Cittadino di Camelot
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E lo è : D
<3 grazie mille per aver letto.
Qui la storia inizia a sfuggirmi di mano X° e sembra cambiar trama... i personaggi non mi ascoltano e fanno ciò che vogliono.
03. Gelosie
"La prossima mossa," lo aveva assicurato Agravaine, "è la gelosia. Scegliti una fanciullina ma non combinarci nulla. Devi avere la difesa di un possibile fraintendimento."
Mordred aveva perfettamente capito cosa intendeva il fratello. Non doveva davvero tradire (tradire? da quando aveva iniziato ad usare simili termini da amanti?) Galahad ma solo farlo ingelosire con qualche mossa mirata.
Era a questo che Mordred pensava mentre, dall'alto di una delle finestre sulla corte interna, guardava Ginevra e le sue dame ricamare sotto il sole. Non aveva intenzione di scegliere una dama.
Simulare la corte ad una delle dame della regina era cosa rischiosa. No, avrebbe scelto una delle serve del castello.
Gwendolyn, una serva giunta da poco a Camelot, e sorella dello scudiero di Dinadan, si chinò a raccogliere un fazzoletto caduto a dama Laurel. Alzò poi lo sguardo ed incontrò quello di Mordred.
Il giovane cavaliere non ci pensò due volte, alzò la mano e la salutò con grazia, sfoggiando il proprio sorriso più scintillante.
Fu costretto a rimanere tutto il pomeriggio ad osservare la noiosa scena della corte, sicuro che la dama di Lyonesse, una certa Murrain, lo potesse vedere. Gareth, marito di Lyonesse, e Lancillotto erano in ottimi termini e sicuramente se Galahad avesse voluto informazioni su di lui le avrebbe chieste a Lyonesse.
La sera se ne tornò stanco nelle proprie stanze e mangiò là, leggendo poesie di Teocrito.
Flirtare era un lavoro duro.
"Sir Mordred," lo salutò Gwendolyn, inchinandosi profondamente.
Marianne, la capo cuoca, lo osservò sospettosamente. "Sir Mordred, è un piacere vedervi qui nelle cucine," sibilò, intendendo chiaramente il contrario.
"Certo, lo immagino," bofonchiò Mordred, "volevo solo chiedere a Gwendolyn se potesse fare una commissione per me. Gwendolyn," aggiunse, rivolgendosi alla fanciulla, "potreste portare questa frutta a dama Lyonesse? E' un dono per lei. Mentre questo è solo per voi," continuò prendendo una mela e regalandogliela.
"Vi ringrazio, sir Mordred! Farò volentieri questa commissione per voi," sorrise la ragazza, ridacchiando leggermente.
Mordred tentò di ricambiare il sorriso ma temette di essere riuscito solo a mostrare una smorfia malandata. Uscito dalle cucine, si diresse verso le stalle per prendere il proprio cavallo e raggiungere le miniere vicino a Camelot. Era lì che Artù lo mandava a supervisionare di recente e Mordred di questo ne era grato. Non era un luogo lontano ed era un lavoro che lo faceva sentire utile.
Fu nelle stalle che trovò Galahad e, per una volta, ne fu sorpreso. Dal momento in cui aveva deciso di sedurlo e distruggerlo, Mordred aveva sempre saputo quando e dove incontrare il giovane e, da ciò che gli aveva assicurato Agravaine, Galahad sarebbe dovuto essere fuori Camelot tutta la settimana.
"Cosa ci fate qui?" si lasciò sfuggire.
"Sono appena tornato," rispose Galahad, confuso e divertito.
"Per qualche cosa in particolare?"
"Mia madre lady Elaine pensava di venire a trovarmi."
"Oh bene, è sempre una buona cosa."
Galahad annuì, sorridendo. "Voi andata alla miniera?"
Mordred non avrebbe mai capito come facesse Galahad a sapere così tante cose di lui né il perché dovessero essere così interessanti.
"Sì, partirò fra una mezz'ora. Ma voi come-"
"Dama Lyonesse è una donna premurosa," rise Galahad, "mi tiene sempre informato su tutto ciò che accade a Camelot."
In quel mentre giunse la giovane Gwendolyn, come mandata dagli dei per aiutare il piano di Mordred. La fanciulla sembrava il ritratto della più semplice bellezza. Guance arrossate, lunghi capelli castani ed occhi sinceri e fiduciosi.
"Sir Mordred, dama Lyonesse vi ringrazia per la cortesia."
"Grazie a te, Gwendolyn."
"No, sir, grazie a voi. Agravaine mi ha recapitato l'abito da parte vostra."
Mordred quasi si soffocò deglutendo e con voce strozzata riuscì a balbettare un "Quale abito?!"
Evidentemente le sue mosse nei confronti di Gwendolyn erano state così palesi che Agravaine se ne era accorto. Maledetto. A volte odiava avere dei fratelli.
