Le grandi volte a padiglione sostenute dalle slanciate colonne, tra le quali si aprivano le ampie vetrate, scandivano con la loro perfezione la superba copertura del corridoio.
Il malinconico e rossastro bagliore del Sole morente si rifletteva proprio da quelle vetrate, tingendo ogni cosa col suo manto.
I ritratti, sfiorati da quell’etereo alone, sembravano assumere indecifrabili espressioni.
Tristezza, inquietudine, paura, ansia, disperazione.
Come se quei ritratti volessero parlare.
Talia li fissava con attenzione, quasi a volerli interrogare.
Antedia continuava a sorriderle, mentre alle sue spalle, in uno scenario di pastorale idillio, la campagna si animava di Primavera.
Il vento soffiava forte e traeva con sé di nuovo quelle voci.
“Stai soffrendo…lo so...”
Si sentiva nel suo sibilo tra le antiche pietre del palazzo ducale.
Con lo sguardo, da quella torre, si poteva abbracciare l’intera campagna…
Bastava un solo sguardo per racchiuderla tutta…
Ma bastava ancora meno per mettere fine a tutta quella sofferenza…
Un salto… nel vuoto… ma non sarebbe stato più vuoto di ciò che era diventata la vita…
Antedia era là, su quella torre… in balia del vento, della solitudine e della disperazione…
Indossava il suo abito da sposa... e cercava il suo amato ormai perduto… forse portato via proprio da quello stesso vento…
Era bellissima con quell’abito…
Gettò un altro sguardo sulla campagna... e fu là che vide quella figura…
La fissava... la chiamava…
E quando il vento cessò di soffiare, ad avvolgerla non era più il cielo, ma la campagna…
Mentre il suo bianco vestito, bagnato di sangue e lacrime, giaceva strappato su quel corpo senza più vita…
In quell’istante un servo chiamò, destando e quasi spaventando, Talia da quella strana sensazione.
O forse visione…
“Milady, è giunto l’abate Ravus.” Annunciò il servitore alla principessa di Sygma.