Cittadino di Camelot
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Morven restò a lungo in silenzio, ad ascoltare.
Si era lasciato cadere su una pelle e aveva appoggiato la schiena contro una delle colonne che, decorando la parete, delimitavano la bocca del grande camino, dentro il quale il fuoco affettuoso danzava, riscaldando la stanza e avvolgendo con la sua luce i due uomini. In una mano reggeva una tazza, quasi con negligenza, appoggiando il braccio al ginocchio che aveva piegato verso il petto. L'altra gamba, quella ferita, l'aveva lasciata invece distesa e rilassata, nel tentativo di far scomparire definitivamente il dolore in quell'abbandono e nel riposo di quella notte che si stendeva davanti a loro.
Notte lucente, come lo è ogni notte di rivelazione... lunga notte, e felice, come tutte le notti in cui due spiriti, per le indiscutibilli decisioni del fato e per le perfette combinazioni del cosmo, si incontrano, e ad un tratto, senza un'apparente ragione, iniziano a dialogare...
Ascoltò avidamente la storia di quel cavaliere.
Quando questi giunse a narrargli della moglie, Morven iniziò a scrutarlo con particolare interesse. Il giovane non aveva mai provato, fino a quel momento, nè le gioie nè i dolori dell'Amore vero.
L'Amore era per lui un concetto vago... un desiderio inappagato, il sogno di qualcosa da cercare e da trovare, il tratto sfocato di un volto, il sapore sfuggente di un frutto che non aveva ancora avuto il tempo di gustare nel modo giusto... l'Amore, quello che lui conosceva, era solo quello cantato dai menestrelli e dai poeti nella grande sala del palazzo di suo padre... un Amore fatto in rima per i sogni delle dame e le vanterie dei cavalieri... altro Morven non conosceva!
E d'improvviso, al ricordo di quella sala, e delle feste, e dei cantori, il giovane si fece d'un tratto immensamente triste. I suoi occhi si velarono di malinconia e le sue ciglia si abbassarono a celare quello sguardo. Fissò ostinatamente il contenuto della tazza, e solo dopo un lungo tratto, si accorse che la stanza era avvolta nel silenzio e Louis de Orfard aveva terminato la sua storia.
Sollevò di nuovo il viso, a guardarlo. Il vecchio fissava il fuoco, e aveva negli occhi un'espressione persa, lontana, come se se stesse seguendo una scena, una voce, un ricordo.
Morven lo fissò con ancor più attenzione... sì, in quegli occhi c'era la forma e il colore di lei, di quella donna tanto amata e tanto rimpianta... è questa la vera essenza dell'Amore?
In quel momento desiderò trovare qualche parola di conforto per quell'uomo, ma per quanto cercasse dentro di sè, non riusciva a trovarne alcuna. Erano entrambi due animi appesantiti da un ricordo del passato, e sebbene la radice della loro malinconia fosse profondamente diversa, tuttavia quel dolore era lo stesso. Quel dolore, quella notte, li univa e li rendeva fratelli, al di là delle evidenti differenze di origine, di anni, di esperienza, di vita.
E così Morven, comprendendo che non avrebbe potuto dir nulla che non fosse meno che banale su un argomento che non conosceva affatto, pensò che più giusto sarebbe stato, in quel momento, condividere con quell'uomo uno dei suoi segreti.
"Quell'oggetto che lavorate ... " iniziò a dire, con voce titubante, chiedendosi ancora se fosse o meno il caso di confidare a qualcuno quel pensiero che aveva giurato a se stesso di mantenere segreto " ... vi prego di perdonarmi, se mai nella mia espressione potrete mai trovare offesa a voi o al ricordo di vostra moglie... ma... quell'oggetto... io non ne conosco il motivo nè ritengo che le mie parole abbiano senso alcuno per un orecchio mortale... ma io l'ho già veduto!"
Prese fiato, si fermò un attimo a scurtare il viso dell'uomo, timoroso di un'avversa reazione a quel suo bizzarro discorso. Ma vedendo che questi non lo aveva interrotto, e piuttosto aveva volto i suoi occhi verso di lui e lo fissava attento, Morven si fece coraggio e continuò:
"Ciò che ho visto sulla vostra incudine non è che la sagoma informe di ciò che ho veduto, eppure al primo sguardo qualcosa risuonò nella mia testa... un'immagine familiare, di qualcosa che già si conosce... sempre che possa essere accettabile l'idea di conoscere qualcosa che si è visto solamente..." e qui esitò di nuovo "... che si è visto solamente nei propri sogni!"
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"
Ultima modifica di Morrigan : 29-10-2010 alle ore 01.04.42.
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