"Il vestito che mi avete donato," replicò la fanciulla, con aria desolata.
Mordred sapeva che il senso di una strategia basata sulla gelosia era far ingelosire l'altra persona per far saltare fuori una famigerata passione. Lo sapeva bene, ma sul momento non seppe far altro che negare le parole della ragazza.
Galahad lo stava guardando con curiosità ed una leggera freddezza e la cosa lo metteva a disagio.
"Non vi ho dato nessun vestito. Deve essere stato un malinteso."
"Ma voi- Agravaine mi ha detto che voi siete-"
"Agravaine è uno sciocco!"
"La mela e tutto e io-" Gwendolyn si lasciò sfuggire un singhiozzò, mormorò delle scuse e fuggì via.
Invano Mordred le chiese di aspettare.
Non aveva mai pensato di doverlo dire ma le cose gli stavano sfuggendo di mano, in tutti i sensi. Non c'era altra spiegazione a quel maledetto senso di colpa che stava sbocciando tra il suo intestino ed i reni.
Galahad scelse proprio quel momento per la sua lezione di morale. "Credevo che Lyonesse scherzasse. Avete spezzate il cuore di una fanciulla."
E Mordred non disse nulla. Assolutamente nulla.
"Sarà meglio che io vada," disse infine Galahad, rompendo il silenzio con una voce gelida e graffiante.
Senza aggiungere altro, e senza che Mordred potesse rispondere, lasciò la stalla, dando le cavezze del proprio cavallo ad un servitore appena giunto.
Artù lo mandò a chiamare tre giorni dopo e Mordred fu costretto ad abbandonare così la tattica della gelosia (non che stesse funzionando).
Mordred andò a cercarlo nelle sue stanze, dove di solito il re lo riceveva, ma un paggio lo informò che il sovrano si trovava nella stanza della tavola rotonda e fu lì che Mordred lo trovò.
Artù era un uomo formidabile. Aveva un'aria comune, un aspetto tranquillo dato da un volto regolare e un'aria elegante. Gli occhi castani, così come i capelli, e la bocca quasi anonima sembravano in netto contrasto con l'idea che lui fosse re. Non era nemmeno particolarmente alto o massiccio.
L'apparenza però veniva subito distrutta quando Artù ti parlava o ti guardava. Quando il re concentrava tutta la sua attenzione su di te era impossibile rimanerne impassibili. Il mondo sembrava riassumersi nelle sue parole, la voce sembrava avvolgere tutto ed il suo carisma, un dono prezioso che gli dei gli avevano abbondantemente concesso, era capace di piegare gli eserciti.
Artù stava chiacchierando con Lancillotto, Galahad, Kay e qualche altro cavaliere. Non erano seduti alla tavola ma vicini all'ampia vetrata dove vi era una modesta sedia spesso usata dalla regina Ginevra.
Appena vide entrare il figlio, il re lo raggiunse immediatamente lasciando gli altri alle precedenti conversazioni.
"Sir Mordred," lo salutò.
Padre, avrebbe voluto rispondere Mordred ma frenò la lingua. "Zio, cosa posso fare per voi?"
"Per me nulla, caro Mordred, ma molto per vostra madre."
Mordred alzò di scatto la testa e le sue mani, prima occupate a tirare un filo dalla propria veste, si immobilizzarono. "Mia madre."
"Sì, mi ha inviato una sentita lettera in cui chiedeva di voi e di come stavate. Dice che gli mancate molto."
"Se mi avesse davvero voluto vedere avrebbe potuto scrivere a me."
Artù sorrise, tentando di smorzare il tono acido del figlio. "Sapete com'è fatta."
"Sì. Ed anche voi," sibilò Mordred. Entrambi sapevano che Morgause non aveva alcuna nostalgia dei figli, e Mordred fra essi, o almeno non lasciava che la nostalgia si mettesse fra lei e la politica. Ciò che Morgause voleva era tornare a Camelot. Era sempre stata una donna molto bella, influente e, come il fratellastro, tremendamente carismatica. Artù la temeva ma le voleva abbastanza bene da non portarla alla rovina. Sentimento che non era ricambiato.
"Mia madre ha chiesto di venire qui a Camelot a trovarmi?" domandò Mordred, dopo un respiro profondo. Non voleva che gli altri sentissero e quindi abbassò la voce.
"Sì, caro nipote, ma come ben sapete sono molto occupato con i sassoni ed i pitti. E non vorrei che le accadesse qualcosa durante il viaggio, le strade sono pericolose."
"Quindi, sire, cosa volete?"
Artù aprì la bocca per rispondere qualcosa. La richiuse ed osservò il figlio. Per un attimo Mordred fu sicuro che sarebbe andato tutto bene. Per un attimo sembrò che Artù volesse mandare al diavolo tutto, cavalieri, politica e Morgause.
