ARDEA DE' TADDEI
"Non lodarti del tuo valore, poichè troveresti
un giusto gioco per la tua superbia.
Non vantarti per le tue imprese, perchè le hai
conseguite solo per un antico diritto.
Sii dunque umile e sarai cavaliere."
(Antica canzone)
Il cavaliere seguì le indicazioni dategli da Memmone e non deviò mai il suo cammino.
Percorse il lungo sentiero, che sembrava scorrere in seno al bosco come fosse una arteria della sua linfa vitale, fino a quando avvistò da lontano le mura di Casorre.
Il bosco allora sembrò finalmente allentare il suo lussureggiante abbraccio e si aprì su una vasta e verdeggiante campagna.
Al centro di questa, come detto, sorgeva la vasta contrada di Casorre.
Ardea nel vederla si abbandonò ad un sospiro di liberazione, ma non poté evitare di voltarsi indietro verso il bosco, interrogandosi ancora sugli arcani fatti che aveva vissuto.
Poi, spronando l’agile Arante, galoppò rapido e deciso fino alla contrada.
Appena vi fu giunto, una folla di curiosi gli si fece innanzi.
Lo guardavano con stupore misto ad ammirazione.
Si chiedevano sull’identità di quel misterioso cavaliere e da dove fosse mai giunto.
Ad un tratto gli si avvicinò un anziano e cortese uomo.
Era vestito con gusto, anche se i suoi abiti non tradivano un eccessivo sfarzo.
Il portamento era aggraziato e gentile ed i suoi modi palesavano il rango senza dubbio di alto lignaggio.
“Vi porgiamo il nostro benvenuto a Casorre, cavaliere.” Esordì. “Questa contrada è sotto il dominio di Dio e della protezione di sua signoria il duca d’Altavilla. Ed io ne sono il potestà.”
Ardea rispose chinando cortesemente il capo.
“Gli stranieri sono sempre benvenuti in questa terra” continuò a dire l’anziano uomo “e quindi ciò che è nostro è anche vostro, milord. Ma permettetemi di domandarvi in che modo siete riuscito a giungere in questa nostra isolata contrada.”
“Attraverso il bosco.” Rispose Ardea.
“Impossibile!” Esclamò il potestà. “La via che conduce qui attraverso il folto bosco è sotto il dominio di un feroce quanto invincibile cavaliere! Egli tiene in scacco Casorre, impedendo a chiunque di entrare ed uscire senza aver prima combattuto contro di lui!”
“Parlate di certo del cavaliere conosciuto come Govarola.” Disse Ardea.
Tra tutti i presenti sorse un confuso ed intenso mormorio.
“Infatti!” Rispose il podestà. “Come fate a conoscerlo?”
“Lo conosco perché l’ho veduto, eccellenza.”
“Impossibile!” Esclamò il podestà. “Nessuno può incontrarlo senza doverlo poi affrontare!”
“Ed infatti” disse Ardea “io l’ho sfidato.”
Il mormorio allora diventò un insieme di voci irregolari e stupite per le parole di quel cavaliere.
“Govarola è un demonio!” Disse il podestà. “Nessuno è mai riuscito a batterlo in singolar tenzone!”
“Govarola non era un demonio” ribatté Ardea “più di quanto non sia stato un cavaliere. Egli era un brigante, un vile, tanto sgradevole nell’aspetto quanto poteva esserlo nell’animo. Ma in fondo era solo un uomo. E come tutti gli uomini era di mortale natura.”
“Dite quindi, milord, che l’avete sconfitto?” Chiese il podestà.
“Mandate alcuni uomini all’inizio del territorio di Casorre, dove il marrano amava sfidare i suoi avversari. Lì troverete la prova di ciò che dico.”
“Non c’è bisogno, milord.” Disse il podestà. “Trovammo già il corpo di quel furfante, anche se non sapevamo chi l’avesse sconfitto. Molti potevano vantarsi di tale impresa. Perdonate le mie domande, ma erano dettate dalla volontà di sapere se voi foste davvero colui che uccise il malvagio Govarola.”
“Dunque trovaste il suo corpo senza vita nel bosco?” Chiese Ardea.
“Si, milord.” Rispose il podestà. “E morto quel marrano, i suoi servi si diedero alla fuga.”
“E non giunse qui uno scudiero?” Chiese Ardea.
“Si” rispose una voce alle sue spalle “e ho atteso qui il tuo ritorno, senza perdere mai la speranza di rivederti vivo!”
Ardea si voltò di scatto e riconobbe il fedele Biago.
I due allora si abbracciarono e si salutarono.
“Passarono delle ore e tu non ritornasti dalla selva.” Cominciò a raccontare Biago. “Allora cercai di raggiungerti. Trovai il corpo di Govarola sena vita, ma di te nemmeno l’ombra. Giunsi allora qui a cercare aiuto. Raccontai tutto, di te e della missione in nome del duca. Sentivo che eri vivo e decisi di attendere qui il tuo ritorno.”
“Grazie, amico mio.” Disse Ardea.
Tutta Casorre allora fece festa.
Una festa attesa da anni e che ora poteva cominciare, poiché l’ospite d’onore, il cavaliere che l’aveva liberata da quel crudele giogo, era finalmente giunto.
La festa durò fino all’alba e dopo un breve riposo, Ardea e Biago, ripresero il loro cammino.
Non prima però di incaricare il podestà di suddividere le ricchezze di Govarola ed inviare alle Cinque Vie il tributo destinato al duca.
Tutti lodarono la nobiltà e la lealtà di quel cavaliere, ringraziando il Cielo per averlo inviato a liberarli.
Ed il suo ricordo fu sempre vivo in quella contrada.
(Continua...)