Cittadino di Camelot
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Mi infilavo tra le persone e scivolavo sempre più avanti...
“Scusatemi, monsieur...” continuavo a ripetere “Chiedo perdono, madame... Monsieur, potrei passare? Perdonatemi...”
E così, lentamente, riuscii a raggiungere la transenna di legno che era stata montata per mantenere una via libera e consentire il passaggio della parata.
Per più di un’ora continuai a guardare quei bellimbusti che sfilavano rigidi e impettiti in quelle fiammanti divise... non avevo mai provato molta simpatia per chi marciava in rango e formazione, eseguendo gli ordini senza discutere... e tuttavia rimasi lì, continuando a veder passare bandiere, vessilli, stendardi... guardavo sfilare soldati e cavalieri, eppure i miei occhi non li vedevano davvero. I miei occhi continuavano ad intervalli regolari a correre più avanti, oltre la sfilata, dove si ergeva, proprio di fronte a me, il palco d’onore...
Non so quanti soldati passarono... mi parve che non finissero più... pensai che probabilmente stavano facendo sfilare tutta la cavalleria che la Repubblica aveva a disposizione... poi finalmente, al suono di trombe e di tamburi, i massimi vertici del partito comparvero sul palco...
Non saprei dire tutto ciò che passò nella mia mente nel vederlo avanzare in testa agli altri... lo sguardo fermo e sicuro, un sorriso compiaciuto sul volto... si fece avanti e la piazza esplose in grida ed acclamazioni... io tuttavia rimasi immobile, come pietrificata.
E improvvisamente, senza sapere da dove fosse uscito, un antico ricordo mi passò davanti agli occhi...
“...e poi, un giorno, il mulino che adesso è di mio padre, sarà tutto mio!” concluse orgogliosamente il ragazzino. Era biondo e minuto, e nella sua voce suonava quel candore che talvolta si incontra nelle anime semplici.
“Il mulino?” la bambina dai lucidi capelli neri lo squadrò con stupore “Beh... d’accordo, avrai il mulino... io invece desidero sposarmi e avere una casa con le pareti bianche ed il tetto rosso...”
“Tutte uguali voi donne! Tutte con queste sciocchezze!” la interruppe un ragazzo alto e robusto, con troppe lentiggini sul naso “Io invece partirò per mare... mi imbarcherò su una nave enorme, con vele grandi come la piazza di Colaubain...”
“Ah si?” lo zittì lei “ma se tu non l’hai neanche mai vista una nave così...”
La discussione andò avanti per un po’... sogni, desideri, speranze... di questo si parlava.
Soltanto due bambini erano rimasti in silenzio per tutto il tempo... Talia aveva troppe speranze e pochissime possibilità di realizzarle, data la sua condizione di orfana ospitata all’Istituto, mentre Philip aveva sogni troppo ambiziosi persino per venir espressi a parole...
All’improvviso lui si alzò.
“Hey Philip...” lo richiamò il ragazzino biondo e minuto, mentre l’altro era già sulla porta “Dove te ne vai?”
“A casa!” rispose, senza guardarlo.
“Perché? E’ presto, ancora...” obbiettò un altro, come se dalla partenza di Philip dipendesse la fine della riunione.
“Mi sono stancato di queste sciocchezze!” ribatté lui, secco come non era mai stato.
“Aspetta...” tentò una ragazza “Dicci almeno qual è il tuo sogno... Che cosa farai da grande? Tu non l’hai detto!”
Il ragazzo si bloccò sulla porta e per qualche istante rimase immobile e in silenzio, la testa china e la mano che stringeva convulsamente la maniglia...
Poi si voltò e fronteggiò i compagni, scrutandoli uno ad uno con quei suoi profondi occhi neri...
“Io diventerò qualcuno!” disse soltanto, con voce grave. Poi uscì.
Quel ricordo sfumò il un baleno e io mi ritrovai in quella piazza, in mezzo alla calca...
Sollevai gli occhi e li puntai su di lui... stava parlando... non era più il ragazzino ribelle e un po’ scontroso che avevo conosciuto, no, ora davanti a me c’era un uomo... eppure quella sua capacità di affabulare le persone, quel suo carisma non erano cambiati affatto... stava parlando, stava attraendo a sé tutta l’attenzione della folla con la stessa facilità con cui, anni prima, aveva diretto gli umori e le passioni di un gruppo di ragazzini che erano soliti incontrarsi in una vecchia capanna di pesca.
Citazione:
Originalmente inviato da Guisgard
“Fratelli, compagni!” Disse ad un certo punto, sempre attento a modulare la sua straordinaria dialettica. “Oggi un'altra tassello della giustizia invocata da secoli tornerà al suo posto… un altro di quei carnefici sarà oggi giustiziato davanti a voi…” si voltò verso il patibolo
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Quelle parole, all’improvviso, mi riscossero da tutti quei pensieri...
Sgranai gli occhi, mentre lo sguardo mi cadeva su una figura incappucciata che veniva condotta davanti al boia...
Un’esecuzione?
Qualcosa dentro di me iniziò a gridare con una forza inaudita... immagini si sovrapposero nella mia mente, altre immagini, immagini dolorose... e per qualche momento mi mancò l’aria, tanto che barcollai e dovetti aggrapparmi alla transenna con tutta la forza che avevo.
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** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
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