V Quadro: Tylesia
(“Guai, però, a chi sente la nostalgia del mondo esterno e abbandona la valle: ecco che il tempo in agguato piomba sull’impaziente fuggitivo, il quale, aggredito dall’età, invecchia rapidamente e muore.”)
(James Hilton, "Orizzonte perduto")
Elisabeth, Altea e Daniel erano stati fatti prigionieri da quei misteriosi cavalieri.
Furono così condotti, incatenati, attraverso quella folta selva.
Il Calars continuava a scorrere liberando nell’aria i suoi caldi aloni di vapore, ma tutt’intorno la temperatura si era sensibilmente abbassata.
Era una regione fredda quella e i prigionieri cominciarono ad avvertire sempre più l’aria gelida.
La compagnia, così, giunse in una piccola radura ed il Cielo che li sovrastava assunse un colore indefinito, mentre sterminati banchi di nuvole lo attraversavano.
Ma, ad un tratto, quelle nuvole mutarono forma e si mostrarono per quel che erano davvero.
I raggi del Sole, investendole, traevano da quelle nuvole sfolgoranti bagliori che andarono a disegnare centinaia e centinaia di cupole dorate.
E più la compagnia di quei cavalieri avanzava, più nel Cielo quelle immagini prendevano forma.
E dopo le cupole, si mostrarono infiniti torri, palazzi, bastioni e cattedrali.
E poi, l’alone che avvolgeva quell’incredibile visione svanì, disegnando altissime mura che sembravano avere le proprie fondamenta nel cuore stesso della terra.
Un’incommensurabile città, magnifica e superba, si mostrò ai loro occhi.
Una città arroccata in cima ad una rupe, circondata da una verdeggiante laguna alimentata da centinaia di piccole cascate di acqua calda.
Le sue cupole erano di ambra verde pallida, le guglie d’oro purissimo e d’argento scintillante, i camminamenti merlati lastricati di porcellana e agata, le mura, investite dalla luce solare riflessa sulla laguna, di infinite e mutevoli tonalità policrome.
Uno dei cavalieri suonò il corno e la porta di quella magnifica città si aprì, permettendo alla compagnia dei Tulipani e ai loro prigionieri di entrare fra quelle ciclopiche mura.