli inutili impiccati all'alberatura. In quell'infida bonaccia, Lord Wallamin protestava.
“Un giorno, eh? Si! Ma le Guardie saranno talmente stremate che faranno ben poco senza un po' di riposo!” imprecò contro il Lord Cinghiale.
Wallamin aveva continuato ad osservare la costa che svaniva con occhi enormi, dilatati, deciso a non mostrarsi pauroso, standosene attaccato all'albero maestro.
“Quanto vorrei che la “Swiftsoar” potesse volare come suggerisce il suo nome. In quel caso, non avremmo bisogno di remare, né di pregare perché s'alzi il vento.” Lord Petril apparve al fianco di Lord Otidak.
“Concordo, Petril.” gli rispose lui, compiaciuto di essersi conquistato la fiducia di quel Lord.
Per qualche ora le Guardie a bordo delle tre navi continuarono inesorabilmente a remare, ma alla fine iniziarono a mostrare i primi segni di stanchezza e si concessero una breve sosta. Lord Wallamin invece, non accennava a diminuir le sue continue imprecazioni, gagliardo e irato.
In quel momento, il Lord Cinghiale, intento a discutere con Wallamin, percepì un alito freddo sul collo. Sopra di lui, le vele scricchiolarono, si mossero.
“Vento!” Un unico, grande grido scosse la Swiftsoar da prua a poppa. “Il vento si sta alzando! Il vento!”
Otidak guardò l'albero. Le grandi vele della nave sbatterono e si gonfiarono, il sartiame si tendeva e schioccava riproponendo quel rincuorante coro di suoni e rumori che per le ultime quattro ore li aveva abbandonati. Lord Petril, abile marinaio, corse sul ponte, sbraitando ordini, ma le Guardie si abbandonarono al giubilo e si cimentarono in una sorta di balletto, lasciando le postazioni.
“Vedi? Basta avere pazienza. Ora taci, maledizione e fa' riposare le mie orecchie, o ti farò accorciare la lingua!” Otidak intimò a Wallamin, ottenendo il suo silenzio.
Il vento soffiò prima costante da est, poi a raffiche violente, spingendo velocemente la nave verso la Foresta di Laurelon. Risalirono per tutta la costa fino ad arrivare a sud della foresta, come Chorster aveva loro indicato, dove un breve tratto di costa s'intrometteva tra la boscaglia e l'acqua.
“Ehi, guardate là!” una Guardia attirò l'attenzione sulla riva.
Un lieve bagliore sanguigno proveniva dalla spiaggia e spezzava l'oscurità notturna. Appena sfiorato da quella fonte di luce, un elfo oscuro era comodamente seduto sul suolo ad affilare la sua lancia, gli occhi concentrati sull'oggetto, i lunghi capelli liberi di ondeggiare al vento.
“Guardia, il mio arco.” sussurrò Otidak.
La guardia glielo tese prontamente.
L'arco lungo, intagliato nel legno di tasso, decorato con schizzi primordiali di cinghialetti sul fodero, era stupendo, degno d'un Generale.
Irrequieto, incoccò la freccia, mirò alla testa, la parte su cui risplendeva più luce, e vibrò il colpo.
“Shhhhh!”.
Il fruscio diede il tempo all'elfo d'alzar la testa, ma non di schivare il colpo. S'accasciò a terra, immobile, le pupille dilatate, la bocca aperta quasi a voler cacciare un urlo che non sarebbe mai uscito.
“Avanziamo!” ordinò sottovoce il Lord Cinghiale, sentendo alcuni echi di complimento.
Abbandonarono le navi sulla riva e le resero semi visibili nell'oscurità. Compatti, Lord Otidak, i tre ufficiali e i tre plotoni, procedettero silenziosi lungo la costa, attirati da quell'insolito focolare.
“Per Ulric, un accampamento oscuro!? Qui?” esclamò Wallamin.
