Melisendra si nascose appena in tempo per non farsi scorgere dalla sagoma che un attimo dopo entrò nella tenda.
Era una donna di età avanzata e di robusta corporatura.
Gettò uno sguardo sul bambino e poi posò distrattamente davanti lui due ciotole, una con dell’acqua, l’altra con un pugno di minestra di verdure e pane.
“Non hai fame?” Chiese dopo qualche istante ad Uriel.
Il piccolo scosse il capo.
“Devi mangiare o ti ammalerai.” Fece la donna.
Si avvicinò al bambino ed un velo di compassione rese opaco il suo sguardo.
Fissò quella catena che teneva il piccolo legato a quel palo e scosse lievemente il capo.
Si chinò allora davanti a lui e gli accomodò il ciuffetto di capelli che scendeva ribelle sulla sua fronte.
“Facciamo così…” disse accennando un sorriso “… se mangi tutto quel che ti ho portato, io dopo ti racconto una storia… ma una storia vera, dico, non una favola! Eh, cosa dici?”
Il piccolo scosse nuovamente il capo.
“E’ la storia di un grande cavaliere.” Continuò la donna. “Forse il più forte che sia mai nato. Un cavaliere che è vissuto proprio in queste terre.”
Prese allora la ciotola con la minestra e cominciò ad imboccare lei il bambino.
“C’era una volta un bambino come te…” cominciò a raccontare, mentre imboccava Uriel “… che un giorno trovò presso un vecchio cimitero un cavaliere ferito… ecco, bravo, mangia. Visto che è buono!”
Uriel annuì lievemente.
“Allora, dicevamo…” sorridendo la donna “… quel bambino si chiamava Ardea…”
In quel momento qualcuno entrò nella tenda.
“Tutto bene qui dentro?” Chiese Gouf alla donna.
“Si, milord.”
Uriel, nel vedere il cavaliere vestito di nero, smise di mangiare.
“Cosa fa, i capricci?”
“E’ un bambino, mio signore…” rispose la donna “… è spaventato ed è normale che gli manchi l’appetito. Ma pian piano qualcosina comincia a mangiarla.”
“Spaventato?” Ripeté Gouf. “Dovrebbe sapere che altri bambini come lui stanno morendo di fame e sete a Capomazda. Un po’ di disciplina e gli tornerà l’appetito.” Scalciò allora la ciotola con l’acqua e con un altro calcio fece volar via quella con la minestra dalle mani della donna.
Uriel allora cominciò a piangere per la paura.
“Se ti vedo piangere ti prenderò a frustate.” Minacciò Gouf.
“No, milord.” Disse la donna, asciugando il viso di Uriel. “Lui è bravo e non piangerà più. Su, dai…” sorridendo al bambino “… sei un ometto e gli ometti come te sono forti e coraggiosi.”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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