Discussione: La nostalgia.
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Vecchio 19-09-2010, 16.19.31   #18
Luxor
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Luxor ha un'aura spettacolareLuxor ha un'aura spettacolare
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Originalmente inviato da Hastatus77 Visualizza messaggio

Concordo di più con questa affermazione... anche se non saprei ben definire queste forze esterne... (forse a volte si chiama sfortuna, altre volte fortuna... ecc... ecc...)

Su questo sono d'accordissimo ed infatti scrittori medioevali,come Dante e Boccaccio,e rinascimentali,come Machiavelli,parlano proprio di "Fortuna" intesa come forza che governa l'agire umano. Dante,nella sua Commedia,definisce la fortuna come ministra da Dio preposta alla cura delle sorti umane,respingendo la visione che ne avevano gli antichi come di una divinità capricciosa che agisce in base alle leggi della casaulità. Dante confuta questa teoria e l'associa alla Provvidenza,il cui operato,se non meno oscuro,appare dettato da un pià alto ordine cosmico,dal volere di Dio.

Divina Commedia - Inferno - Canto VII (versi 67 -96) [tratto da Wikipedia]

"Maestro mio", diss'io, "or mi dì anche:
questa fortuna di che tu mi tocche,
che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?". 69

E quelli a me: "Oh creature sciocche,
quanta ignoranza è quella che v'offende!
Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche. 72

Colui lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce
sì, ch'ogne parte ad ogne parte splende, 75

distribuendo igualmente la luce.
Similemente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce 78

che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d'uno in altro sangue,
oltre la difension d'i senni umani; 81

per ch'una gente impera e l'altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l'angue. 84

Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede, giudica, e persegue
suo regno come il loro li altri dèi. 87

Le sue permutazion non hanno triegue:
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue. 90

Quest'è colei ch'è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce;
93

ma ella s'è beata e ciò non ode:
con l'altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.
96

Dante qui afferma proprio il concetto di Fortuna : la Fortuna agisce senza che gli uomini possano ostacolare o impedire o mutare la sua azione,e senza neppure poterla prevedere.

Boccaccio,invece,fa della fortuna,insieme all'amore,una forza che muove il mondo del Decameron (sua opera principale). Ritorna la concezione antica della fortuna vista come una forza capricciosa e imprevedibile. Ma qui siamo in un contesto mercantile (la vita dei mercanti è sottoposta continuamente all'imprevisto,che può favorire un'iniziativa o portarla al fallimento) per cui Boccaccio l'interpreta come un complesso accidentale di forze,non più regolato da una volontà superiore. Nasce quindi l'idea "laica" della Fortuna,senza dimenticare o accantonare la figura di Dio. E' il risultato dell'insieme di forze e di agenti (naturali e sociali) e può essere avversa o favorevole,può contrastare o assecondare l'agire umano.

Lo stesso concetto di Fortuna boccaccesca viene ripresa da Machiavelli,ma siamo in età rinascimentale,per cui l'autore eredita la convinzione che l'uomo può fronteggiare vittoriosamente la fortuna. Egli ritiene che essa sia arbitra solo della metà delle cose umane,e lasci regolare l'altra metà agli uomini. Inoltre vi sono per Machiavelli vari modi in cui l'uomo può contrapporsi con felice esito alla fortuna. Può costituire "l'occasione" del suo agire,la "materia" su cui egli può imprimere la "forma" da lui voluta. (fonte : Dal testo alla storia Dalla storia al testo vol. B edizione verde) Ma l'occasione può anche essere una condizione negativa,che serve di stimolo ad una virtù eccezionale.

Guicciardini invece scrive della Fortuna nella sua opera "I Ricordi" :
"Chi considera bene,non può negare che nelle cose umane la fortuna ha grandissima potestà,perchè si vede che a ognora ricevono grandissimi moti da accidenti fortuiti,e che non è in potestà degli uomini nè a prevedergli nè a schifargli : e benchè lo accorgimento e sollicitudine degli uomini possa moderare molte cose,nondimeno sola non basta,ma gli bisogna ancora la buona fortuna." (fonte : op. cit. supra)

Guicciardini insomma attribuisce alla Fortuna una grandissima potestà,ovvero il peso maggiore e decisivo nel determinare l'esito degli eventi. Si spezza il legame con Machiavelli,che riteneva l'uomo capace di fronteggire la fortuna,a favore di una concezione della realtà come campo degli "accidenti fortuiti",dell'imprevisto e del casuale,che l'uomo difficilmente riesce a fronteggiare. (fonte : op. cit. supra)
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"sì ch'io fui sesto tra cotanto senno" [Dante Alighieri - Inferno - Canto IV]
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