Guisgard accarezzava il suo cavallo, che docilmente si lasciava coccolare dal suo padrone.
E ad un tratto la sua mano si fermò.
Si voltò di scatto a quelle parole.
Al suono della sua voce.
Una voce che da sola bastava ad accendere il suo cuore.
“Non è un mio dono, quello…” rispose con tono accigliato “… se ricordo bene era di tuo padre…”
Strinse le redini del cavallo e sistemò meglio la sella.
“Quel vago sorriso nella cappella non era forse un saluto?” Chiese poi. “E comunque non dovevi scomodarti a venire… la futura erede al trono di Cartignone non dovrebbe farsi vedere nelle scuderie con un cavaliere rinnegato… potresti incontrare difficoltà poi a trovare un degno consorte… sai, la reputazione è importante!” Continuò con quel suo solito sorriso da guascone. “E poi, te lo dissi sin dalla prima volta che ci incontrammo… dovresti fare più attenzione, o davvero non troverai marito!”
A quel punto rise di gusto, ma all’improvviso qualcosa lo bloccò.
Come un sordo dolore, a tratti insopportabile.
Come quando si ha la consapevolezza che si sta perdendo qualcosa, senza poter far nulla per impedirlo.
Si avvicinò allora al cavallo e strinse forte la sella.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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