Morven bevve fino l'ultima goccia del grande boccale di birra e lo posò di fronte a sè.
Dovette ammettere in quell'istante, e con un pizzico di disappunto, che la vista gli si era annebbiata.
Fu allora che il ragazzo fu obbligato a rammentare a se stesso che non era da molto che conosceva la libertà.
Prima, nel luogo da cui era venuto, non gli era concesso nulla, ed egli aveva vissuto per anni alimentando sempre più le mille curiosità adolescenziali... l'avventura, il rischio, il vino, l'amore... non era poi tanto che conosceva la libertà, e a tratti gli sembrava che avrebbe finito per farne indigestione, perchè da quando si era allontanato dal luogo in cui viveva, in quel breve tempo stava sperimentando tutte le sue curiosità una alla volta!
Si alzò in piedi, e per un istante la stanza parve roteare attorno a lui, confondendo in una giostra visi, colori sfuggenti, urla e risate. Morven restò un istante immobile, alla ricerca del suo equilibrio. Era davvero un po' brillo, e gli venne l'istinto di ridere, di piangere e di ridere allo stesso tempo!
Doveva tornare al più presto nel palazzo del principe! Lì si sarebbe gettato sul suo giaciglio e avrebbe dormito quelle poche ore che lo separavano dall'alba, il tempo necessario per non arrivare troppo disfatto all'adunata ordinata dal capitano Belven. Così, con quella decisione a guidare i suoi passi, Morven uscì nel fresco di quella notte che già si accendeva del pizzicorio brulicante dell'aria del mattino.
Quell'alito di fresco gli diede insieme un brivido e una scossa, dopo l'aria chiusa e pesante della locanda, e questo per un istante gli diede sollievo. Si avviò, e mentre stava per attraversare lo spiazzo antistante la locanda, sentì di nuovo quel suono che ormai stava diventando familiare al suo orecchio. Trattenne il suo andare, seguì le note con lo sguardo. Non potevano esserci dubbi. Era lui che suonava ad occhi chiusi, totalmente assorto, appoggiato ad un muretto. Non gli vedeva il viso, ma nell'ombra ne riconosceva perfettamente la sagoma.
Lo fissò per un istante, chè gli ritornarono alla mente la scena del bosco, il gesto delicato rivolto alla ragazzina, e poi insieme tutte quelle contrastanti affermazioni di indifferenza e scherno che quell'uomo andava sbandierando. Come già gli era accaduto in precedenza, provò rabbia nei confronti di Guisgard e del suo irrazionale comportamento.
Decise che avrebbe tirato dritto, che gli sarebbe passato davanti senza nemmeno indirizzargli un saluto... In fondo, pensò, io gli ho già detto tutto il mio pensiero fino a tediarlo... non è a me che tocca discorrere oltre su simili argomenti! Quando si ricrederà sui compiti che competono ad un cavaliere, di certo saprà dove trovarmi!
E così passò davanti al cavaliere fingendo di non vederlo, ostinatamente puntando gli occhi verso il palazzo del principe che si stagliava al di sopra dell'ombra delle case.
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"
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