Intanto, nel castello sul lago, Guisgard ascoltava ciò che diceva il misterioso castellano.
Ad un tratto entrarono altri 2 servitori con altretti cavalieri.
"Ecco i cavalieri che abbiamo condotto con noi, signore." Dissero.
"Bene..." rispose il castellano. "Domani, tra i 3, cercheremo chi è degno di seguire il proprio cuore. Ora il giorno volge al termine. Riposeremo tranquilli."
Così tutti furono accomodati in confertevoli stanze.
"Domani forse lo scopriremo." Disse Guisgard rispondendo alla domanda di Cavaliere25.
La stanza di Perry era accanto a quella dei suoi 2 compagni di viaggio.
Guisgard però stentò a prendere sonno.
Tanti pensieri gli attraversarono la mente. Pensieri misti a ricordi.
Come quello che accadde anni prima.
Quel giorno nel paese, Polgara aveva portato nel bosco alcuni degli orfanelli.
"Affidateli a me, suor Maria." Disse. "Il Sole e la primavera in fiore faranno bene a questi bambini."
"Polgara..." chiese la piccola Hiey "... nel bosco vedremo gli elfi e le fate?"
"Si, se sarete buoni." Rispose sorridendo.
Passarono così l'intera mattinata nel bosco, tra le viole e le querce.
Ma ad un tratto udirono dei rumori.
Ed un istante dopo un grosso e nero cinghiale li assalì.
Polgara era ancora una giovane maga inesperta, che ignorava gli effetti della sua magia.
E non poteva rischiare. C'erano i bambini con lei.
Allora li strinse forte a sè e tentò di scacciare con le sue grida quell'animale inferocito.
Ma il cinghiale cominciò a caricare.
Ma proprio in quel momento si udì una voce.
"Hey! Hey!" Gridava, cercando di attirare a sè il cinghiale.
Era Guisgard.
Il cinghiale allora caricò verso di lui.
Il ragazzo rimase immobile e quando l'impatto fù imminente avvolse la sua giubba attorno alla testa del cinghiale.
Questi perse il controllo e fini contro una roccia, franumandosi il capo.
"Ma quello è Guisgard!" Urlò il piccolo Prugnon. "E' venuto a salvarci!"
E tutti i bambini corsero verso di lui.
"Come stai, piccola?" Chiese a Polgara, accarezzandole i capelli. "Sembra sia giunto appena in tempo."
"Smettila!" Disse lei scostandosi. "Non riesci ad essere serio nemmeno ora!"
"Cos'hai?" Chiese lui, mentre i ragazzini gli facevano festa tutt'intorno. "Sei acida anche quando ti salvo la vita?"
"Ho temuto per i ragazzi..." rispose lei "... e poi sai che non mi piace quando tu mi chiami bimba..."
"Già... lo dimentico sempre..." disse lui con un sorriso quasi di beffa "... forza, piccoli, si torna a casa!" Rivolto poi ai bambini.
Il giorno dopo, Polgara era sola accanto ai resti della grande torre romana.
E fissava pensierosa il cielo.
"Sei qui..." disse Guisgard arrivando "... ti ho cercata ovunque. Stasera iniziano i preparativi per la Settimana Santa. Il paese è in festa. Ci andiamo?"
Lei si voltò, lo fissò per alcuni istanti e poi scoppiò a piangere.
"Hey, piccola..." Disse lui avvicinandosi "... sei stata coraggiosa nel pericolo ed ora che tutto è finito piangi? Se quel cinghiale non ha subito assalito uno dei ragazzi è stato solo merito tuo." Aggiunse asciugandole le lacrime.
"Perchè ci hai messo tanto?" Chiese lei. "Perchè non sei arrivato subito? Ho avuto paura. Ho temuto che..."
"Zitta." Disse dolcemente lui e portandole un dito sulle labbra. "Io ci sarò sempre a proteggerti. Arriverò ogni volta che sarai in pericolo. Anche se dovrò tornare dall'altra parte del mondo. Te lo prometto."
Poi, fissando il cielo infinito, aggiunse:
"Guarda che bellissimo tramonto. Sta tingendo di rosso tutto il paesaggio. I celti raccontavano come tutto ciò che viene giurato nel passaggio tra il giorno e la notte è sottratto allo scorrere naturale del tempo. E diviene eterno."
