Qualche istante dopo, Essien e Tafferuille ritornarono al carrozzone.
Il capocomico aveva l’aria pensierosa e lo sguardo basso, come chi era preda di un’illogica, e quindi incontrollabile, paura.
Tafferuille era invece insolitamente allegro.
Scambiò qualche battuta con Gobert, ormai già con indosso i panni di Arlecchino, e sussurrò qualcosa a Fantine, facendola sorridere e sospirare come solo le spontanee e nello stesso tempo maliziose popolane sanno fare.
Le prove cominciarono ed ognuno, in quell’aria spensierata e gioiosa, impersonò al meglio il proprio ruolo.
La giornata passò così abbastanza velocemente.
La compagnia allora si preparò per lo spettacolo.
Il suo ingresso nella cittadina, come sempre scenografico e roboante, aveva attirato l’attenzione degli animi semplici che vi abitavano.
C’era dunque molta attesa e curiosità per lo spettacolo.
Questo avvenne nella piazza centrale di Cardien, dove per l’occorrenza le autorità avevano dato il permesso di montare un baraccone munito di palcoscenico, sfondo e sipario.
Il pubblico accorse in massa e nonostante l’incerta platea predisposta per accoglierlo, restò abbastanza calmo, allontanando così una delle paure più concrete che affliggeva il povero Essien.
E così, in quell’improvvisato scenario, cominciò la commedia
L’amante spadaccino.
Arlecchino e Ragonda inaugurarono la scena, impersonando una vecchia coppia che con il proprio dialogo decantava le gioie e i dolori dell’amore.
Poi fu il turno di Brighella nei panni del furbo servo di Renart, che con le sue astuzie era riuscito ad attirare Colombina sul suo balcone per incontrare il suo innamorato padrone.
Toccò allora ad Essien, nei panni di Pantalone, aprire la seconda parte della commedia con uno dei suoi proverbiali monologhi, questa volta incentrato sugli amori giovanili e sui guai che spesso causano.
“Tocca a te, Talia!” Disse Gobert da dietro il sipario alla ragazza. “Affacciati dal balcone e attacca col tuo monologo alla Luna per invocare il tuo Renart!”