Cittadino di Camelot
Registrazione: 08-04-2010
Residenza: Ignota ai più
Messaggi: 2,235
|
Le braccia di sir Guisgard si serrarono intorno a me e io strinsi con entrambe le mani la camicia sul suo petto... in quel bacio... sforzandomi di non pensare a quanto quel bacio travolgente assomigliasse ad un bacio di addio.
E in quel momento tutto intorno a me sembrò svanire... Missan, i soldati, Renart, la caserma, il patibolo, la Repubblica... d’un tratto niente di tutto quello ebbe più senso o importanza, avremmo potuto essere lontani da lì, avremmo potuto essere qualcun altro o da un’altra parte...
per un momento...
poi, inaspettatamente, avvertii un sapore amaro in bocca. Le mie mani tramarono. La testa sembrò girarmi forte. Appena per un istante.
Poi tutto diventò buio e io mi sentii scivolare giù... sempre più giù.
Aprii gli occhi.
Tutto era buio.
Rimasi immobile per qualche momento... faticavo a respirare, faticavo a muovermi.
Ero distesa da qualche parte.
C’era silenzio... un silenzio assoluto.
Mossi lo sguardo intorno, incerta... dov’ero? Cos’era accaduto?
Esitai appena un istante, poi riuscii faticosamente a mettermi seduta.
“Milord?” mormorai incerta “Milord... dove siete?”
Silenzio.
“Guisgard?” invocai, mentre la mia voce si faceva più concitata, più acuta e spaventata.
E tuttavia essa parve perdersi in quel buio e in quel silenzio senza fine.
Poi d’un tratto, proprio quando il panico stava per travolgermi, udii una voce alle mie spalle...
“Non c’è!” disse “Non c’è nessuno qui!”
Era una voce bassa e modulata, una voce che conoscevo bene.
Mi voltai di scatto, dunque, e lo vidi: se ne stava seduto su di un seggio dall’alto schienale, indossava una semplice camicia bianca e dei pantaloni di stoffa grezza e povera, come quelli che era solito portare da ragazzino, e mi fissava con quei suoi implacabili occhi neri.
“Philip?” mormorai incredula, riconoscendolo.
Lui sorrise appena.
“Ma che cosa... che cosa accade? Che cosa ci fai qui? Dove siamo? Io...” una breve pausa “Io ti ho visto morire!”
Per qualche istante non si mosse e non parlò... continuò a fissarmi, come chi sta tentando di ricordare qualcosa...
“Morire!” mormorò, infine “Oh... si... ora ricordo! Tu... e quell’inglese... dannato inglese... mi ha colpito... ha penetrato la mia guardia... e tu... tu neanche una lacrima! Come puoi essere tanto crudele, Talia? Perché?”
Con qualche sforzo mi misi in piedi, e anche lui si alzò.
“Io ti odio Philip De Jeon!” dissi con voce chiara e fredda “Ti odio con ogni singola parte del mio corpo e della mia mente!”
Vidi i suoi occhi allargarsi un poco, sorpreso...
Io vacillai, ma mi costrinsi a restare in piedi, immobile sulle mie gambe... e allora tutto intorno a noi iniziò a vorticare velocissimamente...
E d’un tratto quel buio sparì...
Eravamo in un cortile, ora... un ampio cortile quadrato, accerchiato da un regolare porticato...
il sole era alto, ma coperto a tratti da plumbee nubi che rendevano l’aria fredda e grigia... eravamo nel cortile del convento di Colaubain.
Philip, al mio fianco, si guardò intorno sorpreso... io no.
I miei occhi, lucidi di rabbia e di dolore, fissavano l’imponente costruzione che era stata allestita al centro dello spazio quadrangolare.
“Il giorno che rimisi per la prima volta piede a Colaubain...” iniziai a dire dopo qualche momento “Dopo anni che non vi tornavo, anni passati con la compagnia in giro per la Francia, la prima cosa a cui pensai fu tornare qui: al monastero. Ero fuggita anni prima, qualche tempo dopo la tua partenza... dopo essere venuta a sapere che... “ sospirai, poi ripresi “Ero fuggita senza una parola, senza una spiegazione... ma tornare a Colaubain mi fece capire quanto invece fossi legata a questo luogo e alle donne che mi avevano allevata. E così, senza pensare a niente altro, presi di corsa la Rue du Soleil... ricordi quante volte l’abbiamo percorsa, Philip? Quante e quante volte l’abbiamo fatta tutta di corsa per arrivare all’Istituto prima che qualcuno si accorgesse che ero uscita! Ebbene... quel giorno, il giorno del ritorno, il mio cuore batteva ancora più forte e le mie guance erano ancora più rosse... ero agitata, emozionata... ero felice!”
Feci una breve pausa.
Avvertivo lo sguardo di De Jeon su di me ma io non lo guardai, io continuavo a fissare la costruzione al centro del cortile.
“Corsi a perdifiato fin quassù...” ripresi a dire poco dopo “Immaginando già ciò che avrei detto bussando alla porta. Immaginando ciò che avrei fatto. Immaginando i volti nel vedermi tornare. Le lacrime. I rimproveri e il perdono. La gioia. E invece... Invece, questo fu tutto ciò che trovai una volta giunta qui!”
Sollevai una mano ad indicare quella costruzione e allora, per la prima volta, gli occhi di Philip si spostarono da me a quel patibolo, eretto al centro del cortile.
