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Vecchio 13-03-2010, 11.14.03   #2
Mordred Inlè
Cittadino di Camelot
 
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02. Glastonbury

L'ingenuità di Gale non aveva paragoni. Sua cugina Emma gli ripeteva sempre che aveva il cervelletto di un colombo e la bontà di una barbie bionda. Purtroppo Gale non poteva farne a meno, non poteva rinunciare all'idea che, con la speranza, tutto si sarebbe messo a posto. Galahad credeva che tutto avesse un proprio ordine, Gale pensava, fermamente, che tutto alla fine avrebbe trovato il proprio senso.
Moray, un tempo Mordred Pendragon, evidentemente non era d'accordo.
Il cafè in cui i due giovani erano finiti era un piccolo edificio con un delizioso muro a vetro. Sul muro, dall'interno, si poteva vedere un'arzigogolata, e storta, scritta bianca che diceva 'Graal cafè'. Niente di più indicato di quello.
Una gentile cameriera dalla folta chioma rossa corse loro incontro e li sistemò in un tavolino a muro, in fondo al locale. Portò loro due caffé e rimase a guardarli dal bancone, incuriosita.
Gale stava raccontando della propria famiglia, della psichiatra Annie e della propria ingenuità.
"Vengo a Glastonbury tutti gli anni. Ho sempre sperato di trovare qualcuno che- bhè, lo sai- qualcuno come me e te."
"Per farci cosa?" domandò Moray, osservandolo dietro alla propria tazza di caffé quasi finito.
"Per ricordare i vecchi tempi, per non essere soli," tentò di spiegarsi Gale.
"Non voglio ricordare i vecchi tempi e sto benissimo da solo. Vedi? Non tutti sono come te." Con un solo movimento, Moray bevve ciò che rimaneva nella propria tazza. "Abbiamo bevuto questo caffé, ora ce ne possiamo andare."
Gale lo osservò confuso. Di certo non si aspettava nulla di simile. Non si attendeva sicuramente abbracci gioiosi ma dentro di sé aveva sempre creduto che ritrovare qualcuno che avesse vissuto ciò che aveva vissuto lui sarebbe stata come una felice riunione.
"Moray, mi dispiace," mormorò, ricordandosi degli eventi letti nei libri. Sicuramente Mordred non voleva ricordare la battaglia finale, il disonore ed il sangue. "Ho parlato senza riflettere."
"Puoi dire quello che vuoi. Non sono mai stato uno facile alle offese."
"Ti scrissi una lettera."
"Deliziosamente romantico."
"Sul serio, Moray, ti ho scritto una lettera. So che non il diritto di dirti nulla e non ne avevo nemmeno a quel tempo- anzi, non so nemmeno perché lo sto per dire adesso-"
"Allora non dire nulla. Il silenzio è decisamente sottovalutato," mormorò Moray, con irritazione.
Gale aprì la bocca per aggiungere qualcosa ma Moray sorrise, ghignando.
Rimasero in silenzio per qualche minuto finché non fu proprio Moray a romperlo: "Allora, ed ammira come le mie domande vadano dritte al punto senza attorcigliarsi su loro stesse, sei ancora convinto di ciò che eri una volta?"
"Di cosa?"
"Eri il migliore di tutti, il più puro."
"Non sono né il migliore né il puro," replicò Gale, arrossendo leggermente, "non lo sono mai stato, in verità."
"Odio la sincerità."
"E tu sei ancora-"
"Un bastardo? un sodomita?" aggiunse sorridendo e giocando con una bustina di zucchero.
"Non intendevo nulla del genere."
Moray si alzò in piedi e lo osservò in silenzio per qualche secondo. Sembrò decidere di rimanere ma poi sorrise, uno di quegli strani sorrisi che non era in grado di fare nemmeno quando era stato Mordred.
"Sempre così innocente. Tieni," aggiunse infine, prendendo il portafoglio e tirando fuori un biglietto da visita. Il piccolo cartoncino conteneva un numero di telefono ed un indirizzo.
Gale lo prese meravigliato. "E' il tuo numero? Posso chiamarti?"
"Certo," sorrise Moray. "Ora devo proprio andare, cosa da fare, regni da distruggere, troni da conquistare."
"Molto divertente."
