"Va bene..." disse Robertstein a Blangey, mentre si toglieva la giacca "... tanto so che sei testarda e irrequieta, finendo sempre per fare di testa tua." Con una smorfia divertita.
Così i 2 si calarono in quella voragine.
Appena messi i piedi sul trreno sottostante, che si aspettavano essere stato fatto di mattoni o di calce, rstarono parecchio colpiti.
Infatti ora si trovavano su una superficie di metallo.
Lo studioso tirò fuori da una tasca i fiammiferi e ne accese uno, cercando di illuminare lo spazio intorno a loro.
"Sembra un passomano... seguimi, Blangey..." mormorò.
Pochi passi e davanti a loro apparve una porta in ferro.
Il lucchetto che la chiudeva era però ossidato e consumato, al punto che non fu difficile al fascinoso studioso forzarlo con il suo taglierino.
Un attimo dopo la porta si aprì e i 2 si trovarono in un'ampia stanza dall'aspetto insolito.
Era fatto di mattoni levigatissimi, squadrati con perfezione matematica e racchiusa da una serie di archi che ne inquadravano perimetro e aerea.
Al centro del soffitto pendeva un pesante lampadario alimentato con lampade al cherosene, così da illuminare l'intero ambiente.
Inoltre vi erano diversi attrezzi e strumenti particolari, come non si erano mai visti prima d'ora.
Ma la cosa più insolita era la grossa tavola, di forma circolare, al centro della sala, sulla cui superficie brillava una luce pallida dallo strano chiarore.