Discussione: Il Ritratto del Bacio
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 13-07-2010, 19.58.45   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
Messaggi: 51,904
Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il Ritratto del Bacio

IL RITRATTO DEL BACIO

Questa è un'antica quando famosa leggenda diffusa nelle mie terre.
Essa è da sempre custodita tra le secolari e sacre mura del Palazzo degli Arciduchi.
Ed io oggi, per voi tutti abitanti di Camelot, aprirò quelle porte che per secoli furono chiuse al mondo mortale e vi farò partecipi di quella incantata leggenda, affinchè i sogni ed i desideri che da sempre ha suscitato possano raggiungere anche i vostri cuori.

I

Le strade della capitale pullulavano della più varia e pittoresca umanità.
Mercanti, artigiani, saltimbanchi, mendicanti, soldati e personaggi giunti da ogni dove animavano come ogni giorno, tra schiamazzi, canti, grida e risa le vie che come un sistema di fitte arterie attraversavano e lambivano il cuore della città.
E così, dai chiassosi e maleodoranti mercati, agli esotici e variopinti bazar, passando per gli stretti vicoli che si aprivano, quasi per caso, tra la fitta rete urbana e ricchi delle più folcloristiche attività, salivano sino a lambire il palazzo ducale i suoni ed i versi di quel popoloso e caotico mondo.
Un mondo fatto di quotidianità, espedienti, risse, truffe e confusione, che viveva all’ombra di quello ben più austero e solenne della potente aristocrazia.
Il moresco, dalla pelle d’ebano ed il fisico asciutto, abbigliato da sontuose e sfarzose vesti di arabica provenienza, si faceva spazio tra la ressa generale, forte della sua scorta composta da quattro guardie ben armate e dai volti pressoché inespressivi.
Li seguiva a pochi passi l’artista, vestito con la sua larga e consumata camicia, più che dentro solo adagiata sopra il largo cinturone di pelle scura, pantaloni neri altrettanto consumati se non di più e grossi stivali stretti da larghe e spesse fibbie.
Il gruppetto ben compatto, una volta uscito dal marasma generale, giunse presso il palazzo ducale, dove il moresco venne subito riconosciuto e con i suoi fatto entrare dentro.
Attraversarono così prima il grande cortile colonnato, per poi giungere alla residenza ducale vera e propria.
Qui una marmorea e monumentale rampa di scale li condusse ad un lungo e sontuoso corridoio che, dalla parte opposta all’entrata, dava, attraverso una solida porta di duro legno finemente lavorata, ad una vasta sala riccamente arredata.
Entrati, il moresco subito raggiunse il seggio ducale davanti al quale si inchinò e cominciò a dire:
“Mio signore, ecco l’artista di cui avete chiesto i servigi.”
“Che avanzi e si annunci!” Ordinò il duca.
L’artista si fece timidamente avanti e inchinandosi cominciò a dire:
“Sono il pittore di cui avete richiesto i servigi, vossignoria!”
“Vi hanno già descritto di cosa si tratterebbe?” Chiese il duca.
“Mi hanno solo detto” rispose l’artista “che vossignoria desidera essere ritratto insieme alla sua amata.”
“Credete dunque di esserne capace?” Chiese il duca.
“Mio signore, ho da sempre dipinto figure umane di svariate fattezze” rispose l’artista “e non ho travato mai difficoltà alcuna nel portare a termine tali lavori.”
“Sapete” disse il duca “che molti, prima dio voi, fallirono in tale lavoro?”
“Ne ho sentito parlare” rispose il pittore “e, con licenza, non me ne sono mai spiegato il motivo.”
“Probabile che non furono all’altezza.” Sentenziò il duca.
“Eppure di valenti artisti” disse l’artista “è piena questa superba città.”
“Allora” rispose il duca “forse è l’opera commissionata ad essere di difficile realizzazione. Non credete?”
“Non saprei dirlo, vossignoria.” Rispose con garbo l’artista. “Non prima di aver saputo di cosa si tratti.”
“Vi è già stato comunicato, mi pare di aver capito, vero?” Fece il duca cercando lo sguardo dei suoi funzionari.
“Si, mio signore.” Rispose con riverenza il moresco.
“So solo” disse l’artista “che vossignoria ha richiesto un ritratto in cui compare con la sua sposa.”
“Non vi è alcuna sposa.” Rispose il duca. “Non ancora, almeno.”
L’artista ascoltò senza dire nulla.
“Anzi, a questo mi occorre quel ritratto.” Aggiunse il duca.
“Non credo di comprendere, mio signore.” Disse l’artista.
“Dovreste conoscere” rispose il duca “e meglio di me il potere mistico e magico dell’arte.”
“So che l’arte ha un suo essere magica…” disse l’artista “… ma forse parliamo di due cose diverse, mio signore.”
“E’ ovvio.” Rispose il duca. “Voi parlate da artista, io invece da uomo.”
Il duca allora si alzò dal suo vigoroso seggio e si avvicinò ad una delle grandi finestre che davano sulla capitale.
“Gli uomini non possono evitare di sognare…” riprese a dire dopo alcuni istanti di silenzio “… sarebbe una forzatura, un qualcosa di innaturale. Ed io vi sto commissionando un sogno. Credete di essere degno di tale compito?”
L’artista fissò prima il volto del duca e poi guardò da una delle finestre.
Restò così, in silenzio, per alcuni istanti.
Istanti in cui cercò di comprendere la volontà e lo stato d’animo del duca, che gli appariva, in quel momento, non superbo o distante, come il suo rango imponeva, ma inquieto e sognante, come un qualsiasi altro uomo della terra.
E nel suo sguardo vi era qualcosa di enigmatico.
Qualcosa che spettava proprio all’artista decifrare e comprendere.


(Continua...)
__________________
AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Guisgard non è connesso   Rispondi citando