Guisgard accarezzava il muso di Peogora, mentre il suo sguardo si perdeva, assorto e vagamente inquieto, nella verdeggiante campagna animata da un fresco vento di terra.
“Che meraviglioso cavallo!” Disse una giovanissima voce alle sue spalle.
Il cavaliere si voltò di scatto.
“E’ vostro, mio signore?” Chiese Gavron.
“E tu da dove sbuchi?” Domandò Guisgard stupito. “Mi hai seguito, vero?”
“No, è che passavo da queste parti…”
“E cosa diamine ci facevi da queste parti, sentiamo?”
“Ecco, venivo a raccogliere mele e…”
“Non vedo mele in queste posto” con tono severo Guisgard “e nessun altro tipo di frutta!”
“Però ci sono dei bellissimi fiori, cavaliere!”
“Si può sapere perché mi stai sempre alle costole?”
“Ho letto che ogni cavaliere ha sempre uno scudiero…”
“E lasciami immaginare…” lo interruppe Guisgard “… tu hai riconosciuto in me il cavaliere a cui fare da scudiero. Giusto?”
Gavron sorrise ed annuì.
Guisgard scosse il capo.
“Mi dispiace deluderti, ragazzo mio…” disse poi il cavaliere “… ma se sogni avventure ed eroiche gesta, con me caschi male! Io del cavaliere romantico e cortese non ho nulla”
“Io invece credo voi siate un gran cavaliere!”
“Eh, sei gentile, amico mio!”
“Come si chiama il cavallo?” Chiese poi il bambino.
“La cavalla” precisò Guisgard “si chiama Peogora!”
“Oh, è femmina!” Esclamò il bambino. “Piacere, Peogora! Io sono Gavron!”
“Che fine ha fatto la tua amichetta dell’altro giorno?”
“Oh, Redanya…” ripeté con un sospiro il fanciullo “… l’altra volta tornò a casa tardi e sua madre ora non vuole più che esca a giocare con me…” aggiunse con tristezza.
“Avanti, amico mio…” fece Guisgard dandogli una pacca sulla spalla “… ora non pensarci. Vedrai che in futuro ne avrai di tempo per immalinconirti a causa di una donna. Ma noi abbiamo il modo per scacciare la tristezza, sai?”
“Davvero?”
“Certo!” Esclamò Guisgard. “Andremo in cerca di fortuna e di divertimenti!”
“Cos’è quella cosa che avete in mano?”
“Questo?” Fissando il nocciolo di albicocca con cui aveva giocherellato, quasi senza accorgersene, fino a quel momento. “Oh, questo… beh, chissà che non sia un portafortuna! Anzi, ora andremo subito a metterlo alla prova!”
“E Come?”
“Giocando ai dadi!”
E così, salutata Peogora, che tornò a nascondersi nella boscaglia vicina, i due tornarono al borgo.
“Ehi, locandiere!” Disse Guisgard appena entrò nella locanda. “Servimi subito del buon vino, quello della casa, insieme ad un monumentale boccale di uno dei tuoi famosi intrugli fatti con la frutta per il mio giovane compagno d’arme!”
Gavron lo fissava divertito e con gli occhi colmi di ammirazione.
Ma accanto al locandiere vi erano tre cavalieri che discutevano con lui.
“E’ lui…” mormorò ai tre il locandiere.
“Siete voi sir Guisgard?” Domandò uno dei cavalieri.
“Beh, dipende…” mormorò Guisgard.
“Da cosa?”
“Se siete qui a causa di vostra moglie o meno…” rispose sarcastico Guisgard.
“Attento che la vostra insolenza potrebbe portarvi guai seri.”
“Calma, ci penso io…” intervenendo un altro dei tre “… sappiamo che siete voi sir Guisgard… siamo qui per ordine del capitano Monteguard… dovete seguirci perché egli chiede di vedervi…”
“Che onore…” sorridendo Guisgard “… anche la scorta mi ha mandato il capitano…”
“Seguiteci, prego…”
“Beh, sembra che il mio portafortuna, per ora, abbia fatto cilecca, ragazzo mio…” voltandosi verso Gavron “… ora torna a casa…”
Ed il bambino restò a fissarlo mentre i tre cavalieri lo conducevano via.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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