Cittadino di Camelot
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Il sigillo di Mariel
“O Dea, ti prego, miserere, miserere di un Nume: tu soltanto potresti consolare questo amore, sempre che ne sia degno. […] Lungo la spiaggia italica, di fronte alle mura messenie, vidi Scilla. Qui taccio per vergogna le promesse, le parole dolcissime spregiate, perfino le preghiere. […] Non ti chiedo di calmare o guarire la ferita: non voglio che abbia fine; voglio solo che Scilla senta parte del calore!”
“Segui meglio una donna che ti vuole, che ha uguale desiderio, ed è compresa dalla stessa passione. Tu eri degno d’esser chiesto da lei, sì, lo potevi. […] Ed ecco io stessa, pur essendo una Dea, […] ebbene io sogno… sogno di appartenerti. Te lo dico affinchè non ti manchi la fiducia e non dubiti affatto della forma. Tu sdegna chi ti sdegna. E corrispondi a chi ti viene dietro: con un gesto ti vendichi di entrambe!”
“Prima in mare nasceranno le fronde, e in cima ai monti cresceranno le alghe, che si muti il mio amore per Scilla, finchè vive!”
(Ovidio, Metamorfosi)
-I -
Finalmente era arrivata. La notte tanto attesa era arrivata.
Mariel non riusciva più a trattenere la sua gioia bambina. Il solstizio d’estate… la notte in cui le era permesso di seguire le altre ancelle e le fanciulle della casa e di scendere con loro fino al lago… la notte in cui era libera dal galateo che la corte le imponeva pur in quei teneri anni della sua infanzia… la notte in cui poteva liberamente ballare attorno al fuoco, e unirsi ai canti gioiosi, e al mattino, poi, correre sopra l’erba, trascinandosi dietro il suo scialle bianco, per raccogliere la rugiada!
Le piaceva seguire le ragazze più grandi e andare con loro in cerca di erbe… poi si accoccolava accanto al fuoco e si metteva alacremente a sistemare i mazzetti. Era la scusa, quella, per restare accanto alle donne più anziane, per ascoltare i loro racconti e le leggende che aleggiavano intorno a quella notte… le sue mani dividevano attente gli steli, mentre la sua mente curiosa assorbiva con attenzione… la lavanda, per purificare… la ruta, per scongiurare i malanni… il rosmarino, per il ricordo… la verbena, per proteggersi dai malefici… Mariel le conosceva ormai tutte, ma restava comunque ad ascoltare, incantata. E così fece anche quella notte, e saltò sul fuoco esprimendo un desiderio, e a mezzanotte raccolse la felce per portarla, il giorno seguente a sua madre.
“E’ stata una notte bellissima, madre!”, esclamò con voce gaia.
La madre sorrise, in silenzio, fissando dallo specchio il volto gioioso della sua bimba.
La luce del sole caldo di giugno, penetrando dalle ogive, illuminava gli oggetti preziosi che adornavano la stanza. Un’ancella pettinava con delicatezza la lunga chioma della signora, prima di acconciarle i capelli. Un’altra portava le vesti per abbigliarla per quella giornata in cui la regina, accanto al marito, avrebbe ricevuto gli omaggi della sua gente, mentre il re avrebbe ascoltato le richieste e amministrato la giustizia.
“La vecchia Selenia ha persino sciolto il piombo per rispondere alle domande delle ragazze che volevano sapere dei loro futuri sposi!”, continuò Mariel, ancora eccitata dalla nottata.
“Davvero?”, e la regina finalmente si lasciò sfuggire una leggera risata.
Aveva ripensato, forse, a quando, ragazza, si era accostata anche lei a quel misterioso rito di divinazione?
“Sì… e ha letto la forma del piombo anche per me!”, aggiunse la bambina, con una vena vezzosa di timidezza.
“Per te, Mariel? E cosa ha letto Selenia, per la mia piccina?”
“Ha detto che sposerò un re!”
La risata della donna si fece finalmente aperta, schietta e argentina.
“Mia piccola Mariel… ed occorreva sciogliere il piombo per conoscere questo? Tu sposerai un re, certamente… uno splendido, valoroso re, così com’è tuo padre”.
Disse questo, poi si girò, invitò la figlia in un abbraccio e le baciò la fronte.
“Adesso và, i tuoi studi ti attendono”
Mariel annuì e obbedì alla madre.
Lady Hellides glielo ripeteva sempre, avrebbe sposato un re forte e valoroso. Ma quella notte, ugualmente dormì con un mazzetto di erbe sotto il cuscino, perché in sogno le apparisse il volto del suo futuro cavaliere e signore. E quella notte Mariel lo sognò. Vide il suo bel volto, i capelli scuri e ondulati, lo sguardo nobile e profondo, il portamento fiero. Si svegliò con un sorriso e per molti giorni ancora serbò nella sua mente il ricordo di quel sogno.
Poi, come accade alle volte con queste splendide e fugaci visioni, con il passare del tempo quel volto si sbiadì e iniziò a perdere contorno, e Mariel, crescendo, portò con sé appena il ricordo dolce-amaro di una fiaba di bambina.
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"
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