Discussione: Il sigillo di Mariel
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Vecchio 02-09-2010, 20.38.09   #8
Morrigan
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Morrigan ha un'aura spettacolareMorrigan ha un'aura spettacolare
- II -

Le fanciulle si muovevano leggere sul’erba e le loro vesti chiare si gonfiavano lievi, mentre i nastri si arricciavano capricciosi, giocando con il vento lieve che soffiava a tratti su quel prato. Con allegre risate, si scambiavano lazzi, ed invitavano le altre compagne ad unirsi al loro divertimento. Queste stavano sedute all’ombra, composte, sopra un prezioso drappo damascato, leggendo un libro, o comodamente distese si divertivano a cercare nei petali dei fiori il loro destino d’amore. Due ragazze erano assorte nell’intonare liete canzoni accompagnandosi con un liuto e con un flauto, mentre nello spiazzo bagnato dal sole, di fronte a loro, quattro giovani donne si divertivano a danzare. Tra queste, una fanciulla in particolare sembrava trascinare tutte le altre con la sua gaiezza, una fanciulla la cui una bellezza spiccava tra quei giovani fiori per la luminosità dello sguardo e la bellezza dei lineamenti. La principessa Mariel indossava quel giorno una semplice veste di un azzurro pallido che ben si sposava con i suoi occhi chiari. I capelli, dal colore intenso come le piume di fagiano dorato, erano raccolti in spesse trecce, dove la giovane aveva infilato, senza ordine alcuno, anemoni e crochi.
La primavera stava arrivando, e il pensiero dell’imminente stagione era il motivo della loro allegrezza. Presto le giornate sarebbero diventate più calde e luminose, e le feste e gli svaghi all’aperto avrebbero preso il posto delle serate passate nel salone del palazzo, accanto al camino. Stava arrivando la primavera, e con essa i pensieri di libertà, di giocondità e d’amore.


In aperto contrasto con quel colorato movimento e con il lieto cinguettare delle ragazze, due sagome immobili e scure si disegnavano contro l’azzurro del cielo. Su una piccola altura poco distante, abbastanza discosti da non disturbare i divertimenti di quella allegra compagni, ma sufficientemente vicini per poterla scorgere, due uomini a cavallo stavano severi e composti, a guardia e tutela di quelle giovani donne. Il più anziano dei due era un uomo sulla quarantina, dall’aria gioviale e dall’espressione serena. Portava sul corpetto le insegne del re e i gradi di capitano. L’altro era un giovane nel fiore degli anni, dai capelli scuri e dai bei lineamenti. Contrariamente ad ogni logica, egli era, tra i due cavalieri, colui che mostrava di annoiarsi meno nell’adempimento di quel monotono compito. Il suo sguardo era perso nello spettacolo che si svolgeva di fronte a loro, come se stesse seguendo una magica visione, e non sembrava affatto stanco di dover restare lì, in quell’atteggiamento saldo e fiero, a guardare a distanza una gioia che non gli apparteneva.
Di tanto in tanto, i due uomini si scambiavano qualche parola.


“Milo Bajard… è questo il vostro nome, soldato?”, chiese d’un tratto il capitano

“Sì, signore”

“Bajard… il vostro cognome non appartiene a nessuna delle nobili famiglie di cui io abbia memoria”

“No, signore”

L’uomo fissò il giovane con malcelata sorpresa.

“Eppure siete stato armato cavaliere. Sono incuriosito, Bajard… ditemi di più”.

Milo non ebbe nemmeno un’esitazione. Non si voltò nemmeno verso il suo capitano, ma lasciò i suoi occhi fissi sul consesso delle giovani che danzavano sul prato come ninfe. Ormai era così avvezzo a raccontare quella storia a tutti coloro che domandavano, che ormai non aveva quasi più bisogno di riflettere. Forse, gli capitava di pensare talvolta con un misto di sollievo e di timore, forse un giorno sarebbe persino arrivato a creder che quella menzogna fosse la realtà.

