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Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 05-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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La sera era serena ed il Sole cominciava a declinare, immergendosi nel remoto paesaggio dorato del borgo addormentato.
Un alone variegato si faceva strada tra le antiche murature e attraverso le strette viuzze, tra i muri a scarpa che correvano lungo le vecchie mura e le strette arcate che conducevano al camminamento merlato, segno del passato splendore di quel luogo.
Una figura, delicata e leggera, dai tratti quasi eterei, guardava dall'alto di un piccolo bastione la valle boscosa, nella quale un indorato torrente scorreva e destava alcuni mulini.
Lo sguardo si allargava poi sullo sterminato paesaggio, con colline, boschi e qualche stradina che zigzagava in una campagna screziata da colori che mutavano, quasi scanditi dall'imbrunire prima e dal crepuscolo poi, in una rassicurante policromia.
Immaginava allora storie e racconti, promesse e desideri, tutti però accompagnati dalla voce di chi aveva giurato di condurla in quel mondo così tanto simile ai sogni, eppure, come le aveva giurato più volte, tanto reale da animare le loro vite di una Gioia infinita.
Chymela spingeva fin laggiù ed oltre il suo sguardo inquieto, mentre giocava nervosamente stringendosi e torturandosi le mani.
Più la sera si inoltrava, più le ombre coprivano gli ultimi bagliori imprigionati nel borgo e nella sua campagna, facendo sussultare il cuore della ragazza.
Ripensava allora a quel biglietto che aveva lasciato accanto a quella cappellina e a colui al quale era destinato.
E visto quel ritardo, nel suo cuore si facevano strada dubbi ed inquietudini.
Se fosse andato perduto quel biglietto?
Se l'avesse raccolto qualcun altro, per poi buttarlo via?
Se un imprevisto avesse colto il suo destinatario, tanto da tenerlo lontano da quel luogo?
O, se più semplicemente, egli si fosse stancato di tutto ciò?
Di attendere giorni solo per vederla per qualche ora?
Se si fosse stancato di quell'amore fatto di promesse e sogni?
Se avessero vinto la distanza che separava Capomazda da Sygma, l'ostilità di quei due popoli, quelle nozze a cui lei era stata promessa e i dubbi che la sua corte volevano gettare su Andros?
Ad un tratto qualcosa destò la ragazza da quei pensieri.
Un uomo ed i suoi due figlioletti risalivano dal centro, fischiettando e canticchiando.
“Perdonatemi...” avvicinandosi Chymela e tenendo ben celato il suo viso nella penombra “... non è ancora terminata la Festa del Vino, vero?”
“La Festa del Vino?” Ripeté sorpreso quell'uomo. “Ma, milady... la festa c'è stata l'altro ieri... non stasera... c'era Lunedì, oggi è Mercoledì...”
“Oh...” sospirò Chymela “... pensavo fosse oggi...”
Questa piccola delusione accentuò la tristezza della sua solitudine.
Decise allora di andare via e lasciare quel borgo senza più le luci e i suoni di una festa finita troppo presto.
Ma proprio in quel momento, la pietra rossa al suo collo cominciò a brillare intensamente.
“Lancillotto” le sussurrò una voce all'improvviso “dopo il suo giro d'ispezione si recava sotto il balcone della regina Ginevra, dove lei lo attendeva anche solo per vederlo un istante...” Andros le sorrise “... lei scostava leggermente le tende alla finestra, mostrando un lieve cenno, carico d'amore... lui allora coglieva un fiore e lo lasciava sotto la loggia... più tardi, quando tutta Camelot dormiva, un'ancella della regina scendeva a raccoglierlo per portarlo poi alla sua padrona... e in questo piccolo gesto era racchiusa la passione di un'intera notte d'amore...”
“Forse” voltandosi a fissarlo Chymela “gesti così piccoli, seppur bellissimi, non bastano a tenere in vita un amore...”
