Appena lord Cembelus finì di parlare, nella sala ognuno dei presenti fu alle prese con i propri stati d' animo e le proprie sensazioni.
"Tranquillo, mio giovane amico..." disse Guisgard al suo fedele scudiero "... il lupo riesce sempre a trovare i suoi agnellini."
Poi rivolgendosi al signore del castello:
"Milord, sebbene io ritenga questo castello una sorta di incantata utopia, sono pur sempre un cavaliere e come tale mi è imposto da tutto ciò che ho di più sacro di tendere la mano a chi mi chiede aiuto. Ciò che fate della vita è affar vostro, non mio. Nessuno ha il diritto di minacciare le vostre terre e la vostra casa. Vi aiuterò a scacciare quei cavalieri."
"Parlate da prode" intervenne lord Cembelus "ma anche come colui che ignora la sofferenza altrui."
"Milord..." rispose Guisgard "... un mondo senza Amore è come un cespuglio senza rose, ma con rovi e serpi."
"Le serpi sono la fuori e minacciano me e la mia famiglia!" Ribattè Cembelus.
"Ed io da esse vi difenderò, milord." Rispose Guisgard.
Poi, fissando Polgara e accarezzandole la mano con l' anello che ella portava sin da piccola, aggiunse:
"Mal si lega un dado con le imprese d' amore. Perchè io non gioco mai con i sentimenti."
E mentre parlava, la pietra incastonata nell' anelo brillava come mai prima d' ora, riflettendosi nello sguardo di Polgara e quasi a voler destare l' irreale scenario di quel castello.