Le ciliege sono tra i frutti più brevi.
Nel rapido e sfuggente attimo che separa la chiara Primavera dalla calda Estate, esse fioriscono e maturano, per poi cedere il posto a frutti più duraturi e di colori, profumi e sapori diversi.
Le ciliege erano i frutti preferiti della bellissima Granduchessa Anù e proprio per questo ella ogni anno offriva come voto alla Vergine Maria di non mangiarne fino a quando tale frutta gremiva le campagne e i mercati di Capomazda.
E ogni anno, allo scoccare della Mezzanotte di quell'ultimo giorno del periodo delle ciliegie, suo marito Antio ne faceva trovare un cestino di quelle più scure e dolci alla sua amata moglie.
Un anno, però, colpa della siccità, le ciliege terminarono prima nel ducato e in tutto il regno.
L'Arciduca girò in lungo e in largo per città, borghi e contrade, senza però trovarne.
Mandò alcuni cavalieri anche in terre straniere a cercarne, ma tutto fu inutile.
Disperato, poiché l'ultimo giorno del voto di sua moglie si avvicinava, il taddeide decise di convocare ogni sorta di sapienti nella sua corte per chiedere loro consiglio.
Alla fine, un domenicano parlò all'Arciduca di un misterioso personaggio che abitava nel bosco come un eremita e che coltivava egli stesso un magnifico giardino ricolmo dei frutti più buoni.
Egli però non temeva alcuna autorità terrena e dunque difficilmente avrebbe ceduto ad un ordine di Antio.
L'Arciduca, allora, decise di recarsi in quel giardino, celando però la sua identità.
Si presentò a quell'eremita nei panni di un cavaliere di ritorno dalla Terrasanta.
Raccontò così all'uomo di sua moglie e della sua passione per le ciliegie e di come egli avrebbe voluto farle tale dono per festeggiare il suo ritorno.
L'eremita però non volle sentire ragioni e rifiutò di vendergli o donargli le sue ciliegie.
La discussione fu lunga e i due non raggiunsero alcuna intesa.
Alla fine Antio arrivò a proporgli qualsiasi ricompensa anche per un solo cestino di ciliegie.
“Avete una bellissima spada, cavaliere.” Disse l'eremita, indicando Parusia.
“In verità non è solo mia” spiegò Antio “ma appartiene alla mia stirpe.”
“Vi propongo una sfida...” fece l'eremita “... vi sottoporrò ad un enigma... risolvendolo vincerete le ciliegie, in caso contrario mi cederete la spada. Prendere o lasciare.”
E alla fine, nonostante la gravosa posta in palio, Antio accettò.
L'eremita allora cominciò a recitare:
“Può essere fatta di ferro.
La si può trovare in tavola.
Può essere di diverse forme.
In certi casi resiste al fuoco.
Serve per calcolare il tempo.”
Antio restò a riflettere su quell'arcano, stringendo fra le mani l'elsa di Parusia, come a voler esorcizzare la paura di perderla.
Ma alla fine riuscì a risolvere l'enigma.
Quella notte, allo scoccare della Mezzanotte che sanciva la fine della stagione delle ciliegie e dunque anche del suo voto, la Granduchessa Anù, come ogni anno, scese nelle cucine e anche quella volta trovò un magnifico cestino delle più belle e dolci ciliegie ma sbocciate.
E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'arcano dell'eremita?