“Morte...” mormorai “Tutte morte! Uccise! Trovai il portone spalancato, il monastero e l’Istituto totalmente deserti, il patibolo ancora in piedi nel cortile e un manifesto sulla porta... sì, un manifesto, un bando affisso al portone d’ingresso... immagini cosa diceva quel bando, Philip De Jeon?”
Lui tacque ed io, per la prima volta, staccai gli occhi dal patibolo e li portai su di lui... occhi pieni di lacrime... ma lo sguardo era duro, freddo e implacabile...
“Condannate a morte!” dissi, con una voce che pareva uscire dall’oltretomba “Erano state condannate a morte solo per aver scelto quella vita... condannate a morte e giustiziate, per ordine del repubblicano Philip De Jeon. Questo diceva quel bando! Philip De Jeon, che era stato l’unico amico che io avessi mai avuto, l’unico di cui mi fossi mai fidata... proprio lui aveva deciso la loro morte... riesci ad immaginare il dolore che ho provato? Riesci ad immaginare quanto mi sono sentita tradita?”
Non so quanto tempo passò prima che De Jeon parlasse di nuovo... per lunghi, lunghissimi momenti restammo in silenzio, osservandoci... infine lui distolse il suo sguardo e lo portò di nuovo verso il centro del cortile.
“La libertà comporta dei sacrifici!” disse “Io ho fatto ciò che doveva esser fatto, e l’ho fatto per tutti! L’ho fatto per la Francia, per Magnus... l’ho fatto anche per te!”
“Per me?” la mia voce era bassa e ruvida “Per me... per la Francia? No, Philip! No! Tu l’hai fatto soltanto per te stesso... e lo sai! L’hai fatto per la tua gloria personale, e per niente altro! L’hai fatto perché ti illudevi, così, di conquistare un posto nella storia! Tu volevi diventare qualcuno... questo è sempre stato il tuo sogno, il tuo desiderio più grande! Non puoi negarlo! Non con me!”
Lui mi fissò per qualche attimo...
“E anche se fosse vero?” domandò infine “Io sono diventato qualcuno! Temuto, rispettato, osannato dalla folla... perché non lo capisci? Perché non puoi accettarlo?”
“Perché è follia!” dissi, alzando appena la voce “E’ follia e tu ne sei la prima vittima... tu che hai venduto te stesso per questo delirio di onnipotenza... hai sacrificato la tua dignità, la tua integrità, tutti i valori, hai sacrificato la giustizia e la rettitudine... e non hai risparmiato nessuno!”
“Avrei risparmiato te!” disse lentamente.
Per un attimo lo fissai in silenzio, poi scossi leggermente le testa...
“No... no, Philip... non hai risparmiato neanche me!”
Abbassai lo sguardo.
Il cortile intorno a noi stava iniziando a svanire, ormai... e presto ci ritrovammo di nuovo in quella sorta di buio appiccicoso nel quale mi ero svegliata...
Philip si guardò attorno per qualche momento, come confuso...
Infine sospirò...
“Oh...” disse, con l’aria di chi ha appena compreso “Temo che il mio tempo qui sia terminato...”
Sollevai di nuovo gli occhi e lo fissai. Lui sollevò una mano e la tese verso di me.
“Vieni!” disse “Resta con me!”
Non risposi.
“Puoi scegliere!” insisté “Se lo vuoi, se lo desideri... puoi scegliere di restare con me per sempre! Puoi scegliere di non svegliarti più! Puoi far si che ci venga concessa una seconda occasione! E non ci saranno più Ginestrini né Pomerini, non ci sarà più nessuna Repubblica, non ci sarà più niente a dividerci... potremmo ricominciare da capo, Talia!”
Lo fissai per qualche attimo, spostando lo sguardo da quei suoi profondi occhi neri alla sua mano tesa in un gesto rassicurante...
Attimi di immobilismo...
“No, Philip!” mormorai infine “Non possiamo ricominciare da capo! Io non voglio!”
“Perché?” domandò, ma subito i suoi occhi si allargarono appena... poi divennero duri “E’ per quell’inglese? Dimmelo... è per lui? Per un inglese che si è solo servito di te! Che cosa credi? Ti ha solo usata per i suoi scopi e niente più! Non gli importa niente di te! Tu sei francese... sei cresciuta in un orfanotrofio... non sei nessuno!”
La sua voce dura e carica di rabbia mi colpì con forza...
Aveva ragione... io non ero nessuno: orfana... attrice itinerante...
Nessuno!
Eppure quell’inglese...
Quell’inglese intrepido, con quegli incredibili occhi azzurri e la capacità di farmi girare la testa con una sola parola...
Sorrisi.
“Addio, Philip De Jeon!” dissi soltanto.
Chiusi gli occhi e inspirai.
Rumori...
Scalpiccio di cavalli...
Ruote che schiacciavano il terreno...
Grida dalla strada...
Voci più vicine...
La luce mi batteva sulle palpebre. Avrei desiderato aprirle e vedere che cosa stava accadendo, o dove fossi.
Guisgard non era più con me... lo sapevo... lo sentivo... ero in grado di avvertire la sua presenza, ormai, ed ero sicura che non ci fosse più. Questo mi spaventò.
Quel sogno era ancora vivido nella mia mente... lo valutai per un istante... era stato davvero solo un sogno? O era stato qualcosa di più...
Altre voci...
Gente che parlava...
Che cosa dicevano?
E come mai mi sentivo tanto confusa?
Inspirai, feci appello a tutte le forze di cui disponevo e aprii gli occhi.
__________________
** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
|