"Lo so! Lascio a te il conto, visto che l'idea è stata tua," esclamò Moray, sembrando riaquistare il sarcasmo di un tempo. Gale si alzò frettolosamente anche lui, vedendolo uscire dal locale.

Passò un giorno intero prima che Gale si decidesse a chiamare Moray. Si sentiva confuso e sicuramente non sapeva ciò che voleva.
Il ritorno a casa fu febbrile. Si addormentò in treno e sognò di Dindrane. Sognò il Graal che veniva a prenderlo di nuovo e questa volta con lui c'era Dindrane, insanguinata, che gli diceva che era troppo tardi e che avrebbe dovuto pensarci prima.
Una volta a casa chiamò i propri genitori, felice nel sentire le loro voci, andò a trovare la vicina, una cara signora di cinquant'anni sempre pronta a chiacchierare di tempo e geologia. Infine si decise.
Compose il numero, respirando sonoramente. La cugina Emma, presente come un'erbaccia, era venuta a trovarlo in mattinata ed aveva riso vedendolo girare e rigirare il piccolo cartoncino bianco. Gale ha un appuntamento! aveva gridato ed effettivamente Gale si sentiva proprio così.
"Pronto?" rispose una voce di donna.
"Pronto, mi chiamo Gale, c'è Moray?"
"Moray? No, mi dispiace qui non c'è nessun Moray."
La prima cosa che Gale fece fu di ricontrollare il numero sul display. Non era errato.
"Quel bastardo-" mormorò.
"Come, scusi?" chiese la voce di donna.
"Nulla, volevo chiederle... non abita un ragazzo lì? Con un altro nome forse?"
"Ci siamo solo io e mio marito," rispose la signora, chiaramente spazientita.
"E voi abitate in-"
"Senta! Se è un altro di quei pazzi di Green Palace la avverto che chiamerò immediatamente la polizia!"
"No, mi scusi, signora, ho solo composto il numero di un biglietto da visita, devo aver sbagliato-"
La donna urlò qualcosa al telefono, chiaramente non a Gale, e il ragazzo sentì la voce di un uomo in lontananza. Vi fu un veloce passaggio di cornetta e la signora scomparve dall'altro capo della linea lasciando il posto ad una voce maschile: "Che vuole?"
Gale non ci mise molto a riconoscerla.
Nonostante la distanza, sia fisica che temporale, nonostante il rumore fastidioso del telefono ed il traffico fuori dal proprio appartamento, Gale non ebbe dubbi quando dalla propria bocca usci un timido "Bors?"
L'uomo alla cornetta mormorò qualcosa alla moglie, se di moglie si trattava, e subito rispose a Gale: "Chi sei?"
"Sono Gale- voglio dire, Galahad. Bors, sei davvero tu?"
"Galahad, non ci posso credere," sussurrò Bors con meraviglia, "certo che sono io! Ma come hai fatto ad avere questo numero?"
La sorpresa del momento, lo sgomento e la gioia vennero subito fulminate senza pietà dal vero significato della chiamata.
"Me l'ha dato Mordred," replicò Gale, sentendosi improvvisamente stanco. Si sedette sulla sedia, dalla quale si era alzato alla scoperta che l'uomo alla cornetta era Bors.
"Galahad, è difficile parlare di queste cose al telefono. Devi venire assolutamente qui. Hai il nostro indirizzo?"
"Certo. Sì, è sul biglietto. Tenterò di venire lì in giornata."
Riattaccò il telefono sentendo che con quel gesto se ne andavano le sue ultime energie.
Tutto il suo entusiasmo perso all'idea che anche Mordred era scomparso.
Non che Mordred fosse speciale, Bors andava benissimo per rimembrare i vecchi tempi passati, vero?
Il volto dell'angelo sorridente, del Graal, gli tornarono alla mente. Lui aveva chiesto a quell'essere di ritrovare Mordred e l'essere, perché sicuramente un simile sorriso non poteva appartenere ad un angelo di Dio, gli aveva rubato la vita in cambio della sua promessa. E Gale si era lasciato sfuggire tutto. Occasione, nuove possibilità, tutto scomparso.
Si alzò a sedere, camminando avanti ed indietro per la cucina. Accese un fornello, osservando la fiamma zampillare nell'aria e chiedendosi se fosse il caso di iniziare a fumare. Stupido pensiero.
