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Vecchio 25-02-2011, 04.10.26   #1204
Morrigan
Cittadino di Camelot
 
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Morrigan ha un'aura spettacolareMorrigan ha un'aura spettacolare
“C'era un grillo in un campo di lino
la formicuzza gli chiese un mazzolino…”


La luce era asfissiante, copriva ogni cosa. Morven non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti. E c’era freddo, nonostante quel sole insistente. Forse perché non aveva più la sua armatura. Già… la sua armatura… perché non aveva più la sua armatura? Non lo ricordava più. Le nuvole passavano rapide sopra il suo corpo…

“Disse il grillo: Cosa ne vuoi fare?
Calze e camice, mi voglio maritare..."

E poi c’era quella canzone, che risuonava ossessiva intorno a lui…

“Poi la sera nel prendere l'anello
cadde il grillo e si ruppe il cervello.

La formicuzza dal grande dolore
prese uno spillino e si trafisse il cuore…”


Avrebbe soltanto voluto che quella canzone finisse. Era così triste! Non ci pensava, quando era bambino, ma a risentirla adesso gli sembrava così triste… smettetela, smettetela…

“Prese uno spillino e si trafisse il cuore…”
“Smettila, ti prego”

Tese una mano ad afferrare l’aria. Non c’era nessuno accanto a lui, eppure quella voce lo circondava, andava e veniva, accarezzando lo spazio attorno a lui.

“Coraggio, Morven! Resistete! Resistete per l’amor del cielo!”

A quelle parole spalancò gli occhi… di chi erano quegli occhi, quei capelli? Di chi era quella voce? Sembrava tutto così confuso, perso in una nebbia dorata e scintillante, che galleggiava come pulviscolo davanti ai suoi occhi, che si sollevava come incenso profumato avvolgendosi nell’aria… sì, incenso… c’è odore di incenso e di fiori… i capelli di lei profumavano di fiori… o forse era il profumo di quel prato verde nel rigoglio della primavera…
… Morven si puntellò con le mani e quasi a fatica si mise a sedere. Il sole folgorava gli occhi e inondava la terra piena di fiori. Sbattè le palpebre per schiarirsi la vista. La filastrocca cantilenata stancamente, con voce infantile, continuava a galleggiare nell’aria.

“Prese uno spillino e si trafisse il cuore…”

Lei era seduta sull’erba, poco distante. Le ampie gonne si erano aperte disordinatamente, i capelli erano stretti in nastri colorati. Cantava e raccoglieva fiori, e sembrava non vederlo.

“Zulora…” mormorò.

I suoi occhi, vedendola, quasi si inumidirono per la commozione, perché in quel momento di dolore e confusione lei era la persona che più di tutte avrebbe voluto riabbracciare.

Lei si voltò sentendosi chiamare, e lo fissò con uno sguardo sorpreso.

“Come conoscete il mio nome, cavaliere?”

Morven ebbe un sobbalzo, un profondo moto di triste stupore.

“Ma… come? Zulora… io…”
“Ah…” sorrise lei, ignorando la sua reazione “forse venite dal ducato di Cassis… sapete, quando vivevo laggiù tutti conoscevano il mio nome”

Lui la guardo con cupo dolore.

“Sorellina mia…” mormorò, ma le parole gli morirono nella gola.

Non stava scherzando, la conosceva bene. Quella fanciulla non dava segno di riconoscerlo. Era sua sorella, ne era certo, come era certo di essere se stesso, ma non lo riconosceva. Continuava a canticchiare quella filastrocca da bambini e non sembrava far caso a lui.

“Perché, cosa è cambiato?”

Lo chiese dopo un lungo silenzio, decidendosi infine ad assecondarla, qualunque fosse il motivo del suo strano comportamento.

Lei sollevò le lunghe ciglia nere.

“Adesso mi hanno dimenticato”

Restarono di nuovo in silenzio. Morven la spiava sottecchi, mentre la pena gli cresceva nel cuore.

“Milady…” azzardò dopo qualche istante “milady… non rammentate il mio volto?”

Zulora si fermò, lo osservò per qualche istante.

“Io… credo… ma non sono sicura…” esitò, portandosi un dito alle labbra “… siete forse uno degli uomini di mio padre?”
“Vostro padre è il duca Armenio di Cassis?” chiese, sperando che quel nome potesse risvegliare in lei qualche ricordo.

