Cittadino di Camelot
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Dieci mosse per conquistare un cavaliere
01. Tre semplici mosse
Mordred tornò nelle proprie stanze, infuriato. Si tolse l'armatura, slacciandosi violentemente l'elmo e lanciandolo contro il pavimento. Il metallo risuonò con energia, richiamando l'attenzione di un paggio.
"Va tutto bene! Vattene!" urlò Mordred appena lo vide ed il paggio fuggì con gioia dall'ira del principe. Perché tutti sapevano che lui era un principe, il figlio bastardo di Artù (anche se nessuno avrebbe mai osato dirlo a voce altra).
Lancillotto riusciva ogni volta a disarcionarlo, in ogni maledetto torneo di Camelot e di tutta la Britannia!
Mordred finì di svestirsi e si sedette stancamente sul letto.
La sua mente, sempre piena di gioia e fantasia, elaborava fervidamente dieci semplici modi per trucidare Lancillotto.
Di tutti i cavalieri di Camelot non vi era cavaliere più stupido di Lancillotto e, ovviamente, Artù aveva scelto proprio lui come più caro amico e braccio destro.
"Stupido... gallo!" esclamò dopo aver terminato gli insulti più feroci.
Una mano leggera bussò alla sua porta ed il cavaliere si alzò per scacciare malamente quel nuovo intruso.
"Ah, Agravaine."
"Salve Mordred, ho visto il tuo meraviglioso lancio del cavaliere. Incredibile l'abilità con cui ti sei fatto scivolare il cavallo da sotto."
"Bastardo."
"O dovrei dirlo io di te?" sorrise Agravaine, acidamente.
"E' stato tutto voluto."
"Certo, certo. Avresti dovuto vedere come applaudiva il re."
Mordred alzò velocemente lo sguardo sul fratellastro, arrossendo. Oh no, non anche questo. Il re, suo padre, che osservava le sue figuracce.
"Non temere, fratellino, Lancillotto la pagherà," sussurrò Agravaine il Bello. Tutto lo chiamavano così e per una buona ragione. Non vi era persona più bella e pericolosa di lui a Camelot.
"E come? Vive in una botte di ferro. Artù lo adora, la regina lo ama-"
"Appunto!" esclamò Agravaine, con entusiasmo ma senza alzare la voce. Non alzava mai la voce.
"Appunto la regina?"
"Esattamente. Temo che i doveri di Lancillotto vadano un po' oltre il suo ruolo di protettore della corona."
"E quindi?" domandò Mordred. Stava iniziando a stancarsi. Era stata una giornata dura ed era stanco degli intrighi, di re e regine, di madri terribili e di profezie.
"Quindi se lui si porta a letto la moglie di tuo padre tu..." replicò il fratellastro, con un sorriso suadente.
"Io mi porterò a letto suo figlio!"
"Cosa?!"
E Mordred aveva un maledetto elmo pieno di testardaggine.
Mordred si osservò allo specchio. L'oggetto era un regalo della zia Morgana fattogli anni prima, ancora quando parlava con la gente e non si era rinchiusa in quel bizzarro castello del Gorre.
Sapeva di non essere particolarmente bello, non come Galahad, ma aveva il fascino dell'esperienza. Essendo più grande di Galahad aveva combattuto in più battaglie e le donne con cui era stato sembravano adorare la piccola cicatrice sulla tempia sinistra e la sua bocca dalla linea severa.
"Forse per piacere ad un uomo dovrei essere più femmineo," meditò. Tutto ciò che aveva ereditato dalla madre erano gli occhi scurissimi ed il naso affilato.
Si guardò ancora per qualche secondo e pensò a Galahad con i suoi occhioni azzurri, i folti capelli biondi ed i tratti delicati.
"No, non sarà necessario essere femminili, Galahad è praticamente una donna!"
Annuendo tra sé e sé, Mordred indossò la propria veste più bella e si preparò al piano A della sua nuova missione: Conquistare Galahad, il puro figlioletto di Lancillotto.
Per prima cosa avrebbe usato il suo fascino di uomo vissuto. Funzionava praticamente sempre e, se necessario, avrebbe anche finto un po' di esperienza tra uomini.
Uscì dalle proprie stanze e si diresse al padiglione di Lancillotto. Quello di Galahad era proprio alla sinistra di esso.
Notò subito lo scudo appeso: bianco con una croce rossa.
"Sir Galahad," lo chiamò, entrando nella sua tenda.
I padiglioni erano ancora allestiti per la finale del torneo, il giorno successivo, e Galahad era rimasto ancora in gara. Ovviamente.
"Sir Mordred, in cosa posso esservi utile?" sorrise il figlio di Lancillotto (del nemico!) alzandosi in piedi ed appoggiando a terra la propria spada.
"Volevo solo darvi qualche consiglio per domani," sorrise Mordred, mettendo in risalto i propri affascinanti denti leggermente appuntiti.
Galahad imitò il suo sorriso. "Vi ringrazio, siete molto gentile."
"Vedo che state lucidando la vostra spada. Posso consigliarvi di controllare anche la vostra lancia?"
"Già fatto."