“Il signore di Monwell, al cui servizio sono rimasto fino alla sua morte, ha inteso ricompensarmi per il servizio prestatogli in battaglia. E’ stata sua signoria ad armarmi cavaliere, e la sua generosità ha pagato la mia armatura e la mia cavalcatura”.

Momentaneamente soddisfatto da quella risposta, l’uomo tacque, e per alcuni minuti il silenzio tra loro fu rotto soltanto dall’eco della musica e delle risate.

“Il sole si appresta a tramontare, Bajard”, esclamò infine il capitano, con maggiore affabilità e tuttavia senza perdere la propria compostezza “Tra poco sarà giunta l’ora di scortare nuovamente la principessa Mariel e le sue dame al castello”.

Il giovane si limitò ad annuire. Il suo sguardo, a quelle parole, si era poggiato sulla figura danzante della principessa.

“Siete libero questa sera, cavaliere”, continuò l’uomo, fissando l’altro con curiosa attenzione “Volete unirvi a noi e venire alla locanda, giù, al villaggio?”

Milo ebbe un lieve sobbalzo. I suoi occhi verdi tornarono a fissare il suo superiore, con una nota di sorpresa e insieme di preoccupazione. Era scortese rifiutare un simile invito, e tuttavia non si sentiva dell’umore adatto per seguire i suoi compagni e far baldoria.

“Con il vostro permesso, signore… preferirei riposare”

Il capitano tacque un istante, e Milo già si stava preparando all’incombente minaccia della sua indignazione, quando all’orecchio gli giunse una sommessa risata.

“Per l’amor del cielo, Milo! Se continuerete a condurvi così, i vostri compagni cominceranno a pensare che mal sopportate il vino o che non vi piacciano le donne!”

Il ragazzo, per un istante, parve perdere la sua compostezza, come imbarazzato nel tentativo di trovare le giuste parole per giustificarsi.

“No, capitano… io… oh, le donne mi piacciono, mi piacciono eccome! Solo che…”

Ma la sua voce si spense, mentre le ciglia si chinavano a nascondere il suo sguardo, per timore che potesse tradirlo agli occhi dell’altro. Ma il capitano, dopo averlo scrutato per un istante, aveva rivolto altrove la vista, con l’aria soddisfatta di un uomo che ha tutto compreso.

“Ah, adesso è tutto chiaro, figliolo… avete un’innamorata, non è così?”

Milo chinò leggermente il capo.

“Sì, signore”

Il capitano ridacchiò con aria trionfante, quindi la sua espressione si fece condiscendente, quasi paterna. In fondo quel giovane gli aveva sempre fatto una grande simpatia, fin dal suo arrivo a corte.

“E la vostra signora dove si trova, adesso? E’ del vostro stesso luogo di nascita, o è straniera?”

Milo lasciò scivolare lo sguardo sui capelli di Mariel, e seguì per tutta la sua lunghezza un nastro che si era allentato nel vento .

“E’ straniera”, rispose, con una nota di malinconica dolcezza nella voce.

“Ed è per questa donna lontana che vi siete fatto venire il mal d’amore?”, esclamò il capitano allegro, assestandogli una pacca sulla spalla “Date retta a me, figliolo… nel vino e nella compagnia dimenticherete i vostri affanni!”

Poi si accorse della serietà sul viso del giovane e di una increspatura di dolore attorno alle sue labbra, un dolore sottile che gli impediva perfino di ridere alle facezie del suo superiore.

“La vostra signora è bella?”, chiese infine con tono più comprensivo.

Milo sorrise, mentre i suoi occhi ormai non riuscivano più ad allonarsi dall'immagine di lei.

“Bella come la luce dell’ultimo giorno d’inverno quando si fonde ai colori trionfanti del primo giorno di primavera… bella come il respiro del vento, e bella come l’abbraccio del sole!”

Il capitano scosse la testa, con la saggezza di chi ha già conosciuto la follia dell’amore.

“Restate nei vostri alloggi stasera, cavaliere… fareste torto alle ragazze della locanda, se le obbligaste a confrontarsi con una simile donna!”
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"

Ultima modifica di Morrigan : 02-09-2010 alle ore 23.32.32.
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