Avrebbe voluto avere la vecchia lettera che scrisse prima di morire. Avrebbe voluto poterla rileggere, ricordare tutto con perfezione e donarla a Mordred. Sapeva che era importante.
Spense il fornello e prese le chiavi della macchina.
Se Moray aveva il biglietto da visita di Bors significava che i due si erano incontrati almeno una volta e c'era quindi la possibilità che Bors sapesse qualcosa sul dove trovarlo.
Guidò per un'oretta piena, più a causa del traffico che della distanza, ed arrivò presto alla stazione dei treni più vicina. Lì, senza rifletterci troppo, salì su un treno per Cardiff, tastando tra le mani il piccolo biglietto da visita, ormai sgualcito e rovinato.
Arrivò a Cardiff che era appena passata l'una del pomeriggio e sentì lo stomaco iniziare ad avvertirlo della fame. Non si fermò, spinto dal desiderio di incontrare nuovamente Bors.
Bors sapeva sicuramente qualcosa di Mordred.
E Bors aveva visto il Graal. Il pensiero assalì Gale con violenza.
Bors aveva visto quella terribile creatura dal sorriso troppo largo per quello di un angelo e forse Bors sapeva cosa era accaduto realmente quel giorno di molti anni fa.
Il giovane prese un tram che, quasi facendolo appisolare, lo portò poco fuori dal centro della città e lo lasciò in un lussuoso quartiere di casette a schiera.
Non ci mise molto a trovare la porta che cercava.
Ad aprirgli fu una signora sulla mezza età con una crocchia di capelli ormai grigi. La donna lo squadrò severamente ma subito, alla porta, apparve l'alta figura di Bors.
Con un sorriso meravigliato, momentaneamente dimentico di tutto, Gale osservò quanto poco l'uomo fosse cambiato: era ancora molto più alto di lui, i suoi capelli erano rimasti scuri e verso il grigio, il naso appiattito e gli occhi gentili. I due, senza nemmeno rifletterci, si abbracciarono come due amici separati da troppe leghe di distanza.
"Oh, Galahad!"
"Gale Harrison, ora," rispose Gale, liberandosi dal suo abbraccio e seguendolo dentro casa.
La casa era piccola ma pulita e ordinata. Una semplice casa di periferia con quadri, tappeti e tanta luce. Una parte di Gale aveva sempre pensato che Bors sarebbe finito in una vecchia fattoria fuori città.
"Gale, giusto? E' un piacere vederti! Ti presento Madelyne, è mia moglie."
La donna dai capelli grigi strinse brevemente la mano al giovane e poi se ne andò con aria glaciale, lasciandoli soli.
"Bors, quasi non riesco a crederci. Ti chiami ancora così?"
"Oh sì, i miei genitori avevano poca fantasia, o forse troppa, dovrei dire. Vieni a sederti in salotto, abbiamo molto da dirci."
Accomodatesi l'uno sul divano e l'altro sulla poltrona, Bors raccontò di come la scoperta dell'essere nuovamente vivo lo aveva colpito. Raccontò a Gale dei difficili anni della gioventù, quando i suoi genitori quasi lo credettero pazzo e lo lasciarono allo zio prete. Lo zio non lo credette pazzo ma solamente solo e desideroso d'attenzioni.
"Sono un prete anch'io. Lo zio Martin è morto quattro anni fa ma non dimenticherò mai tutto ciò che mi ha insegnato. Certo, non ha mai creduto alle mie storie ma devi ammettere anche tu che sono racconti ben difficili da accettare."
"La mia storia è molto simile alla tua," lo consolò Gale. "E quindi sei un prete?"
"Certo, pastore della chiesa di St. John Street, proprio qui dietro a questa vecchia casa."
"Non è così vecchia."
"Lo è abbastanza per piacermi. E' veramente una fortuna che tu mi abbia trovato."
Gale colse l'occasione al volo. "Non è certo fortuna, come ti dissi è stato Mordred, cioè Moray, a darmi il tuo indirizzo ed il tuo numero."
"Ha fatto bene, allora."
"Tu lo conosci?" domandò Gale, con forse un po' troppa foga.
Bors si massaggiò dubbioso un ginocchio. "Non ti ho mai raccontato di cosa è successo dopo che tu sei- sei morto. Io sono tornato a Camelot e poi è finito tutto."
