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Vecchio 24-05-2012, 19.49.15   #2149
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Qualcuno gridò, altri tentarono di lasciare la festa, ma era tutto inutile.
I soldati avevano praticamente circondato il palco.
“Stiamo cercando un tale...” disse De Slavan “... un certo Delucien Picau! Che si faccia avanti subito!”
Un brusio si alzò tra i presenti.
“Avanti, non costringetemi a farvi togliere tutte le maschere!” Urlò l'Alfiere dell'Arciduca. “Avanti, non ho molto tempo!”
Guisgard si sentì in trappola.
Strinse a sé Talia, come a volerla proteggere.
Fissò poi i suoi amici.
“Vogliono me...” mormorò Delucien.
“No, non andrai!” Piangendo Margel.
“Resta qui, Delucien...” fece Fernand.
“Metteremo solo in pericolo Guisgard e Talia...” disse il ricercato.
“Voi avete protetto Talia” fissandolo Guisgard “ed io sarò sempre in debito con voi tutti...”
“Cattureranno anche lei...” disse Delucien “... no, non vi metterò in pericolo...”
E fece un passo in avanti.
Guisgard allora fissò Talia.
“Sei la cosa più preziosa che ho...” le sussurrò “... e tutto ciò che faccio, lo faccio per te...” fissò poi Margel in lacrime “... affido a voi Talia...”
Delucien arrivò davanti a De Slavan e lo guardò.
“Sono io Delucien...”
De Slavan sorrise.
“Sono io Delucien!” Avanzando di un passo Guisgard.
“Sono io Delucien!” Affiancandosi a lui Fernand.

Come appariva diversa oggi la campagna di Capomazda.
Un verde pallido, intriso da schermaglie di giallino misto ad un tenue blu che finiva poi per sfumare in un lieve e sottile riverbero rosato, tremolava sotto l'alito leggero di quel fresco vento di Primavera, come accade alle acque calme e scintillanti di un lago dormiente ammansite dal Sole pomeridiano.
In lontananza, fino a raggiungere l'immaginario confine tracciato dall'orizzonte, correvano le forme di quella grande macchia lussureggiante che avvolgeva le terre del ducato, fino a lambire le sagome dei monti che tutt'intorno si ergevano come bastioni a guardia di quel mondo.
Fin dove giungeva lo sguardo, apparivano castelli, torri, casali, monasteri, borghi o rovine di un passato glorioso che sembravano ancora narrare, in un eco incantato, l'antico splendore di quella terra e degli uomini che la resero civile e cristiana.
La campagna era bellissima, come lo era sempre stata.
Eppure, lui la fissava come il marinaio guarda il mare sconfinato in cerca di una terra narrata in diverse leggende e depositaria di un favoloso tesoro.
Ne scrutava ogni angolo, ogni forma, ogni mutamento.
Quei luoghi a lui così familiari e amati, oggi apparivano invece spogli, muti, quasi estranei.
Cercava con gli occhi qualcosa che non poteva apparirgli.
Qualcosa di inafferrabile, di sfuggente, di etereo.
“Verso Nord” disse all'improvviso “ci sono le colline, vero?”
“Le colline?” Ripetè stupito Pysone.
“Si, bisogna andare verso i confini settentrionali del ducato per venderle, vero?” Domandò di nuovo Andros.
“Si, suppongo di si...” avvicinandosi a lui il fedele compagno “... Andros... è solo uno stato d'animo... non pensarci più...”
Andros si voltò a fissarlo.
“Rifletti...” continuò Pysone “... sei il rampollo di una stirpe tanto antica, quanto potente... governerai, se Dio vorrà, su una terra protetta dalla Chiesa e depositaria della fiducia di sua maestà... ambiscono ad esserti mogli principesse e nobildonne di terre quasi fiabesche... e tu? Tu invece a cosa pensi? Ad una terra lontana, che ci vede come suoi acerrimi nemici e ad una donna che è stata promessa ad un altro uomo!” Scosse il capo.
Andros sospirò, per poi tornare a fissare la campagna.
“Sei riuscito a fuggire per miracolo da Sigma!” Disse Pysone. “Ti davano la caccia tutti... soldati della Guardia Reale, cacciatori di taglie, mercenari... dimentica quella storia e goditi i tuoi privilegi. Il re di Eubeoli ti ha promesso la mano di sua figlia e come dote il potere sul suo regno. Capisci? Lo sbocco a mare che i tuoi antenati hanno cercato di conquistare da secoli! A Capomazda manca solo una flotta per dominare la costa e le sue isole!”
“E' bella la principessa di Eubeoli?” Domandò quasi distrattamente Andros.
“Si, è bellissima.” Rispose Pysone. “Alcuni emissari del re hanno portato un suo ritratto... io credo che poche donne possano eguagliarla in bellezza... i suoi capelli sono tra il pallido oro e il vivo vermiglio, la pelle è vellutata come petali di pesco e la bocca carnosa e soffice nel suo leggero battito purpureo... le forme sono quelle tipiche di una bellezza greca e la voce è calda e sensuale... e poi gli occhi!” Sorrise. “Gli occhi sono del colore che piace a te, amico mio!”
“Davvero?” Mormorò Andros. “E qual'è il colore che piace a me?”
