Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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I Ludi Eroici, superbe celebrazioni in omaggio al prossimo Natale ed al Capodanno.
Le mie terre sono in festa e ad ogni angolo di strada vi è qualche cantastorie che per una moneta vi narrerà una storia da molti dimenticata...
Un giorno giunse nel ducato uno dei capitani del duca, chiamato per risolvere alcune questioni riguardo ad un suo prossimo incarico nelle selvagge terre dell’Est.
Venne a stare con sua moglie e la loro giovane figlioletta in una delle tenute private del duca.
E quando vidi quella ragazzina, ricordo, restai abbagliato.
Aveva i capelli color del Sole, la pelle bianchissima e appena addolcita da un tenere alone rosato, mentre gli occhi erano come il cielo terso di una giornata di Primavera.
E proprio la Primavera credetti d’aver visto quando mi appari la prima volta con sua madre in chiesa.
Parlai con lei, finalmente, alcuni giorni dopo, quando si tenne nel palazzo ducale di mio zio un bacchetto per tutta l’aristocrazia.
Ricordo ancora oggi la sua voce e l’espressione che aveva il suo viso.
E ricordo benissimo anche quel gesto che soleva fare, quasi senza badarci, quando cominciava a giocare con una ciocca dei suoi capelli attorcigliandosela attorno ad un dito.
Passavamo tutti i pomeriggi insieme, a correre, giocare e sognare per la verdeggiante campagna del feudo di mio zio.
Le risate, le grida, i salti e tutti quei giochi che da soli bastano a dei fanciulli per farli credere i padroni del mondo.
E così ci credevamo noi due.
Come quel giorno, quando scimmiottammo comportamenti e pose da re e regina.
Le misi sulle spalle un vecchio drappo turchese ed una corona di gerani fra i suoi biondissimi capelli.
“Il mio strascico, messere!” Esclamò lei.
Io presi il bordo di quel suo fantasioso mantello e cominciai a tirarlo.
“Non crederai davvero di essere una regina?” Feci io ironicamente.
Lei allora mi lanciò in testa quel drappo e scappò via.
Io la inseguii, deciso a darle una lezione e quando la raggiunsi finimmo entrambi all’ombra di una quercia, uno sopra l’altra.
Ridemmo forte, poi all’improvviso i nostri occhi si incontrarono.
Ci fu silenzio.
Poi la baciai.
Era la prima volta che davo un bacio ad una ragazzina.
Lei mi fissò e scappò via.
Ci rivedemmo il giorno seguente, ma non accennammo mai a quell’episodio, fingendo che non fosse mai accaduto.
Qualche giorno dopo suo padre partì e lei dovette seguirlo.
Non la rividi più.
Fino a quella mattina, almeno.
Io attraversavo col mio cavallo una radura, quando seduta ai piedi di un albero vi era una dama.
Lei, nel vedermi, mi corso incontro.
“Che fortuna, incontrare un cavaliere!” Esclamò lei. “Mi occorre aiuto. Aiuto che, voglio sperare, non mi negherete, messere!”
“In cosa posso servirvi, milady?”
“Mi accompagnereste al Torrione sulla costa?” Chiese lei. “Non è lontano da qui.”
“Salite in groppa al mio destriero e vi ci condurrò con gioia.” Risposi io.
“Siete campione di cavalleria e cortesia, vedo, ma anche di sbadataggine…” disse sorridendo “… non mi avete riconosciuta?”
La fissai incuriosito per qualche istante, fino a quando riconobbi qualcosa in quel suo viso.
Era lei, la figlia del capitano di mio zio.
Erano passati diversi anni, ma non aveva smarrito la sua bellezza.
La condussi quindi dove mi aveva chiesto e per la strada ricordammo i tempi della nostra fanciullezza al castello ducale.
Non era cambiata.
Continuava anche a fare quel gesto di giocare con i suoi capelli, proprio come allora.
Giungemmo presso la costa e lei chiese di vedere il mare.
E quando fummo sulla spiaggia, cominciò a bagnarsi i piedi e correre tra la schiuma delle onde che si spegnevano sull’umida sabbia.
Nel frattempo la sera ci colse all’improvviso e trascorremmo la notte in una vecchia barca abbandonata, arenata sulla spiaggia.
Lei cadde subito addormentata ed io passai la notte a fissarla mentre dormiva, chiedendomi cosa stesse sognando.
Mi addormentai poco prima dell’alba e quando mi risvegliai lei non c’era più.
Anche la foschia era svanita e sulla costa ora era possibile vedere il Torrione.
Pensando che fosse andata li, raggiunsi quel luogo.
Ma sembrava deserto.
Girai intorno e vidi che tra le siepi e i salici vi era una lapide.
Accanto vi era una vecchia che recitava alcune preghiere.
Mi avvicinai per chiederle se avesse visto quella ragazza, ma il mio sguardo cadde su quella lapide e sul nome che c’era inciso su di essa.
Era proprio il suo.
Quella ragazza era morta anni prima, poco dopo essere ripartita con suo padre dal castello di mio zio.
Avrei voluto chiedere notizie a quella vecchia, ma all’improvviso tutto mi sembrò superfluo.
Mi chinai sulla lapide e la baciai.
E mi accorsi che un fiore, un unico fiore, era cresciuto tra l’erba davanti alla lapide.
Lo raccolsi e lo portai via con me.
Io, naturalmente sono sir Guisgard di Camelot e quel fiore era la mia magica margherita.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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