"Il Graal non è servito a nulla, quindi."
"Il Graal era una ricerca personale. Camelot era qualcosa di troppo grande e troppo vecchio. Lancillotto, perdonami Gale ma devi saperlo, tuo padre e la regina erano amanti."
"Lo so," rispose Gale, con voce debole. Dentro di sé l'aveva sempre saputo.
"Agravaine li ha sorpresi e Lancillotto l'ha ucciso. Per legittima difesa, ovviamente, quel verme delle Orcadi l'aveva attaccato quando mio cugino era disarmato e impreparato. Sicuramente avrai letto tutto nei libri che si trovano in giro," aggiunse poi Bors, frettolosamente.
"Ho letto che Artù decise di bruciare Ginevra sul rogo e che Lancillotto la salvò. E poi la guerra ed il tradimento."
"Sì, Artù però non voleva davvero bruciare la moglie, la amava profondamente, come ben sai. Lo fece per far felice il popolo, capisci? I cavalieri ed i nobili avevano bisogno di sapere che la legge di Artù valeva anche per Artù. Lancillotto ha fatto solo ciò che anche Artù voleva. Purtroppo hai conosciuto le piccole vipere di Morgause: sempre pronte a spalleggiarsi e difendersi, vendicative e irate. Gaheris decise di vendicare Agravaine, quando era chiaro che Agravaine aveva ben meritato quello che gli era capitato. Sono morti tutti."
"Tutti chi?"
"Al rogo della regina. Gaheris era tra le guardie e Gareth tentava di fermarlo. Lancillotto li ha uccisi entrambi."
Gale si massaggiò le tempie. Non era quello che voleva sentire o ricordare di Camelot. Non la furia di suo padre in battaglia ma la bellezza della sua armatura e della sua spada, non il loro uso.
"Gawain e Mordred giurarono vendetta. Il problema fu l'oggetto della loro vendetta. L'uno voleva un duello con Lancillotto e l'altro voleva distruggere tutto."
"Distruggere tutto?"
"Tu non l'hai visto," continuò Bors, senza tatto, "accusava il nostro re, Artù!, di aver tramato per assassinare i figli di Morgause."
Gale scosse la testa. Aveva conosciuto poco Artù al tempo ma dubitava seriamente che una persona mite come lo era stato lui potesse persino pensare di architettare dei piani sanguinari.
"E poi sono morti," concluse Gale, facendo chiaramente capire a Bors di non voler sentire altro.
Il padrone di casa annuì, tetramente.
"L'importante è che siamo qui, ora," concluse. "Dio ci ha voluto ricompensare con un'altra vita."
Gale lo osservò intensamente. Era ciò a cui aveva pensato, a volte. Era ciò che aveva sperato. Ma se Dio l'aveva ricompensato con un'altra vita significava anche che Dio lo costringeva a passare notti insonni con il volto di Dindrane impresso nella memoria.
"Perché dovremmo avere una simile ricompensa?"
"Perché abbiamo trovato il Graal."
"Il Graal. L'hai- hai visto anche tu?"
Bors si passò una mano sulla fronte. "Ricordo poco, ricordo una luce ed un tocco fugace."
"Io ricordo una bocca, Bors. E delle mani. Una coppa ed un sorriso. Bors, ti assicuro, una cosa simile non può venire da Dio."
"Gale, sei solo sconvolto. Ricordare una vita passata e viverne una nuova può essere difficile, ti capisco."
Gale si morse il labbro. Forse Bors aveva ragione. Forse ricordava male ed il Graal in realtà era un bellissimo angelo biondo venuto a donargli una nuova vita e non a rubargli tutto ciò che aveva fino a farlo morire.
Forse essere Gale Harrison era la sua nuova ricompensa e la sua nuova possibilità.
"Vuoi qualcosa da bere, Gale?"
"No, grazie. Dimmi di più, se puoi, perché Mordred aveva il tuo biglietto da visita?"
"Mi ha cercato lui. E' venuto in chiesa da me per chiedermi perché si trovasse di nuovo vivo e qui. Cercava risposte e io gliele ho date."
"E non tornerà più?"
"No. Gli ho lasciato il biglietto nel caso cambiasse idea ma mi ha detto che avrei dovuto dimenticarmi di lui."
