ARDEA DE' TADDEI
"Figlio di re, bisogna dunque che ci separiamo.
Ma prima voglio che sappiate, voi ch'io ho allevato,
che non sono vostra madre e che voi non siete mio figlio.
Il vostro lignaggio è tra i migliori del mondo e voi conoscerete
un giorno il nome dei vostri genitori."
(I Romanzi della Tavola Rotonda, Gli Amori di Lancillotto del Lago, Gli Adii)
Ardea restò qualche istante in silenzio.
Aveva il fiato rotto per la fatica e sentiva le braccia e la gambe doloranti.
Fissava la finestra dalla quale penetrava il vigore dei raggi solari.
Poi, dopo alcuni istanti, rivolse uno sguardo al suo avversario.
Questi lo fissava con una singolare espressione.
Un lieve e caldo sorriso era accennato sull’anziano volto di Memmone.
Le rughe che circondavano i suoi penetranti occhi chiari sembravano aver allentato quella morsa che rendeva l’espressione del vecchio uomo austera e severa.
Una luminosa serenità, mista a soddisfazione, illuminava il suo sguardo.
Il vigore di Ardea sembrava aver destato quell’uomo dal suo essere costantemente crucciato e schivo.
“Credo che per la fatica” cominciò a dire Ardea, mentre aiutava il suo avversario a rialzarsi “ci siamo guadagnati un’abbondante colazione. Non credete anche voi?”
“Il fragrante e caldo sapore di una dolce focaccia” rispose divertito Mammone “sarà la giusta ricompensa al nostro sudore!”
I due così mangiarono con gusto il meritato pasto, per poi uscire a camminare nel bosco.
Per un po’ si abbandonarono ai suoni, ai colori ed ai profumi del bosco senza scambiarsi alcuna parola.
Poi, come ridestatosi dai suoi pensieri, Ardea esordì:
“Prima parlavate delle mie Questioni come se le conosceste molto bene.”
Mammone non rispose nulla e continuò a d assaporare il caldo tepore del bosco.
“Chi siete in realtà?” Chiese ancora Ardea.
“La vita, ragazzo mio, altro non è che una serie di incontri.” Rispose Mammone palesando una profonda serenità. “Vi ho trovato in quel bosco come avrebbe potuto trovarvi chiunque altro fosse passato, quel giorno, da quelle parti.”
“Vivete qui da tempo” chiese Ardea “e non avete mai incontrato quel violento cavaliere?”
“Ho imparato a stare alla larga dalla cieca furia degli uomini.”
“Govarola quindi non vi ha mai incontrato?” Chiese Ardea.
“Il bosco è grande, molto più di quanto voi possiate immaginare.” Rispose Memmone. “In esso si cela il naturale ed il soprannaturale. Il finito e l’infinito. Proprio come nell’animo umano.”
“Io in verità non comprendo...” cominciò a dire Ardea.
“Voi avete ben altro da cercare e trovare, ragazzo mio.” Lo interruppe Memmone. “E stare qui a domandarvi di un povero vecchio non fa altro che ritardare il vostro viaggio.”
“Sembrate conoscere bene il mio viaggio.” Disse Ardea.
“In fondo...” rispose Memmone “... ogni uomo compie il medesimo viaggio. Un viaggio diretto verso un’unica meta...”
“Quale meta?” Chiese Ardea.
“La ricerca di noi stessi.” Rispose Memmone.
“Il mio viaggio invece è volto solo a cancellare le mie colpe.” Disse Ardea. “Ma dubito che questo sia possibile.”
“Ogni uomo pecca.” Rispose Memmone “Tanto il giusto, quanto lo stolto. E’ nella natura umana.”
“Credo che la felicità, per queste mie colpe, mi sarà sempre negata.” Disse amaramente Ardea.
“La felicità è lo scopo di ogni uomo.” Sentenziò Memmone. “Amare ed essere amati. Questa è la vera felicità.”
“Non ho più nessuno che possa amare e dal quale pretendere di essere amato.”
“Allora” rispose secco Memmone “siete già morto, amico mio.”
Ardea lo fissò.
“E voi quindi?” Rispose di getto. “Solo in questo bosco, siete anche voi come morto?”
“Ogni uomo ha la sua storia.” Rispose Memmone.
“E qual è la vostra?” Chiese Ardea.
“Ebbi un figlio, molto tempo fa.” Rispose Memmone. “Tanto di quel tempo che fa, che spesso mi domando se sia davvero mai esistito quel dolce figlio.”
“E dov’è ora?”
“Partì per un lungo viaggio.”
“Dove?” Chiese Ardea. “In Terrasanta?”
“Forse.” Rispose Memmone.
Poi aggiunse:
“In fondo ogni viaggio è simile a tutti gli altri viaggi. La destinazione è inutile.”
“Inutile?” Ripeté stupito Ardea.
“Si, amico mio.” Rispose Memmone. “Non conta cosa troveremo alla fine del viaggio. Ma ciò che saremo diventati noi nell’arrivarci.”
Giunsero allora presso un piccolo ruscello, che scorreva limpido dai colli vicini.
L’acqua era trasparente e limpida ed attraverso di essa si potevano scorgere i ciottoli consumati sul fondo del ruscello.
Ardea mise entrambe le mani in quelle chiare, fresche e rigeneranti acque.
Si lavò il viso e respirò forte.
“Torniamo alla capanna, amico mio.” Disse Memmone. “Dovete prepararvi per riprendere il viaggio.”
E per un’infinitesimale istante, Ardea avvertì una profonda inquietudine.
Quel bosco appariva come un luogo idilliaco, dove il giovane cavaliere aveva ritrovato una serenità smarrita da tempo.
Ma quelle parole di Memmone ridestarono Ardea, come a volerlo strappare da un sogno per mostrargli la cruda realtà.
E la realtà era scandita dalle altre Questioni che erano rimaste.
Ed attorno ad esse ruotavano il destino e la salvezza di Ardea.
(Continua...)