Discussione: La Gioia dei Taddei
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Vecchio 21-07-2011, 14.04.12   #1977
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Icarius ascoltò Nishuru ed un senso di malinconia s’impossessò di lui.
Ad un tratto sembrò avvertire un eco nel vento.
Come se fosse la voce di Talia.
Cercò con lo sguardo, ma tutto tacque.
“Sono qui per augurarvi buona fortuna, milord.” Disse Layla avvicinandosi a lui. “Del resto siete pur sempre il mio campione.” E rise.
“Io tornerò…” fece il taddeide “… e mi riprenderò mia moglie… ricordatelo… io tornerò…”
“Si, nei ritratti e nei poemi di qualche bardo, milord.” Replicò compiaciuta Layla. “Qualcuno vi dedicherà una statua come è accaduto a tutti i vostri nobili antenati. Tutti morti, raffigurati in quel freddo e decadente marmo.” Sorridendo ma tradendo astio. “Addio, nobile Taddei.”
Icarius la fissò senza dire nulla.
Montò in sella a Matys e guardò un’ultima volta la grande torre del palazzo.
Aveva con sé, oltre alla sua spada, la bellissima rosa Mia Amata.
“Entrate nel verziere e tenetevi sempre sul sentiero, milord.” Indicò un valletto.
Un attimo dopo l’Arciduca partì.
Icarius entrò nel verziere e, seguendo l’indicazione del valletto, imboccò il sentiero.
Ai lati di questo vi erano querce, salici, olmi ed aceri frondosi.
L’Estate dominava attraverso il verdeggiare delle foglie animate dalla lieve brezza pomeridiana e dal canto soave degli uccelli.
Ai margini del sentiero, come a racchiuderlo, correvano roseti dai vivaci colori e dagli intensi profumi, cinti da bassi muretti di laterizi lucidi e levigatissimi.
Altre specie di fiori, dall’aspetto esotico e dai colori vivaci, crescevano tra le siepi, quasi snodandosi da quel fogliame e seguendo la luce del Sole che si muoveva verso Ovest.
Quel lussureggiante verziere sembrava essere l’ideale scenario di una favola e fissandone le meraviglie l’Arciduca non faceva fatica ad immaginarne la magia che assumeva la sera, sotto la luce stregata della Luna e delle stelle, ed all’albeggiare dove quei boccioli scintillavano nell’argentato alone della rugiada mattutina.
Icarius percorse quell’angolo di mondo che sembrava incantato, mentre le luci del giorno, man mano che il meriggio annunciava il suo arrivo, cambiavano in tonalità e luminosità.
Ad un certo punto tutto sembrò divenire più incolto e selvatico.
Il verziere sembrò mutarsi in un bosco e la concezione dello spazio avvertita sino a quel momento, da limitata e circoscritta, divenne di colpo diversa e indefinita.
L’Arciduca continuò a seguire il sentiero tracciato che serpeggiava tra i folti cespugli e i grossi alberi che parevano voler proteggere il canto degli uccelli ed impedire alla luce del Sole pomeridiano di raggiungere il terreno.
Ad un tratto Icarius avvertì dei rumori, come se qualcuno stesse lavorando ad una pietra o a qualcosa del genere.
Un attimo dopo ai margini del sentiero apparve una piccola edicola di gusto classico.
Accanto vi era un vecchio impegnato a scolpire qualcosa nell’edicoletta.
“Salute a voi, buon uomo.” Salutò Icarius.
“A voi, amico mio.” Rispose il vecchio.
Era costui di corporatura piccola, dai capelli folti e bianchissimi ed il viso pulito da barba o baffi.
Nel voltarsi verso l’Arciduca, Icarius si accorse della sua cecità.
Il vecchio stava scolpendo un bassorilievo raffigurante la Santa Vergine Maria.
Ma, fissando quell’opera, Icarius si accorse che alla Vergine mancava il Bambino.
Vi era anche un incavo all’altezza del petto della Madonna, ma nonostante questo non c’era traccia del Bambino.
“A cosa lavorate?” Domandò Icarius.
“Oh, io sono il Maestro delle Imprese della Fede, mio buon messere” rispose presentandosi il vecchio “ e questo rilievo è dedicato a Nostra Signora del Rosario col suo Bambino.”
“Il Bambino lo aggiungerete in un secondo momento?”
“No, non vedete che è già in braccio alla Vergine?”
“Non c’è alcun Bambino tra le braccia di Maria.” Fece Icarius.
“Bontà Divina!” Esclamò il vecchio. “Si è staccato!” Toccando con le mani il rilievo.
Disperato allora si chinò a terra e cominciò a cercare con le mani.
Icarius allora smontò da Matys e si unì alle ricerche del vecchio.
“Eccolo!” Disse Icarius. “L’ho trovato!”
“Sia lodato il Cielo!” Esclamò il Vecchio.
Icarius si segnò, baciò il Santo Bambino e lo consegnò al vecchio.
“Vi prego…” fece il vecchio “… adagiatelo nell’incavo. C’è un perno incastonato nel marmo, vedete?”
“Si, ho visto.”
“Ecco, fatelo combaciare col foro alle spalle del Bambino.” Spiegò il vecchio. “Così resterà ben saldo al rilevo.”
Icarius seguì le indicazioni del vecchio e sistemò il Bambino fra le braccia della Vergine.
E nel farlo recitò una preghiera.
“Madre di Dio e madre mia… ecco tuo Figlio… ti prego, ridammi mia moglie…” e si segnò tre volte.
“Grazie, amico mio.” Disse il vecchio.
“Sapreste indicarmi dove avviene la prova chiamata Dolorosa Costumanza?”
“Non credo di averla mai udita…” pensieroso il vecchio “… sentendone il nome mi fa pensare ad una triste consuetudine… forse riguarda il passato…”
“Il passato?” Ripeté Icarius.
“Si, il passato che spesso rimpiangiamo.” Rispose il vecchio. “Rimpiangere il passato è una dolorosa e inutile consuetudine… la vita è davanti a noi, non dietro.”
Icarius sorrise.
“Seguite il sentiero, comunque…” indicò il vecchio “… di qualsiasi cosa si tratti, si trova sicuramente alla fine di questo cammino.”
“Grazie.” Disse Icarius. “E che Dio vi benedica.”
“E che vi assista, amico mio.”
E salutato il vecchio artista, Icarius riprese il suo cammino in sella a Matys.
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