Lei annuì e raccolse un fiore.

“Sì… avrei voluto invitarlo al mio matrimonio, ma purtroppo non è potuto venire… voi ne conoscete il motivo, signore?”

Morven rabbrividì.

“Il motivo?”
“Sì, il motivo” rispose lei con candore “Se siete uno dei suoi uomini, forse sapete perché non è venuto alle mie nozze”
“Milady, vostro padre è… morto”

Ma anche allora lei parve non vedere e non sentire lo sconvolgimento che lo agitava, nè comprendere il peso delle sue parole.

“Avevo anche un fratello una volta, però mi ha abbandonata…”
“Abbandonata… ma no, Zulora! No!”, e tese la mano, cercando di afferrarla.
“Deve essere stato in aprile… aprile è un mese così triste… volevo dargli un mazzo di fiori, ma credo che lui sia morto adesso”
“Morto?”
“Deve essere morto, sì… o non mi avrebbe lasciata piangere per così tanto tempo… lui diceva di amarmi! Si raccomandava sempre di non correre troppo con il cavallo… era sempre premuroso con me… diceva sempre…”
“Che non aveva abbastanza occhi”
“Già… chissà se si sentirà solo a dormire nella terra fredda…"

A quelle parole, il dolore nel suo cuore crebbe fino quasi ad essere insopportabile. Risaliva lungo la schiena e si concentrava nel suo petto, fin quasi a togliergli il respiro, che adesso gli usciva a fatica.

“Zulora… io vi prometto…” disse, sforzandosi di ignorare quelle fitte che gli impedivano di parlare “… io vi prometto che vostro fratello tornerà a prendervi… ve lo prometto, anche se fosse l’ultima cosa che faccio in questa vita!”

Lei si voltò, e per la prima volta sul viso aveva dipinto un’espressione di reale turbamento.

“E come potreste mai? Voi non siete un cavaliere… non avete né armatura né spada… non più!”

A quelle parole, Morven si lasciò scorrere le mani sul corpo, nervosamente. Si tastò i fianchi in cerca della sua spada, ma si accorse di non avere più nemmeno quella.

“La mia spada… Samsagra… Zulora, che ne hai fatto della mia spada?”

Lei lo fissò tranquilla.

“Ah, quella vecchia spada… l’ho gettata… l’ho gettata nel fondo del lago che c’è vicino al castello”

Morven, a quelle parole, scattò in piedi e quasi si lanciò verso di lei, afferrandole le braccia.

“Zulora! Che hai fatto? Perché l’hai gettata?”

Lei cercò di divincolarsi, protestando debolmente contro quella violenza.

“Era solo una vecchia spada. Era tutta arrugginita e incrostata, e per questo l’ho gettata!”

Sentendo quelle parole, di colpo la lasciò andare, cadde in ginocchio sull’erba e si prese la testa tra le mani.

“Ma era la mia unica speranza…” mormorò.

Lei si sollevò in piedi, con aria profondamente adirata. Si sistemò la veste che si era sgualcita, poi si girò a guardarlo con occhi cattivi.

“E anche se così non fosse stato,” gli gettò in faccia con voce maligna, mutata “comunque non vi sarebbe servita a nulla, cavaliere”
“Perché dici questo?”
“Perché? Perché siete morto!”
“Zulora, sei forse impazzita, che dici queste cose?”
“Non sono impazzita, cavaliere. Io so che siete morto, perché sono morta anche io…”
“Morta?” esclamò lui, sollevandosi, quasi fuori di sé.

Ormai la sua mente sembrava essere naufragata in quel cattivo sogno, e Morven non riusciva più a riconoscere i contorni delineati di quella realtà. La luce era soffocante, e lui quasi non poteva respirare. Il prato si sbiadiva e i fiori perdevano pian piano i loro colori. Riusciva soltanto a vedere lei, in quel momento… lei che si scostava una ciocca di capelli dal viso e lo guardava con un sorriso strano.

“Pensavo che aveste capito, cavaliere… eppure ve lo avevo spiegato… la formicuzza dal grande dolore prese uno spillino e si trafisse il cuore…”
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"

Ultima modifica di Morrigan : 25-02-2011 alle ore 13.30.28.
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