Mi ritirai nelle mie stanze e chiamai Giselle.
"Devi aiutarmi, cara Giselle... devi farmi diventare proprio come la mamma, quando la aiutavi a prepararsi per le cene politiche di mio padre. Questa sera dovrò essere affascinante come lei, ma anche sottile e volitiva come papà... l'ambasciatore della repubblica di Magnus dovrà capire a prima vista con chi ha a che fare."
Dopo aver visionato molti abiti ne indossai uno che racchiudeva in sè tutti i colori della famiglia dei Wendron. Giselle mi acconciò i capelli e li ornò con i preziosi gioielli di mia madre, come tante volte aveva aiutato lei a fare lo stesso. Mi vennero le lacrime agli occhi a quel pensiero.
Non avrei permesso a quell'ambasciatore di prendersi ciò che era mio per diritto di sangue. Quel sangue che loro avevano versato.
La sfumatura rossa dell'abito mi ricordava le fiamme che avevano avvolto l'ala est del castello di Beauchamps, all'arrivo dei ribelli. Quel fuoco aveva devastato i miei ricordi e fatto crollare tutte le speranze di salvezza di mio padre.
Per un attimo mi domandai se l'odio che provavo verso quegli uomini sarebbe mai cessato, ma appena vidi il riflesso dei miei occhi nello specchio mi resi conto che non mi sarei data pace finchè non avessero pagato per quello che avevano fatto alla mia famiglia.
Fino a che punto sarei arrivata pur di placarmi? Quella domanda rimase senza risposta.
Senza pronunciare una parola mi alzai dal tavolo da toeletta e varcai la porta della mia stanza. Scesi le scale, diretta alla sala dei ricevimenti.
In cuor mio pregai per avere la forza di celare i miei propositi di vendetta. Sollevai lo sguardo al cielo, ma ciò che vidi furono solo gli sfarzosi soffitti ricchi di stucchi dorati. Sospirai.
Poi sorrisi. Era il momento di conoscere il mio nemico, dunque entrai nella sala.