Innanzi a loro, man mano che avanzavano, una moltitudine di tende si protendeva per tutta la riva e attirò il loro sguardo fino a raggiungere degli enormi vascelli, solo sagome incerte nella notte.
“Signore, navi in avvicinamento!” Petril si rivolse a Lord Otidak, sentendo le imbarcazioni irrompere con violenza tra le onde.
“Nascondiamoci dietro le tende, fate silenzio!” mormorò lui.
Alte e veloci, cinque navi s'erano ormeggiate accanto a quegli enormi vascelli e da esse erano sbarcati rapidamente cinque manipoli di corsari. Il loro capo, benda di drago marino sull'occhio, parlò per primo con voce roca.
“Credevo che Viclamin avesse lasciato qualcuno ad accoglierci.” disse scrutando la riva. “Ah, ecco un focolare, ma...”. Il corpo dell'elfo inerte con una freccia conficcata nel cranio si presentò innanzi ai suoi occhi.
“Lord Viclamin? Ma allora, Chorster e Xavgretor sono in enorme pericolo!” pensò Otidak. “E infatti ci siamo noi!” rispose al corsaro, uscendo allo scoperto.
Con lui, spuntarono fuori centocinquanta Guardie di Palazzo.
“Che piacere rivederti, Otidak.” Un ghigno solcò le labbra del capitano.
“Peccato non possa dire lo stesso di te, Brelove.” rispose il Lord Cinghiale.
In mezzo a quella tensione, qualcuno si divertiva.
“Ehilà Brelove, ti ricordi di me?” s'intromise Wallamin, sorridente.
Brelove portò la mano tremante sull'occhio fasciato. Come poteva dimenticarlo? Quell'essere gli aveva portato via un occhio nella battaglie dei Sette Oceani.
Sputò.
“Ma guarda, che allegra compagnia! Vi farò passare la voglia di ridere.” Si voltò verso i suoi manipoli. “Corsari, alla guerra!”.
Pistole da una parte e lunghe spade dall'altra, i corsari si lanciarono disordinatamente contro gli Imperiali.
“Guardie, non cedete terreno! Resistete!” Il Lord Cinghiale caricò la Compagnia.
Le Guardie di Palazzo, grigie armature a placche, enormi spade in mano, formarono una linea compatta, resistendo al primo scontro.
Un colpo di pistola.
Sangue, sangue. Tanto sangue. Schizzi purpurei macchiarono la corazza dorata di Wallamin e la sopra veste, priva d'insegna.
“Har Har! Va all'inferno, lurido bastardo!” tuonò Brelove, esultante.
“Guardie! Trucidiamoli!” urlò Petril, il lacrime per l'amico.
Lord Otidak si fermò. Lì, accanto a lui, Wallamin giaceva immobile, con un buco nel collo.
Calmo, prese dalla schiena l'arco lungo, lo ammirò. Lo tese, incoccò la freccia e andò in cerca di Brelove.
Non aveva fretta.
Voleva essere sicuro di centrare il bersaglio.
Scoccò il dardo.
“Shhhhh”.
“Fottuto corsaro”.
La freccia l'aveva centrato in mezzo agli occhi, appena sotto la fine dell'elmo. Senza vita, sulla faccia dei Brelove restò quel suo ghigno arrogante.
Le guardie intanto, guidate da Petril e Yennan, falcidiarono uno a uno i corsari, subendo una decina di perdite.
“E questi sono andati, ma il peggio deve ancora venire.” Otidak si rivolse ai suoi uomini “Presto! Sento che Chorster e Xavgretor sono in pericolo, Seguitemi!” e si diresse verso la foresta.
[continua...]
*: si, è il testo del video in italiano.
Per ora son arrivato qui, l'ottavo e ultimo (forse) capitolo è già in produzione.
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Un buon comandante non ha bisogno di rischiare: gli basta che sia il nemico a farlo.
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