Morrigan lo seguì con lo sguardo per tutto il tempo senza interromperlo. Seguì i suoi movimenti nervosi con un lieve sorriso disegnato sulle labbra. Avrebbe aspettato che sfogasse un po' il suo malumore prima di rispondergli. Guisgard poteva essere parecchio indisponente alle volte, e aveva spesso il vizio di lagnarsi, ma Morrigan, in quei brevi giorni, stava almeno iniziando a conoscerlo.
Così, quando lui si fu straiato sulla panca, la ragazza gli si parò davanti, con le mani sui fianchi e un'aria che voleva esser seria.
"In fin di vita, eh? Io ti ho trovato un facile lascia passare per la tua biblioteca, e tu trovi pure di che lamentarti!? Preferivi andare stanotte e scassinare i catenacci dell'abazia come un landruncolo qualunque? Dovresti essermi grato, invece di parlare così!"
Scosse il capo con forza, e i suoi lunghi capelli ondeggiarono, sbattendole sulle spalle. Quindi gli voltò le spalle, si allontanò da lui, e, sedutasi sul letto, cominciò a sfilarsi gli stivali.
"E poi, la fretta e l'impulsività sono spesso cattive consigliere. Talvolta bisogna saper aspettare, Guisgard... e ci sono modi molto costruttivi per poter sfruttare queste ore che abbiamo a disposizione... anche se immagino che ciò a cui penso io sia molto diverso da quello che ti propongono di solito le belle ragazze che usano tenerti compagnia!"
Tacque per un istante. Lasciò cadere entrambi gli stivali per terra, cercò con lo sguardo il pezzettino di blu notte che si intravedeva dalla stretta finestra oltre le mura del convento, quindi riportò gli occhi su di lui.
"Ora so di dover chiedere troppo, caro marito, ma avresti la discrezione di voltarti per qualche minuto, mentre mi tolgo questi vestiti?"
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?"
"Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!"
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