Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 19-07-2010, 04.14.06   #226
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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ARDEA DE' TADDEI

“E così splendido era l’eroe figlio di Zeus,
con le guance fiorite di leggera peluria e gli
occhi splendenti, ma la forza ed il vigore di una
belva. Muoveva le braccia, provando se erano ancora
agili come in passato e non le avevano appesantite né
la fatica, né il remo.”
(Apollonio Rodio, Le Argonautiche, II, 42)


“Ecco, la nostra sobria cena è quasi pronta.” Disse l’uomo. “Come va la vostra ferita?”
Ardea allora, quasi istintivamente , portò il suo sguardo sul fianco.
“Va meglio, credo...” rispose “... non mi causa alcun dolore.”
Poi, fissando l’uomo aggiunse:
“Suppongo siete stato voi a curare la mia ferita.”
L’uomo si avvicinò al letto e gettò uno sguardo sulla stretta fasciatura che teneva fermo il fianco del cavaliere.
“Si, non sanguina più.” Disse tastandola con le dita. “Del resto sono tre giorni che dormite. La ferita ha così avuto modo di riposarsi a dovere. Fortunatamente non era molto profonda. Siete stato fortunato, Govarola quando colpisce lo fa sempre a morte.”
Ardea, avvicinatosi quell’uomo, lo fissò con ancora più attenzione.
Il viso era praticamente sommerso dai lunghi capelli e dalla folta barba e la penombra della capanna non rendeva certa più chiara la sua immagine.
“Tre giorni?” Ripeté Ardea. “Mi state dicendo che sono qui già da tre giorni?”
“Si, tre giorni e tre notti.” Rispose l’uomo mentre riempiva due ciotole di minestra. “Ecco, ora mangiamo. Voi avete bisogno di forze, altrimenti non potrete lasciare questo luogo e riprendere il vostro viaggio.”
“Come sapete che sono in viaggio?” Chiese incuriosito Ardea.
“Nel sonno i primi due giorni avete delirato.” Rispose l’uomo senza scomporsi. “E parlavate del vostro viaggio e di qualcosa che vi attendeva.”
“Sono vostro debitore.” Disse Ardea. “Mi avete salvato la vita e concesso ospitalità. Qual è il nome a cui devo tutto ciò?”
“Fin quando vivevo in mezzo agli altri” rispose l’uomo senza alzare lo sguardo dalla sua ciotola “tutti mi chiamavano Memmone il Fragolo.”
“Siete dunque di Afragolignone anche voi!” Disse Ardea. “Conoscete quindi il duca Taddeo d’Altavilla!”
“Mi sono ritirato qui” rispose Memmone “da troppo tempo. Gli usi ed i nomi degli uomini mi sono ormai indifferenti.”
“Per non conoscere il duca” replicò Ardea “vuol dire che siete qui da molto tempo!”
“Mangiate o non vi rimetterete.” Disse l’uomo.
Ardea allora consumò la sua cena.
Dopo i due stettero un po’ accanto al fuoco, senza però scambiarsi molte parole.
In realtà Ardea avrebbe voluto, ma quell’uomo non sembrava molto socievole.
Forse quella vita da eremita lo aveva indotto in tale comportamento, pensava Ardea e non volle quindi forzare più di tanto.
Del resto il nostro cavaliere continuava a fissare il suo misterioso salvatore, cercando di capire perché quel volto lo turbasse tanto.
Dopo un po’ l’uomo si alzò e diede la buonanotte al cavaliere.
Anche Ardea si coricò, ma non riuscì a prendere sonno tanto presto.
Il giorno seguente il Sole era alto e penetrava con forza da due piccole finestre sulla parete.
L’uomo servì del latte fresco di pecora al suo ospite, accompagnato da del pane caldo.
“Come vi sentite oggi?” Chiese ad Ardea.
“Molto meglio!” Rispose Ardea. “La ferita non la sento neanche più!”
“Bene, così potremo capire quando sarete in grado di ripartire.” Rispose Memmone.
“Sembra abbia un gran fretta di liberarsi di me...” pensò Ardea “... del resto se ha scelto questa l’avrà fatto perché stanco del mondo, probabilmente.”
“Ve la sentite di provare?” Chiese Mammone.
“A far cosa, signore?”
“A provare la vostra forza.”
“La mia forza?” Ripeté incuriosito Ardea.
“Si. Quando vi sarà ritornata allora potrete ripartire.”
“E in che modo proveremo?” Chiese Ardea.
“Lottando.”
“Lottando?” Ripeté Ardea. “E con chi?”
“Con me.” Rispose Mammone. “Non vi sembro forte abbastanza da poter rappresentare un buon allenamento?”
“Certo, siete alto e robusto.”
“Allora approfittate!” Disse Mammone. “Provate a spostarmi.”
I due allora cominciarono quella prova.
Ardea si lanciò verso il suo avversario e lo afferrò per i fianchi. Cercò allora di spostarlo, ma Mammone gli portò un braccio attorno al collo e lo atterrò con facilità.
“Siete ancora debole, cavaliere.” Disse l’uomo aiutandolo ad alzarsi. “Non è ancora il momento per voi di ripartire.”
Aprì allora la porta della capanna, lasciando entrare la chiara luce del Sole, che invadendo tutta la stanza quasi abbagliò lo sguardo di Ardea, non più abituato al chiarore del giorno.


(Continua...)
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