Il garzone tornò alla porta come gli era stato ordinato e l'uomo che se ne stava di guardia fece cenno a Rodolfo di entrare nell'atrio,invitandolo a seguire il ragazzo.
Questi lo condusse verso i gradini che conducevano all'ingresso del palazzo, davanti al quale si stagliava la figura di un uomo dalle vesti sgargianti e dallo sguardo imperscrutabile.
Gli si presentò con il nome di Raos e gli spiegò che era il servitore dell'ambasciatore. Proprio mentre questi lo stava informando che il suo padrone era fuori e non sapeva quando avrebbe fatto ritorno,
la loro attenzione fu destata da uno strepitar di zoccoli e di ruote sul selciato dell'atrio. L'uomo interruppe il suo verbare e scese di fretta i gradini,seguito da altri servi,che uscirono di gran carriera dal palazzo, indirizzandosi verso la carrozza.
Rodolfo,incuriosito, si voltò e,lentamente, seguì il corteo,mantenendo una certa distanza. Una volta che la carrozza si fu fermata, una mano spostò la tendina ed un volto d'uomo si affacciò a fissare l'esterno. Raos,riverito quell'uomo con un profondo inchino, imitato dagli altri servi che si erano ordinati ai suoi fianchi, aprì lo sportello e,calata la pedana, lo aiutò a scendere per poi indicargli Rodolfo.
Interrogato, il cavaliere lo salutò, portando sul petto il pugno destro, e rispose: " Il mio nome è Flavio, Flavio Petrucci, e vengo da Roma. Sono un fervente sostenitore della causa republiccana nell'Urbe.
La vostra fama vi precede ovunque messere. In Italia e in qualsiasi altra parte dell'Europa che ho avuto modo di attraversare e visitare,giungendo fin qui,ho sentito molte persone tessere le vostre lodi.
Il desiderio che mi ha spinto a cercarvi fino a questo palazzo,dove,da fidati amici di oltre Manica,mi è stato riferito vi trovavate, è quello di conoscere di persona l'uomo,il pensatore, il rivoluzionario che oggi può realizzare quanto nei secoli addietro Arnaldo da Brescia e Cola di Rienzo tentarono nella città eterna,sempre memore dell'eroico gesto di Bruto e Cassio, senza però essere stati premiati dalla sorte.
Chiedo quindi umilmente a Vossignoria di concedermi udienza."