21-04-2011, 04.46.24
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#437
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Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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La brughiera.
Sembrava addormentata ed incantata nella lieve foschia che cominciava a filtrare i colori e i riflessi del crepuscolo.
I corsi d’acqua intrisi di aurei bagliori durante il giorno, ora andavano ad assumere l’immagine di nastri d’argento e luccicavano sulla terra che si scuriva all’ombra dell’ancestrale intrico della boscaglia.
Gli ultimi raggi obliqui del Sole calante disegnavano lunghe ed inquiete ombre sulla vasta e selvaggia piana.
Lo scenario diventava sempre più tetro e desolato, man mano che l’imbrunire avanzava ed avvolgeva ogni cosa.
La stradina che serpeggiava tra quelle immense e selvagge chiazze verdeggianti, giungeva ad un vecchio edificio.
Talia attraversava la stradina a piedi nudi, avvertendo l’umidità del terreno sotto di lei.
Ad un tratto sentì qualcosa.
Un canto, triste ed angosciante, recitato quasi come una litania.
“Non piangere, bambino mio…” diceva la donna “… non piangere, la mamma è qui…”
Talia riconobbe il volto di quella donna, come una folgorazione: era lady Gyaia e sembrava avere con sé un bambino.
Ma avvicinandosi, la principessa di Sygma si rese conto che la donna stringeva solo un panno vuoto fra le sue braccia. Un panno intriso di sangue.
“Questa che vedi fu un regalo del mio Ardeliano…” mormorò a Talia, fissando l’edifico alla fine della strada “… i primi tempi furono difficili… lui era lontano, in guerra ed io avvertivo la nostalgia per Sygma… ma quando egli ritornò, per alleviare la mia tristezza, fece costruire questa Pieve… guardala bene… è in tutto simile a quella che sorge tra le colline dove fu eretto il monastero di San Casciano e la Rocca dei Montelupi... e qui ogni domenica io ascoltavo la messa… e mi sentivo come nella mia bella terra…”
In quel momento la campana delle Pieve suonò e Gyaia svanì.
Un attimo dopo Talia si ritrovò nel sacro edificio.
Un grande altare sorgeva sotto l’abiside, mentre un soffitto a volta era retto da colonne di gusto romanico.
Nella navata vi erano diverse nicchie, tutte ospitanti statue di Santi.
Ed in fondo, dal lato opposto all’abside, c’erano alcune robuste armature, doni degli antichi e nobili signori del posto.
Talia si inginocchiò a pregare, quando un boato scosse l’intero edificio.
Le colonne cominciarono a scricchiolare e parti degli affreschi cominciarono a venire giù dalle pareti.
Improvvisamente le armature fecero un passo in avanti, bloccando l’uscita della Pieve.
Un lamento, spaventoso e delirante, si diffuse nella navata.
Ad un tratto una di quelle armature cominciò ad avvicinarsi a Talia.
E con un gesto improvviso le strappò il medaglione che portava al collo, nel quale c’era il ritratto di Icarius.
L’armatura osservò quel volto e si abbandonò ad uno spaventoso lamento, dopo il quale echeggiarono altri suoni simili, provenienti dai mosaici che raffiguravano i dannati all’Inferno.
L’armatura allora si alzò la visiera dell’elmo, mostrando due malefici occhi bianchi e senza luce, che il solo guardarli trasmetteva pena ed angoscia.
In quell’istante Talia si svegliò.
Istintivamente portò la mano sul medaglione che aveva al collo.
Udì il suono delle campane di Capomazda che annunciavano i riti del Giovedì Santo, che celebravano l’inizio della Passione di Nostro Signore.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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