“Non burlarti di me!” Esclamò Pysone. “Da sempre, sin da piccoli, non hai fatto altro che narrarmi di bellissime fanciulle dagli occhi chiari! Azzurri come il cielo terso d'Estate o verdi come le acque trasparenti di un lago tra i monti! Così sono sempre state le tue eroine, le protagoniste delle tue storie e dei tuoi sogni!”
“Già...” sorridendo malinconicamente Andros “... rammento i nostri giochi da piccoli... sai, da bambino, amavo ascoltare i discorsi dei medici di corte... mi nascondevo dietro una tenda o sotto un tavolo e restavo a sentirli parlare... mi apparivano come maghi, stregoni capaci di compiere incantesimi... un giorno stavano parlando della temperatura corporea... mi colpì ciò che dicevano... bastano sette o otto gradi al disopra della temperatura corporea per morire... quelle parole mi restarono impresse nella mente... dopo qualche giorno, giocando nel cortile del palazzo, in seguito ad una sudata, mi ammalai...” sorrise nuovamente “... mi era venuta la febbre... ero un bambino e tante cose mi erano ignote... pensavo infatti che la temperatura corporea normale fosse di trenta gradi circa e quando mia madre mi disse che avevo ben trentotto gradi di febbre, beh, mi spaventai non poco... pensavo di essere sul punto di morire... però, stranamente, nessuno mi trattava da moribondo... mio padre e mia padre erano si preoccupati, ma non più di altre volte in cui ero stato ammalato ed anche i medici di corte erano tranquilli... quella notte la paura quasi non mi fece dormire. Pensavo che se avessi dormito non mi sarei più risvegliato. Alla fine però, vinto dal sonno, mi addormentai. Mi svegliai la mattina seguente. Con mia somma sorpresa, non solo ero ancora vivo, ma mi sentivo anche bene! E quando mi affacciai dalla finestra della mia stanza, il mondo mi apparve straordinario. Come se fosse la prima volta che lo vedevo. Tutto era magico, speciale. Ogni cosa sembrava illuminata da una luce diversa. Davvero mi sentivo come se fossi nato in quel momento e il mondo che conoscevo prima non poteva reggere il paragone con lo spettacolo che ora si apriva ai miei occhi.”
Pysone lo ascoltava in silenzio.
“Si, gli occhi chiari sono meravigliosi” continuò Andros “e fino a ieri mi sembravano lo specchio del mondo... poi... poi ho visto i suoi occhi... e nulla è stato più come prima, proprio come quando ho rivisto il mondo dopo quella notte di febbre...”
“Di che colore sono i suoi occhi?” Chiese Pysone.
“Gli occhi di Chymela sono scuri...” rispose Andros “... eppure, quando comincia a fissarmi, sanno aprirsi, quasi sbocciare come fiori...e allora tutti i colori del mondo e tutti i suoi riflessi, i suoi bagliori e lo sfolgorio che attraversa il cielo penetrano in essi... i dotti affermano che i colori non sono innati, ma dipendono dalla luce del Sole... nello spazio, infatti, le cose che ci appaiono rosse o blu possono invece presentarsi verdi o gialle... asseconda dell'unione o della separazione dei colori poi abbiamo le tonalità cromatiche... bianco e nero non sono altro che la presenza o l'assenza di tutti i colori... ecco, il mondo a me si è mostrato con i suoi veri colori solo quando l'ho visto riflesso negli occhi di Chymela... è come guardare il cielo in una sera d'Estate... tutti accorrono per vedere il firmamento e le fattezze di quella serata... così come attirano gli occhi chiari di una donna... l'aria è clemente, calda, la gente affolla le strade e le città sono sveglie fino a notte alta... tutti guardano la volta celeste in cerca di una stella sconosciuta a cui dare il nome della propria amata... ma scrutando il cielo ti accorgi che l'afa non lo rende limpido e il caldo ti spinge poi a cercare un riparo più fresco... gli occhi di Chymela, invece, sono come una sera d'Inverno... molti preferiscono restare al caldo e si perdono lo straordinario spettacolo che sa offrire... l'aria è infatti fredda e quindi limpida, il cielo allora ti appare nitido con tutte le sue infinite stelle, moltissime delle quali quasi invisibili nelle afose notti estive ed anche i borghi sui monti lontani si mostrano chiaramente... allora, il tuo sguardo è libero di spaziare e conoscere tutte le meraviglie celate che quella sera ti offre... una sera ignota a tutti gli altri e dunque solo per te saranno i suoi doni...” mise una mano sulla spalla del suo compagno “... amico mio, negli occhi di Chymela è nascosto un tesoro... un tesoro ben più meraviglioso e pregiato di qualsiasi pietra preziosa che risplende in magnifici occhi azzurri, celesti o verdi...”
Pysone sorrise per poi fissare anch'egli la campagna di Capomazda.
“Dobbiamo andare, vero?” Domandò Andros all'amico. “Ci attendono a corte, immagino...”
“No, amico mio...” scuotendo il capo Pysone “... resta ancora un po' qui a sognare di lei... inventerò una scusa per il tuo ritardo...” ed uscì dalla stanza.

De Slavan fissò i tre davanti a lui.
“Bene, bene...” mormorò “... o ci troviamo davanti ad un caso di cronica crisi d' intentità, oppure il mio viaggio qui non sarà stato affatto noioso...”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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