Ancora oggi, le origini del nome Capomazda sono avvolte nelle nebbie delle leggende.
Verità e documentazione storiche si confondono tra i resti archeologici, le fonti bibliografiche, iconografiche, letterarie e i miti che da sempre dominano queste terre.
Secondo qualcuno il nome Capomazda deriverebbe dall'Indoeuropeo, con riferimento alla posizione geografica di questa terra, a cavallo fra tre grandi stati e nell'orbita delle loro antiche civiltà.
Secondo altri, invece, il nome risalirebbe all'antico Sannitico, o Sannitico Classico, con riferimento alla produzione di canapa molto diffusa in queste zone sin dal più remoto passato.
Altri ancora, poi, fanno addirittura risalire il nome ad un periodo molto più recente, ad un'accezione del Latino Tardoantico, con influenze gote, che farebbe riferimento sia alla forma del territorio, sia alla diffusione molto precoce in queste terre di un Credo Monoteistico (Capomazda in tal caso significherebbe “Capo di Dio”).
Al di là di questi studi, la storia parla abbastanza chiaramente di quando e come a Capomazda giunsero i nobili Taddei.
Il re, per ricompensare la lealtà di questi suoi cavalieri, lasciò loro proprio questa terra come feudo, richiedendo ogni anno, come tributo simbolico, il dono dell'animale più diffuso a Capomazda: la civetta.
E sulla civetta vi sono molte leggende.
Una di queste risale a quando fu scelto sir Louvigo De'Taddei per catturarne una da offrire al re.
Il nobile Taddeide si recò nel bosco accompagnato da un monaco, fra' Anton Peach dei Ligustri.
Louvigo catturò così uno splendido esemplare di civetta.
Sulla strada del ritorno, i due si trovarono a dover attraversare un ponte.
Ma subito uno dei contadini del posto li fermò.
“Non dovete attraversare questo luogo, miei signori...” disse il villano “... poiché è maledetto.”
“Come sarebbe a dire?” Turbato Louvigo.
“E come mai non ricordo di aver visto questo ponte al nostro passaggio ieri?” Incuriosito il monaco.
“Vedete...” spiegò il contadino “... esso è stato costruito in una notte... ma solo grazie ad un intervento diabolico... purtroppo per noi contadini è vitale congiungere queste due parti del bosco, ne va dei nostri raccolti... così, abbiamo chiesto aiuto al demonio per erigere il ponte...”
“Siete stati degli sciocchi!” Fece il monaco. “Non si può giungere al Bene attraverso il Male!”
“E infatti ne siamo pentiti...” col capo chino il contadino “... ma ora è troppo tardi... infatti abbiamo pattuito col maligno... in cambio del ponte lui avrebbe preso l'anima del primo sfortunato giunto ad attraversarlo...”
“Siete degli idioti!” Gridò Louvigo.
Così, lui e il monaco si sedettero presso il ponte e cominciarono a pensare ad una soluzione.
Ma il tutto sembrava impossibile.
“Ehi, tu...” disse all'improvviso una voce.
Louvigo si guardò intorno ma non vide nessuno.
“Sono qui, nel sacco!”
Il Taddeide aprì il sacco e si accorse che a parlare era stata la civetta.
“Ma tu non puoi parlare!” Esclamò il Taddeide.
“Oh, io posso fare anche di meglio, tranquillo!” Fece la civetta. “E forse posso anche aiutarvi!”
“In che modo?”
“Io posso giocare il demonio” rispose la civetta “ma prima devi farmi una concessione... voglio ritornare al mio nido per salutare i miei amici... quando mi hai catturato non ho potuto dirlo a nessuno di loro ed ora saranno in pena.”
“Sarai tra gli animali più amati del re” replicò il Taddeide “e potrai volare sul bosco molto spesso per rivedere i tuoi amici.”
“Lo so.” Annuì la civetta. “Ma voglio almeno dir loro questo. Concedimi questa grazia.”
“Aiutami a giocare il demonio” disse Louvigo “ed io ti concederò quanto chiedi.”
La civetta accettò e il Taddeide la liberò.
Il rapace attraversò allora il ponte e subito apparve il diavolo.
Ma nel vedere la civetta si adirò non poco.
“Dannati contadini!” Gridò. “Mi hanno ingannato! Ora mi vendicherò!”
“Perchè?” Stupita la civetta. “Non puoi prendere me?”
“Gli animali non hanno un'anima!”
“Eppure io sono un essere vivente!” Fece la civetta. “Come fai a dire che gli animali non valgono nulla? Sai forse in che modo anche loro glorificano Dio, proprio come fanno gli uomini? Mettimi alla prova!”
“E sia!” Esclamò il diavolo. “Ora ti sottoporrò ad un arcano... se riuscirai a risolverlo, io me ne andrò senza chiedere alcun tributo per questo ponte... ma se fallirai, allora io prenderò l'anima del primo uomo che lo attraverserà!”
La civetta annuì ed il demonio cominciò a recitare:
“Può rompersi.
Può essere pesante.
Può essere di bronzo.
E' una parte del corpo.
Può avere varie lunghezze.”
La civetta, dopo qualche attimo di riflessione, risolse l'enigma ed il demonio svanì in una nuvola di zolfo.
Louvigo mantenne la promessa e la civetta tornò a salutare i suoi amici nel bosco.
E quando fu donata al re, divenne subito il suo animale preferito, ottenendo il permesso di poter volare sul bosco ad ogni ora del giorno e della notte.
Da quel momento la civetta di Capomzda fu ritenuta acerrima nemica del demonio e di tutte le forze del male.
E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'enigma del ponte?