Ma l'attimo passò ed Artù rispose: "Non posso certo lasciare che soffra così. Vorrei che voi partiste per andarla a trovare."
Caro figliolo, poiché non posso fidarmi di avere quella vipera mangiauomini qui a corte, vorrei che tu andassi da lei, la calmassi e poi tornassi a dirmi che è andato tutto a meraviglia.
"Sire, potete mandare un messaggero."
"E lasciare che la mia stessa sorella mi accusi di essere un tiranno che le impedisce di vedere l'amato figlio?" rise il re.
Mordred dovette ammettere che Artù non aveva tutti i torti. Morgause provava già in tutti i modi a farsi compatire da re e nobili senza bisogno di aggiungere nuove motivazioni alla sua campagna denigratoria contro Artù.
"Io- preferirei non andare," ammise Mordred, non osando guardare il padre negli occhi.
Artù non gli chiedeva mai molto e Mordred non sopportava il pensiero di rifiutargli un favore.
Il brusio che vi era stato fino a quale momento era cessato. Lancillotto aveva smesso di ridere, Kay se ne stava tranquillamente appoggiato alla sedia vuota della regina, fingendo di guardare il cielo. Dinadan stava osservando Kay, chiaramente intendo ad ascoltare il dialogo fra il re ed il figlio. E così faceva Galahad.
Fantastico, pensò Mordred, così tutti mi sentiranno piagnucolare pietà al re come un bambino.
"Mordred-"
"D'accordo. Ditemi solo quando devo partire ed io sarò pronto."
"Il prima possibile, grazie Mordred," sorrise Artù e portò una mano sulla spalla del figlio, stringendola.
Il cavaliere arrossì per la vergogna. Perché si vergognava del modo in cui aveva così disperatamente bisogno di quella stretta sulla propria spalla.
"Sceglierò qualcuno che venga con te, le strade non sono sicure."
E' preoccupato per me, pensò il giovane, è preoccupato, dei del cielo, è preoccupato! E con rabbia scacciò la vocina che gli diceva, malignamente, che forse Artù voleva controllare che non si mettesse in combutta con Morgause.
"Sire," esclamò una voce estranea alla conversazione. Galahad si avvicinò al sovrano con un timido sorriso. "Mi dispiace, non ho potuto fare a meno di sentire."
Artù fece un gesto di perdono ed osservò divertito il figlio del proprio migliore amico. Quel ragazzo sembrava sorprenderlo ogni volta. Con un pungente senso di colpa pensò che avere un figlio onesto, sincero e trasparente come Galahad fosse il desiderio di ogni genitore.
"Ditemi, caro amico."
"Volevo chiedervi di poter accompagnare vostro nipote."
"Galahad! Sono sicuro che il re ha già scelto qualcuno di più esperto ed abile," si intromise Lancillotto.
"Più abile di me, padre? Non sono un falso modesto. So di essere uno dei cavalieri più abili del regno."
Artù interruppe la schermaglia fra padre e figlio, sporgendosi per abbracciare Galahad.
"Ne parleremo in privato, amici."
Certo, è il mio viaggio, è la mia vita, è mia madre, è mio padre e loro ne parleranno in privato.
"Zio, vorrei poter andare ora. Devo preparare delle cose per il viaggio," si scusò Mordred.
E quando il padre glielo ebbe concesso, lasciò la sala.
Liberato (metaforicamente parlando) dal figlio, Artù ordinò a Kay e Dinadan di uscire e rimase assieme all'amico Lancillotto ed al giovane Galahad.
"Artù, non potete. Non voglio che mio figlio parta con lui," esclamò Lancillotto appena i tre rimasero soli.
Artù si sedette sul proprio seggio facendo cenno agli altri di sedersi accanto a lui.
"Quindi è lui il problema? Non i possibili banditi sulle strade o le tribù dei pitti a nord?"
Lancillotto si morse il labbro. Bisognava essere sempre cauti quando si parlava di Mordred. Persino Artù sembrava non avere dei sentimenti definiti verso il figlio.
"Tutti i pericoli. Tutti," rispose il primo cavaliere del regno.
"Padre, sono perfettamente capace di difendermi da tutti i pericoli."
Lancillotto osservò lo sguardo determinato del figlio e ne sostenne la forza. Avevano già parlato di Mordred, in privato. Avevano già discusso e lui non aveva intenzione di litigare davanti al proprio re.
"Mi farebbe piacere se andasse Galahad," intervenne Artù. "E' un uomo d'onore, è una persona retta e pura. Qualsiasi altro sarebbe succube di Morgause, del suo fascino e voi lo sapete, Lancillotto."
"Sì, Artù, non ho dubbi su questo. Non è di Morgause che mi preoccupo."
"Dovreste."
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