Cittadino di Camelot
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Guardavo la mia immagine nello specchio che avevo di fronte e sorridevo, ma non per ciò che i miei occhi vedevano quanto piuttosto per ciò che la mia mente ancora stava accarezzando: una sera dall’aria mite e dolce, un giardino, Icarius, quel bacio...
Sospirai... desideravo rivederlo, lo desideravo ardentemente.
Le ancelle stavano blaterando qualcosa a proposito dei miei capelli e di quell’abito che indossavo... lo accarezzai appena... avevano ragione: era bellissimo... di una stoffa lucida e morbida del colore del cielo di primavera, mi avvolgeva e mi cingeva come una carezza... lo osservai appena per un attimo, considerai per un momento le loro parole, poi tornai ad ignorarle e a cullarmi nei miei pensieri.
Poi, all’improvviso e in modo del tutto inatteso, il sogno che avevo fatto quella notte tornò ad attraversarmi la mente... quel sogno che avevo tentato con ogni mezzo di reprimere o di razionalizzare...
Non ricordavo bene com’era iniziato, veramente... probabilmente era nato sull’onda delle emozioni di quella sera, perché c’era Icarius in quel sogno ed io ero felice, serena, tranquilla...
Poi, ad un tratto, tutto era cambiato.
Camminavo per quella stretta stradina di campagna... i miei piedi erano nudi, i capelli sciolti e non indossavo altro che la mia leggera camicia da notte. Mio marito era scomparso ed io ero da sola ora, però non me ne turbai: sapevo che ero lì per una ragione ed ero certa che prima l’avessi sbrigata e prima sarei potuta tornare da lui.
Camminavo lentamente, tuttavia, quasi controvoglia.
Infine la sagoma di quella vecchia pieve si stagliò di fronte a me ad una curva, mi soffermai e rimasi a guardarla, in tempo per vedere un corteo funebre uscire da essa e venirmi incontro...
“Amo i funerali!” disse in quel momento una voce alle mie spalle “Sono così pieni di buoni pensieri... chiunque è pronto a dir bene di te, dopo che sei morta. Persino coloro che più ti hanno fatta soffrire quando eri in vita!”
Mi voltai di scatto e vidi quella giovane donna avanzare verso di me e fermarsi al mio fianco, senza smettere di osservare la processione che ci veniva incontro.
“Chi sei?” le chiesi, sorpresa.
Lei si voltò e mi guardò quasi con stupore... poi sorrise: “Tu sai chi sono!” disse.
“Gyaia!” mormorai io, dopo un attimo di silenzio.
Lei annuì.
“Di chi è questo funerale?” domandai quindi, avvertendo intanto una strana sensazione farsi strada in me.
Lei si strinse nelle spalle...
“Ha qualche importanza?” domandò “Potrebbe essere il mio, come il tuo! O potrebbe essere quello di tuo marito!”
“No!” gridai a quell’affermazione.
Lei mi sorrise di nuovo, dolcemente.
Il corteo ci aveva ormai raggiunte e ci stava sfilando davanti... spaventata tentai di guardare il corpo, portato da quattro uomini, ma le persone continuavano a passarmi davanti, a venirmi addosso, a spingermi... qualcuno mi spintonò con forza, mandandomi a urtare contro una roccia vicina... e così non riuscii a vedere.
“Dimmelo, ti prego!” dissi allora a Gyaia, incurante del sottile taglio che quella roccia mi aveva aperto su una mano e del sangue che ne usciva “Dimmi per chi era quel funerale!”
Lei sorrise di nuovo, poi si voltò e prese a camminare verso la chiesa: “Ti ho già detto che questo non è affatto rilevante! Ciò che conta sapere, al contrario, è che presto lui verrà a prendervi!”
“Lui?” domandai, seguendola “Lui chi?”
Gyaia si soffermò un momento e mi fissò, quasi mi trovasse molesta con tutte quelle domande...
“Il cavaliere nero con la tunica rossa!” disse poi, quasi fosse cosa ovvia, entrando intanto in chiesa “L’hai veduto, non è così? L’hai visto da quella finestra, hai visto che ti stava aspettando al varco! E poi lo hai udito gridare nella brughiera... tu sapevi che era lui, vero?”
“L’ho visto!” confermai lentamente “Ma perché dovrebbe volermi?”
Lei sorrise...
“Perché sapeva!” mormorò.
“Che cosa?” la incalzai io, con lo stesso tono.
Gyaia fece qualche passo nella navata, poi si voltò a guardarmi con uno sguardo che mi parve quasi arrabbiato...
“Oh, sei stata una tale delusione tu per me!” disse “Eri così forte quando sei giunta a Capomazda... eri fiera, sicura di te, orgogliosa... e io ho davvero creduto che non ti avrebbe presa. Ho creduto che non saresti mai caduta nella rete, che saresti stata salva... e invece... invece poi...” scosse il capo con rassegnazione e di nuovo mi voltò le spalle.
“Ma che cosa ho fatto?” domandai, confusa.
Lei rimase in silenzio per qualche istante poi, con il tono di chi sta pronunciando il peggiore insulto conosciuto al genere umano, disse: “Ti sei innamorata! Ti sei innamorata di uno dei Taddei!”
Il silenzio si fece opprimente nella piccola pieve, le ginocchia mi tremavano forte ormai e ignorarle si stava rivelando complicato...
“E... e con questo?” mormorai, con quel po’ di fermezza che riuscii a racimolare.
“Morirete!” rispose lei, tornando a guardarmi “Morirete entrambi! E’ la sua maledizione... la vostra! Quella di tutti noi! ...Nessuno dei Taddei conoscerà l’amore o la morte giungerà a portarlo via, insieme alla sua amata! E’ così che è. E’ così che deve essere!”
Il mio pensiero corse ad Icarius, allora... all’ingiustizia di quella sentenza e i miei occhi si bagnarono un poco.
“Io non lo permetterò!” dissi... e la mia voce suonò salda.
“Ci sarà un modo per combattere quel cavaliere dalla tunica rossa...” dissi “Deve esserci!”
Gyaia mi guardò con una strana espressione...
Poi, lentamente, tutto iniziò a farsi sbiadito e a dissolversi come nebbia al sole...
Mi ero svegliata così.
Un’anziana ancella mi stava chiamando, stava dicendo che era tardi e che dovevo alzarmi perché avevo da prepararmi per l’incoronazione di Sua Signoria...
E io avevo tirato un sospiro di sollievo...
Un sogno! mi ero detta E’ stato solo uno stupidissimo sogno!
Avevo fatto quindi per alzarmi, quando una leggera fitta alla mano mi aveva fatta sussultare... l’avevo rigirata e, con mia somma sorpresa, avevo visto un sottile taglio rosso aperto proprio là dove ero andata a sbattere contro quella roccia... con il cuore che accelerava vertiginosamente, l’avevo riabbassata in fretta, sorpresa, e il sangue ancora fresco aveva macchiato il lenzuolo.
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** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
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