Talia e Nestos restarono davanti alla grande vetrata, sotto una pioggia di infiniti e colorati riflessi, frutto dei giochi di luce che il Sole mattutino generava a contatto con quei vetri.
Gli occhi di lei, inondati da quei bagliori e resi lucidi dalle lacrime, risplendevano come gocce d’ambra, assumendo riverberi, limpidi e trasparenti, di un’indefinita intensità.
In quel fraterno abbraccio, i suoi lunghi e chiari capelli scendevano leggeri come un velo sul più debole e sensibile dei figli del maestro, mentre le sue braccia, racchiudevano l’affannoso e incerto respiro di Nestos in un tenero tepore.
Restarono così, immersi nella medesima tristezza, fino a quando, poco a poco, il respiro di Nestos si placò e tornò normale.
Ad un tratto qualcosa li destò dai loro pensieri.
Rumori di cavalli e voci si udirono nel viale del Casale.
Talia e Nestos sentirono i loro fratelli parlare con qualcuno.
“Chi vi ha fatto entrare?” Domandò uno dei figli del maestro ai nuovi arrivati.
Erano quattro cavalieri che scortavano un signorotto locale.
“Il cancello era aperto, figliolo…” rispose questi “… e poi, se ben ricordo, l’accesso al Casale non è mai stato vietato ad alcun visitatore…”
“Siete qui per il Tempio?” Chiese nuovamente il figlio del maestro, mentre tutti gli altri suoi fratelli lo raggiunsero. “Solo al Tempio è permesso l’accesso ai visitatori.”
“Davvero?” Fissandolo il signorotto. “E quale documento da forza a questa vostra affermazione?”
“E’ sempre stato così…” rispose un altro dei fratelli.
“Già, gli usi e le consuetudini sono dure da far crollare…” mormorò il signorotto, fingendo di lucidare il proprio anello “… Ghiovin…” rivolgendosi ad uno dei suoi “… cosa dice in merito a questa situazione la legge del Gastaldato?”
“Secondo quanto è riportato nei documenti ducali” cominciò a dire Ghiovin “questo Casale fu dato in gestione da sua grazia il vescovo ai Cavalieri dell’Ordine della Luna Nascente. Con la morte però dell’ultimo cavaliere del suddetto ordine, il Casale torna nelle rendite ecclesiastiche.”
“Eccellente!” Esclamò il signorotto. “E vi annuncio” fissando i figli del maestro “che ho già fatto un’offerta a sua grazia per acquistare questa proprietà.”
“Non si può mettere in vendita il Casale!” Gridò uno dei figli del maestro.
“E perché mai?” Ridendo il signorotto. “Il diritto di possesso è scaduto con la morte dell’ultimo cavaliere della Luna Nascente!”
“Ci siamo noi!” Replicò un altro di loro. “Siamo i suoi legittimi figli!”
“Siete dei bastardi!” Esclamò con superbia il signorotto. “Bastardi trovati all’angolo di qualche strada, davanti ad una chiesa o in qualche lercio letamaio, dove le vostre madri, simili a cagne in calore, vi hanno generato con chissà quali gaglioffi!”
“Come osate!” Gridarono alcuni di loro. “Voi parlate a futuri cavalieri!”
“E chi vi armerà mai come cavalieri?” Con disprezzo il signorotto. “Il re dei mendicanti? Buffoni e attori girovaghi saranno la vostra corte? E a quale dama offrirete i vostri servigi? Alle donne di qualche bordello forse?”
I suoi quattro sgherri accompagnarono quelle parole del loro padrone con pesanti risate.
“Siete degli straccioni e dei bastardi!” Continuò il signorotto. “E non avete neanche la forza per rivendicare questo posto!”
“Bastardo!” Ringhiò uno di loro, lanciandosi poi verso il nobile arrogante.
Ma uno dei suoi colpì il ragazzo e lo fece cadere nella polvere.
“Il prossimo fra voi” intimò il signorotto “che oserà fare una cosa del genere non se la caverà solo con un pugno.”