"Certo, se mi posso permettere, so che può sembrare una sciocchezza ma, anche se pare svantaggioso, vi consiglio di usare la vostra lancia con la sinistra. In questo modo-"
"Grazie, sir Mordred. Effettivamente io sono ambidestro ed uso quasi sempre la mia lancia con la sinistra."
"Ah."
Galahad sorrise con aria innocente e due fossette si formarono ai lati della sua bocca rosata.
"Ehm, a volte i cavalieri usano dei trucchi davvero sleali. Utilizzano cavalle in calore per far impazzire i cavalli usati da-"
"Ah sì, ho ben noto lo stratagemma. Infatti monterò su Joan, è una femmina e sarà immune a simili trucchetti."
"Bene, bene," concluse Mordred, irritato.
D'accordo, usare l'esperienza non stava funzionando a dovere. Avrebbe dovuto passare alla fase successiva: i complimenti!
"Vedo che siete pronto per questo torneo," aggiunse subito.
Galahad annuì e tornò a sedersi con grazia, riprendendo la spada per pulirla.
"E' una spada magnifica."
"Grazie, sir Mordred."
Sir Mordred strinse i pugni, sentendo i vecchi guanti di pelle scricchiolare.
"Tutto bene, sir?" chiese Galahad, alzando lo sguardo cristallino su di lui.
"Certo, sono solo preoccupato per voi. Avete un così bel viso che non vorrei certo che qualche screanzato al torneo ve lo rovinasse."
L'altro tossicchiò imbarazzato, alzò le sopracciglia e guardò Mordred incredulo.
"Che c'è?" sbottò Mordred, sentendosi a disagio.
"No, nulla... grazie, sir, siete gentile."
"Oh, ma dicevo la verita," sorrise il figlio del re, ripartendo da dove aveva lasciato, "e le vostre mani sono belle quanto quelle di una fanciulla. Anzi, mi ingannerei se non sapessi che sanno tenere una spada bene quanto sanno giostrare."
Galahad tossicchiò ancora e Mordred lo vide anche arrossire leggermente.
"Siete stranamente gentile oggi."
"Ehi!" esclamò Mordred, offeso, "io sono sempre gentile. Specialmente con voi."
Galahad ripensò qualche secondo all'estate precedente quando, appena arrivato diciottenne a Camelot, Mordred aveva tentato di chiuderlo in una segreta del castello e lasciarlo come cibo ai topi.
"Il vostro cortese volto ispira la mia gentilezza," continuò l'altro, che iniziava ad irritarsi. Fece un profondo respiro e continuò a sorridere, tentando di imitare l'affascinante e seducente sorriso che usava sempre suo padre.
L'altro cavaliere lo osservò dubbioso, imbarazzato e quasi compiaciuto.
"Non so che dire, Mordred," balbettò, finendo velocemente di maneggiare la spada e rimettendola nel fodero.
"Non dovete dire nulla anche se sembra che la vostra voce sia particolarmente piacevole alle fanciulle di Camelot- e non solo a loro."
Galahad aprì la bocca per rispondere qualcos'altro ma improvvisamente la tenda d'entrata del padiglione venne sollevata ed entrò Lancillotto.
Il cavaliere francese, il più amato del regno ed il più bello di Camelot, squadrò sospettosamente il principe del suo re. Gli occhi azzurri dell'uomo, trasmessi pari pari al figlio Galahad, lampeggiarono d'orgoglio.
"Sir Mordred," lo salutò con un breve inchino. Non che avesse bisogno di inchinarsi davanti a qualcuno. Lancillotto era il primo cavaliere del regno.
"Sir Lancillotto." Mordred sfoderò il suo miglior sorriso.
"Padre," replicò Galahad, alzandosi subito, e raggiungendolo. I due si abbracciarono.
"Sei pronto?" domandò Lancillotto e Galahad annuì.
Mordred portò gli occhi al cielo, sentendosi di troppo.
Il braccio destro di Artù lo occhieggiò. "Sir Mordred, credo che il siniscalco vi stesse cercando."
"Maledizione," ringhiò Mordred uscendo dal padiglione.
L'arrivo di Lancillotto aveva rovinato tutto proprio sul più bello.
La tecnica dei complimenti, unita alla sublime strategia della gentilezza, stava portando ad ottimi risultati e sarebbe sicuramente servita al suo scopo se l'intrusione non avesse spezzato l'atmosfera.
Stupido cavaliere di Artù.
Se ne tornò a grandi passi nelle proprie stanze, quasi certo che il siniscalco non lo stesse davvero cercando. E se anche fosse, un paggio sarebbe venuto a chiamarlo nelle sue stanze.
Una volta dentro si sorprese dal vedere Agravaine che si limava tranquillamente le unghie seduto su un baule in legno.
"Da quando puoi entrare così nelle mie stanze?"
"Da quando siamo stati partoriti dalla stessa donna," rispose l'altro, sbadigliando.
"Sei stanco, va a dormire."
"No, no, voglio sapere i risultati della tua conquista."
"Non è successo nulla," sbottò Mordred, quasi imbarazzato di star raccontando cose simili al fratello.
"Se avessi fatto come ti consigliavo io, ovvero cercare di svelare il tradimento della regina, non saresti in questa situazione."
"Mi sta simpatica la regina," brontolò Mordred.
"Ed anche Galahad, a quanto pare."
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