Quando il duca Taddeo il Cattolico, deciso a donare a suo figlio una spada unica e mai forgiata prima, domandò ai suoi baroni quali fosse il miglior fabbro di tutto il reame, la loro risposta fu unanime.
Il nome di Ferracavallo, mitico fabbro protagonista di tradizioni e leggende secolari, fu dunque proposto all'Arciduca.
La fama del fabbro però non era delle migliori.
Sebbene le sue spade fossero considerate le migliori del mondo, molti ritenevano Ferracavallo pazzo al punto che la sua follia abitasse nelle stesse spade da egli forgiate, tanto da consumare l'intelletto di coloro che le impugnavano.
In realtà Ferracavallo era ossessionato dal suo lavoro, perennemente alla ricerca della lama perfetta.
La sua tecnica era ritenuta la migliore, poiché nessuno come lui sapeva lavorare l'acciaio temprato, sovrapponendo migliaia di lamine e battendole a ferro rovente un'infinità di volte, fino ad ottenere spade invincibili o quasi.
Quando il fabbro fu convocato alla corte del Taddeide, l'Arciduca gli commissionò la spada per suo nipote.
Ferracavallo comprese che quella non sarebbe stata una spada qualunque.
Secondo la leggenda trascorse mesi in solitudine, cercando di studiare un nuovo metodo segreto per ottenere l'arma definitiva.
Si narra che fu ispirato da un fiore dai petali meravigliosi, colto da un giovane per la sua amata.
Da quell'ispirazione Ferracavallo trasse l'idea di una spada unica, che avrebbe fatto impallidire mitiche lame quali Excalibur e Durlindana, capace di gareggiare proprio con Parusia, la straordinaria spada dei potenti Taddei.
Non riuscendo però in questa sua idea e rischiando la follia, cominciò a vagare per tutta Afragolignone in cerca del modo per ottenere una spada speciale.
La leggenda vuole che alla fine Ferracavallo sancì un terribile patto con il Ginn dell'Arte Marziale.
In cambio della sua schiavitù avrebbe conosciuto il segreto per forgiare una spada invincibile.
In una notte il Ginn lo aiutò a lavorare a quella lama, ottenendo all'alba, sotto i raggi nascenti di Venere, la prima stella del mattino, un'arma indistruttibile.
Ferracavallo la battezzò col nome di Mia Amata, in omaggio alla sua ispirazione del fiore.
Prima però che egli , come pattuito, si concedesse al Ginn quale suo schiavo, una bellissima zingara giunse nella sua fucina e propose un enigma che nessun altro aveva mai svelato.
Il Ginn ammaliato dalla possibilità di risolvere quell'arcano, accettò di mettere sul piatto la libertà del fabbro.
La zingara allora recitò l'arcano:
“La pettegola dice in giro ad ognuno
e se arrivasse agli orecchi di qualcuno,
allora vi chiedo, poi ma ve lo immaginate?
Quanto sarebbero grandi e grasse le risate!”
Il Ginn nonostante gli sforzi non riuscì a risolvere l'enigma e fu costretto a cedere il diritto di schiavitù di Ferracavallo alla zingara.
Questa, cacciato allora via il Ginn, si svelò per quello che era a Ferracavallo, ossia la Dama del Lagno.
Il fabbro poté così consegnare Mia Amata all'Arciduca ed intascare la somma per il suo valore, oltre a legare il suo nome alla leggenda.
E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere questo enigma?