La Sala del Consiglio dei Migliori.
Era qui che avvenivano le grandi assemblee tra i Taddei ed i loro baroni.
In questa sala i signori di Capomazda da sempre incontravano le delegazioni ecclesiastiche e gli emissari del re.
Statue di classicheggiante bellezza, raffiguranti eroi e sovrani dell’antichità greco-romana, adornavano le nicchie laterali che scandivano le arcate che dal centro della sala correvano a racchiudete la volta in unghie alternate a falde.
Tra le nicchie correvano lunghi panelli dipinti, con scese sacre, di caccia, pastorali e tratte dai miti capomazdesi.
Dietro il grande seggio dell’Arciduca prendeva forma un ampio dipinto raffigurante Ardea de Taddei che infilzava il drago impugnando Parusia.
“Signore, ormai ogni difesa sembra inutile…” disse uno dei dignitari “… le acque che arrivano in città sono irrimediabilmente avvelenate e la popolazione è ormai allo stremo.”
Izar ascoltava in silenzio il rapporto che gli veniva letto.
“Inoltre” intervenne un altro dei dignitari “sul campo è apparso anche lo spaventoso ariete dei nostri nemici. Loro sanno che siamo stremati e presto forzeranno la Porta dei Leoni.”
Ma all’improvviso qualcuno entrò nella sala.
Era Monteguard accompagnato da diversi dei suoi cavalieri e tutti ben armati.
E con loro vi era anche il vecchio Diacono.
“Capitano, come osate entrare in questa sala senza essere stato convocato?” Alzandosi in piedi Izar. “E quegli uomini armati? Sapete bene che non sono ammesse armi qui!”
Monteguard si avvicinò al consigliere dell’Arciduca e restò a fissarlo per alcuni istanti.
“Una volta lord Rauger mi disse” fece Monteguard “che per il bene del ducato avrei dovuto compiere qualsiasi gesto. Anche contro ogni legge e codice scritto.”
Izar lo fissò turbato.
“Mi disse” continuò il capitano “che avrei dovuto combattere i nemici di Capomazda ad ogni costo ed in qualunque luogo.”
“E li cercate qui dentro, capitano?” Chiese Izar. “Forse vi è sfuggito che sono tutti là fuori che ci assediano!”
“Purtroppo i peggiori non sono là fuori…” rispose Monteguard “… ma qui dentro!”
Nella sala sorse un vocio stupito e confuso.
“Questa vi appartiene…” fece Monteguard mostrando una lettera a Izar “… è stata scritto dalla vostra stessa mano ed è indirizzata a lady Rasile, la donna amata da sua signoria lord Ardross.”
Essa era stata consegnata a Monteguard dal vecchio Diacono, il quale l’aveva avuta da Guisgard prima della sua partenza.
Izar prese la lettera e cominciò a guardarla.
Poi un ghigno sorse sul suo volto.
“Sciocche e patetiche nullità…” mormorò “… parlate di cose che neanche potete concepire… le vostre misere ed inutili esistenza non possono minimamente comprendere quale grandezza si cela dietro a tutto questo e dietro la mia vendetta…”
“Siete un povero pazzo, oltre che un vile traditore.” Disse Monteguard. “Arrestatelo.” Ordinò ai suoi cavalieri.
Ma Izar si abbandonò ad una delirante risata, che echeggiò fra il luminoso marmo di quella sala.
“Folli!” Gridò. “Nessuno di voi potrebbe mai nuocermi! Forse avete vinto una misera battaglia, ma la guerra alla fine sarò io a vincerla! Il mio odio è implacabile ed eterno!”
Aprì le braccia e dalle sue mani cominciarono a scintillare folgori e fiammate.
“Io ritornerò e distruggerò questo luogo, ora che anche l’ultimo Arciduca è ormai morto!”
Urlava, mentre una densa nuvola di fumo nero avvolgeva la sua figura.
Un attimo dopo svanì sotto i loro occhi.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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