"Io so perché lui è qui," esclamò Gale, improvvisamente. Gale lo sapeva. Aveva chiesto lui stesso al Graal, o alla creatura che si era spacciata per tale, di dargli almeno Mordred, almeno un'altra possibilità di incontrare la persona che tanto strenuamente l'aveva assillato, punzecchiato e seguito e che lui tanto testardamente aveva tentato di ignorare.
"Oh, lo so anch'io."
"Lo sai? Come fai a saperlo?"
"Dopo quello che ha fatto, Gale, non mi aspettavo di certo che Dio lo lasciasse impunito. Dopotutto ha premiato noi trovatori del Graal e sono sicuro che da qualche parte vi siano anche tutti gli altri meritevoli."
"Che cosa intendi per impunito?" domandò Gale. La testa sembrava riempiersi di informazioni sempre meno gradite e suo malgrado non riuscì a fermare la nota di aggressività nella sua domanda.
"Non sta bene, sta passando un brutto periodo ma i suoi genitori gli sono vicini."
Una strana e vecchia vocina nella mente di Gale sospirò ironicamente gioiosa: Almeno in questa vita ha dei genitori.
"Spiegati. Bors, è importante. E' colpa mia se è qui. Io ho chiesto al Graal di portarlo qui," sussurrò Gale.
"No, Gale, niente sensi di colpa. Il Graal è uno strumento di Dio, fa solo ciò che deve," insistette Bors ma fu costretto a continuare quando non ricevette alcun segno di aiuto o di intervento da parte del suo vecchio compagno, "ha il cancro. Ma sono certo che si può curare. Sono sicuro che Dio lo sta mettendo alla prova in modo che diventi una nuova persona, qualcuno di degno."
Bors aggiunse altro, parlò ancora del suo incontro con Mordred, ora Moray Lambeert, ma Gale non lo sentì. L'unica cosa che riusciva a sentire era cancro.
Aveva vaghe e terribili immagini del cancro. Ricordi di telefilm in cui i protagonisti guarivano miracolosamente e di zii di amici che morivano silenziosamente.
E tutto questo era colpa sua. Lui aveva portato Mordred in questa nuova vita.
"Mi devi dare il suo indirizzo," esclamò Gale, interrompendo il fiume di parole di Bors. "Lo hai, vero?"
"Sì, ammetto di aver fatto delle ricerche sul suo nome e cognome. Mi aveva parlato anche della sua casa ma non sono sicuro che viva ancora lì. Gale, lascialo stare, non ci vuole intorno."
Gale si alzò di scatto dalla poltrona, sentendo di doversi muovere, di dover fare qualcosa.
Cancro.
"Che cosa gli hai detto?" chiese improvvisamente. "Gli hai detto che era la sua punizione da Dio?!"
Madelyne li raggiunse in salotto, incuriosita ed allarmata dal volume che aveva raggiunto la voce del suo nuovo ospite.
"Madelyne, cara, puoi prendermi l'agenda che c'è nel mio studio?" domandò Bors e la donna ubbidì con un cenno di disapprovazione.
"Gale, ti prego, niente scenate. Eri un bravo ragazzo. Non avresti mai detto una cosa così un tempo."
"Non voglio nemmeno iniziare a parlare delle cose che non avrei fatto un tempo," sussurrò Gale. La fame e la stanchezza iniziavano a farsi sentire.
Dopo qualche secondo Madelyne tornò da loro con in mano una piccola agenda blu. Bors sfogliò tra le pagine e prendendo una penna, sempre portata dalla moglie, scrisse su un piccolo post it giallo degli indirizzi e dei numeri.
Quando li porse a Gale il ragazzo evitò il suo sguardo.
"Vuoi rimanere a cena?" chiese l'uomo.
"No, mi dispiace, Bors. Ho delle cose da fare. Forse un'altra volta."
"Certo."
Gale prese il foglio.
"Sono due indirizzi."
"Sì, quello sopra è di Moray e quello sotto è di Percy."
"Percy? Percival? Hai trovato Percival?"
Bors scosse il capo e Gale capì subito che ciò che l'altro stava per dire non gli sarebbe piaciuto.
"L'ho trovato troppo tardi. All'indirizzo troverai la madre, le fa piacere quando un amico del suo Percy va a trovarla."
"Che cosa gli è successo?"
"Si è ucciso."
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