Vedete, amico mio, il ruolo di “poeta” di corte va sempre inquadrato a seconda dell’epoca storica.
Se torniamo, ad esempio, nell’antica Roma allora possiamo scorgere come la condizione di alcuni intellettuali dipendesse molto dal tipo di letteratura.
Terenzio, ad esempio, ebbe molte difficoltà a farsi strada nonostante fosse protetto dal prestigioso circolo degli Scipioni, proprio perché la sua arte, quella di commediografo, era ritenuta non di primissima fascia, a differenza invece degli intellettuali sotto il controllo di Mecenate e quindi del regime Augusteo vero e proprio.
Nel periodo in cui scrisse Chretien, invece, il nascente filone del romanzo cortese, proprio perché riproponeva un tipo di letteratura destinata alle alte sfere sociali, godeva di buona “visibilità” e reputazione nelle corti e questo permetteva una discreta posizione, diciamo di relativa tranquillità, ai vari cantori di tale letteratura.
Comunque, come abbiamo riportato sopra citando il romanzo di Ivano, il compito di Chretien e dei suoi colleghi era quello di cantare i valori e gli ideali della nuova cultura cortese, che appariva aulica, sognante e raffinatissima.
Certo, questi poeti e bardi non avevano grandissime pretese perché il loro ruolo non era ancora visto come un vero e proprio “mestiere”, cosa che invece accadrà qualche secolo dopo, dove il poeta di corte sarà una vera e propria professione e personaggi come Torquato Tasso, con la sua drammatica vicenda, ne sono una chiara dimostrazione di questo cambiamento