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Vecchio 14-03-2012, 20.18.08   #1118
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Sheylon si affiancò ai loro cavalli e poi proseguirono tutti insieme verso la collina.
Guisgard era cupo, ma poi Talia cominciò a parlare.
Prima la sua voce, poi il suo sorriso.
E bastò questo per far svanire ogni inquietudine.
Poi le si avvicinò e lo baciò sulla guancia.
Fu un attimo.
Lui, quasi istintivamente, con i capelli di lei che accarezzarono per un momento il suo volto, cercò la sua bocca.
Arrivò a sfiorare l’alito di lei e nulla più.
“Sai che amo le entrate in scena trionfali!” Esclamò lui, riuscendo finalmente a sorridere. “E poi con te non c’è mai da annoiarsi… da piccola i guai in cui ti cacciavi erano le tue corse nel Tempio e giù il maestro che si arrabbiava, oppure quando ti mettevi in testa che potevi fare le stesse cose che facevamo noi tuoi fratelli…” la fissò “… oggi invece i guai in cui ti cacci sono perlopiù spasimanti… sai che è già la seconda volta che mi ritrovo a fare a botte per calmare i bollori di chi ti gira intorno, sorellina?” Sospirò. “Eh, mi sa che di questo passo ti chiuderò in convento… vediamo… ti farò anche scegliere… Agostiniane? Domenicane? O magari di Clausura?” Rise di gusto.
Restò a fissarla.
“Quando sei con me…” sussurrò “… io sorrido sempre…”
Ma proprio in quel momento, la cima apparve tra la vegetazione.
La collina del Belvedere attirava subito l'attenzione dei visitatori, sin dal loro arrivo sullo scosceso pendio che dava su San Lueciano dei Tessitori.
Forse per l'incanto, quasi fuori del tempo, di quel luogo, o forse perché arrivava a sovrastare il Sole al tramonto, brillando tra le alte e floride cime, assumendo riflessi che si andavano a congiungere, pian piano, con l'ancestrale manto del crepuscolo nascente.
Appena fuori dal paese, quando il pendio cominciava a salire teneramente verso il ventre della collina, un arco monumentale, rivestito da quell'austera patina che accarezza e ammalia le cose venerande figlie di sentimenti antichi, si ergeva come un baluardo tra i colori e i riflessi di quel dorato pomeriggio di Marzo.
Oltrepassato, una rampa di scale, ammuffita dalla malinconia del tempo, saliva fin verso la cima del colle, attraversata dai sospiri e dagli aliti delle colline, così ricchi di profumi e di sapori.
Sul colle sorgeva, così, quasi addormentato, il Palazzo del Belvedere.
La facciata, vasta ed esposta a Sud, era intervallata e scandita da un doppio ordine di lesene dal gusto e dalle forme classicheggianti, di un gusto luminoso ed essenziale, con due ordini di finestre e un sontuoso timpano centrale.
La facciata mostrava poi intagli di sfarzoso gusto ellenistico, che aggraziati volteggiavano, simili a leggeri riflessi di chiaroscuro, con artificiosa vivacità e quasi animati dai bagliori violacei che filtravano dal giaciglio che man mano trovava il Sole nel suo adagiarsi sulle cime d'Occidente.
Un piazzale precedeva l'edificio centrale, con una splendida vista, di qui il nome del meraviglioso complesso, sul paese e sul paesaggio circostante.
Una meridiana nel timpano centrale segnava le fasi del giorno ed una piccola lastra poco dopo l’arco d’ingresso, quasi sepolta da eriche in fiore recitava:

“L'Amore è un privilegio, come un fiore sbocciato inatteso,
fiorito e donato senza merito, che chiede solo, come pegno,
di essere colto, sfogliato e vissuto fino in fondo, petalo dopo petalo.”


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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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