“Il grande Amore...” fissandola Andros “... il vero Amore, si nutre tanto di imprese immense ed eterne, quanto dei gesti più piccoli ed infinitesimali... uno sguardo o un sorriso, seppur strappati o rapiti, un sospiro rubato o fuggito, una carezza, un ricordo, una speranza o anche solo un lieve cenno bastano a cibare per sempre il battito del cuore e il sussulto dell'anima...” le donò un fiore raccolto al suo arrivo “... perdonami se ti ho fatta attendere...”
“Ho temuto che quel biglietto...” mormorò lei.
Lui però la interruppe mostrandole il biglietto.
“Nulla” disse lui “andrà mai perduto fra noi, Chymela...”
“La festa...” chinando il capo lei “... era l'altro ieri, Lunedì... oggi è Mercoledì...” tornò a fissarlo “... se questo fosse uno dei tuoi amati romanzi, se noi fossimo davvero Lancillotto e Ginevra, allora anche il tempo, come recitano i poeti, sarebbe clemente... ed avremmo danzato tra le luci e la musica di questo borgo...”
“E cosa manca per festeggiare?” Sorridendo Andros. “Non sono forse l'uomo più felice del mondo? E tu non sei la donna più amata che ci sia? Cosa dunque ci manca per essere felici e festeggiare?” Prese la sua mano e la baciò.
Il borgo, allora, come per magia cominciò ad illuminarsi e la terra rossa della sua campagna rifletteva bagliori vivissimi che iniziarono a stagliarsi nel firmamento screziato dalle prime stelle del crepuscolo ormai morente.
Così, lo spettacolo sereno di quella sera stupenda li cullò in dolci fantasie, fatte di immagini, forme ed essenze che si rincorrevano all'infinito.
La Luna si alzò sul borgo ormai incantato, diffondendo ovunque un chiarore magico e rassicurante.
Dal borgo salirono allora fresche e vivaci melodie, ad opera forse di qualche musico intento a lasciare la casa di qualche ricco borghese.
“Abbiamo le luci del borgo” sorridendo Andros “e la Luna come madrina e spettatrice... la musica non ci manca e a questa festa non fanno difetto altri invitati... basta guardare tra queste stradine, tra le ombre della muta campagna, nei bagliori che provengono dai casali sulle colline e tra lo scintillio delle stelle nel cielo... tutto ciò è animato dagli spiriti di antichi amanti, che hanno saputo sognare come noi ed hanno avuto poi la forza di rincorrere quei sogni...” mostrò un lieve inchino e le sfiorò la mano con le labbra “... posso avere l'onore di ballare con voi, milady?”
Chymela, rapita dalla magia della sera e dalle parole di Andros, sorrise e annuì.
“Il mio strascico, milord...”
I due amanti allora cominciarono a danzare, mentre il borgo li avvolgeva e li rapiva da tutto ciò che non fosse il loro amore.
E la loro immagine finì per riflettersi nel sognante specchio della Luna fatata, che si innalzava al di sopra delle asperità della terra, che da quell'altezza apparivano insignificanti e lontane.
E nel bacio che lui donò a lei vennero ad unirsi la realtà ed il sogno, il giorno e la notte, il tempo e l'eternità.

Il Carbonchio al collo di Talia stava ancora brillando, quando il vecchio sorrise alle parole della ragazza.
“In cosa credo?” Fissandola. “Credo solo in ciò che è reale, in ciò che sa durare nel tempo. Solo le cose reali, concrete, durano per sempre e quindi vincono lo scorrere del tempo. Esistono infinite Fedi e infiniti Culti ed in ognuno di essi si cela il Divino. Non occorre vedere una cosa per comprendere se esista o meno. Voi...” gettando altri arbusti sul fuoco “... potete forse vedere o toccare l'amore di vostro marito? Eppure, per quanto testa calda ed irriverente sia quel cavaliere, posso dirvi che raramente ho veduto un uomo più innamorato di lui...” alzò i suoi occhi su quelli di Talia “... queste vostre visioni sono dunque una prigione? E cosa vuole imprigionarvi? Da cosa state fuggendo?”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Ultima modifica di Guisgard : 02-05-2012 alle ore 18.52.53.
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