Blasfemie,urla,risa..
Ce n'era abbastanza perchè Chantal rompesse il suo silenzio.
Quali parole?
Quale preghiera?
Sgranò gli occhi a sapersi inutile,a sapersi incapace verso se stessa e quelle sue compagne.
Si,compagne.Dividevano luoghi,terrore,paura,disperazione e,probabilmente,anche la dannazione.
Fu condotta quasi sollevata in peso in quella cella,nonostante il tentativo di dimenarsi,e l'assordante rumore di violenza che ancora le riempiva i sensi non le facevano percepire il silenzio della sua solitudine in quell'angusto e tetro luogo.
Era debole,sporca,col volto rigato dal sudore,dal bistro colato,e i suoi capelli..oramai le cadevano sul viso come il velo del lutto.
Il buio generava nella sua immaginazione inquietanti immagini,e l'eco delle grida di quelle donne la tormentavano.
Si portò le mani sui seni,poi lungo le gambe,aveva paura di quello che le avrebbero riservato.
Pianse la sua condizione di donna,la sua femminilità,la sua debolezza.
Si accostò ad una parete con la schiena ,era esausta,tanto da stentare a reggersi sulle gambe,ma non cedeva,non permetteva a quella stanchezza di lasciare che si abbandonasse alla nuda pietra.Si sorresse alla parete,e lì immaginò il suo inferno,l'inferno riservato alle donne,forse non meno cruento di quello adottato per gli uomini,ma un inferno umiliante,terribile,disumano che avrebbe attraversato le sue carni,mortificandole,violandole.
E lì,poggiata ad una parete,rimase con gli occhi sempre vigili,aperti,sgranati come chi non è più capace di richiuderli neppure dinnanzi alla morte.
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