Gaynor tentava di parlare a quel ragazzo dalla pelle mora, ma questi non rispondeva nulla, limitandosi a fissarla con i suoi occhi d’ebano.
“Shamarc non può rispondervi, milady.” Disse all’improvviso una voce entrando nella stanza. “Egli ha fatto voto al Profeta di non rivolgere parola a nessun altro uomo di questo mondo, al di fuori del suo padrone.” Fissò allora il giovane Shamarc. “Non sei un buon Anfitrione… devo ricordarmi di non lasciarti mai con i miei ospiti…”
Il giovane mutò espressione ed un lampo di terrore attraversò i suoi occhi.
“Non temere, Shamarc…” tranquillizzandolo il suo misterioso padrone “… il tuo compito non è quello di essere cortese… ma solo di obbedire ai miei ordini…” Shamarc fece un inchino col capo “… ora vai pure…”
Un attimo dopo il giovane dalla pelle mora uscì dalla stanza.
“Perdonatemi se non ero presente al vostro risveglio, milady…” disse l’uomo avvicinandosi al tavolino e riempiendo due calici con l’elisir poggiato su di esso “… ma non penso possiate lamentarvi della mia ospitalità… siete fortunata… visto che voi sola siete sopravvissuta dell’equipaggio di quella nave.”
Era un giovane uomo, dai capelli bruni ed abbigliato alla maniera dei marinai dei porti persiani.
I suoi modi erano di una gentilezza quasi ostentata, mentre i suoi lineamenti, per quanto era possibile vedere, apparivano regolari e gradevoli.
Indossava infatti una benda a mo di maschera, che copriva la parte superiore del viso.
Da essa però fuoriuscivano due occhi azzurri che, sotto l’alone della lampada che illuminava la stanza, assumevano inquieti ed enigmatici riflessi di una indefinita bellezza.
“Il nettare degli dei è l’ideale, mia bellissima Sherazade…” offrendo uno dei due calici a Gaynor “…per brindare alla vostra bellezza ed alla mia fortuna nell’avervi qui nel mio eremo…”